Altro che sondaggi e dibattiti politici: bastava analizzare a fondo quello che la gente postava sui social network (soprattutto Facebook, che risulta largamente il più utilizzato nel dibattito pre-elettorale) per sapere come sarebbero andate le elezioni politiche. “C’è una corrispondenza impressionante, mai accaduta prima in molti studi che rivela una corrispondenza pressoché totale fra quello che veniva postato dalla gente e il voto finale” ci ha detto il professor Mario Morcellini, preside della facoltà di scienze della comunicazione dell’Università di Roma La Sapienza, dove insegna sociologia della comunicazione e membro dll’Agcom. Due studi in particolare, quello di ElectionMood e quello di Sociometrica, lo rivelano. Morcellini spiega poi quanto la cattiva comunicazione di alcuni media che hanno enfatizzato la negatività, lo scontro, che hanno distorto il numero dei migranti presenti in Italia, sia responsabile di una percezione della realtà non corrispondente al vero che ha però attecchito sugli elettori: “La vera fake news è dire che il male è dominante e questo è il messaggio che è stato dato agli elettori che lo hanno espresso con il voto che abbiamo visto”.
Professore, lo studio fatto da Sociometrica indica, su 150mila post selezionati nell’ultima settimana pre elettorale, l’emergere al 53,3% di un sentimento negativo degli utenti rispetto al voto. Come lo interpreta?
Lo si può spiegare con il fatto che il sistema mediatico italiano, ovviamente non in tutte le sue accezioni, ha una caratteristica comune da anni, enfatizzare cioè a parità di condizioni tutto ciò che è campagna “contro”, negatività e destabilizzazione.
In concreto, ci fa qualche esempio?
Basti pensare ai migranti il cui numero percepito dagli italiani non è minimamente coordinato alla realtà, ma alla percezione che hanno costruito i media. Ci hanno cioè raccontato un numero di migranti sproporzionato alla realtà.
Lo studio in questione ci dice anche che gli italiani sono andati a votare con tre sentimenti che risultano maggioritari: ansia, paura e tristezza, sentimenti dati dai fatti di Macerata, dalla paura dell’immigrazione e dalla preoccupazione per la mancanza di lavoro.
Con la premessa che ho fatto prima, questi tre sostantivi diventano comprensibili. Altri studi simili sull’interazione del pubblico con la politica hanno dato simili a quelli che cita lei.
Come li spiega?
Questi tre sentimenti e ciò che li produce, provano che avere accumulato rancore nella comunicazione ha prodotto queste sensazioni emotive. Non mancano testate ed emittenti che credono di far fortuna sul rancore degli italiani, moltiplicandolo all’infinito. Il rancore è una legittima postura politica, ma se si mischia ad una bolla comunicazionale i risultati diventano una vera e propria destabilizzazione delle istituzioni.
Cioè?
Gli stessi nuovi vincitori delle elezioni dovranno fare i conti con un clima di opinione che comunque sperimenterà provvedimenti resi inefficaci dal clima comunicativo, e li rubricherà presto come prodotto di un mondo istituzionale lontano dalla realtà del paese.
Colpisce la tristezza espressa dagli utenti, cosa significa esattamente?
C’è stato uno studioso francese che ha definito la nostra modernità, molti anni fa, quella delle “passioni tristi”, una definizione mai come oggi pertinente. L’orizzonte della speranza è legato a quello che vediamo, e quello che vediamo è legato alla comunicazione. Le nostre immagini del futuro, soprattutto se siamo culturalmente poco avvezzi a interrogarci sulla criticità della comunicazione, ignorando verifiche, fonti serie e approfondite, fa sì che quello che i nostri occhi vedranno è il modo in cui immagazziniamo immagini della realtà attraverso i media, fino a confondere la nostra esperienza sociale.
Cioè abbiamo una immagine distorta della realtà?
Se si chiede agli italiani quanti immigrati ci sono nel nostro Paese, ti danno una percentuale almeno doppia a quella vera. Se invece chiedi quanti ne incontri o quanti problemi hai avuto con loro, le percentuali decrescono prodigiosamente. E’ la prova del cattivo lavoro che una parte della comunicazione ha fatto, anche sul caso di Macerata.
Un altro dato interessante è quello della presenza dei partiti sui social: al primo posto i 5 Stelle con una percentuale del 54%, poi la Lega al 12,8%, il Pd al 10 e Forza Italia al 5. Si direbbero percentuali che rispecchiano il risultato elettorale.
Io ho anche altri studi e fonti, e dicono più o meno la stesso trend. C’è una percentuale comune che misura l’interesse della gente per i singoli partiti con i voti che i partiti stessi hanno poi avuto. Ebbene, il risultato è impressionante: i 5 Stelle sono presenti al 31% e hanno avuto il 32,6% dei voti; il Pd è al 17,4 e ha preso il 18,7; la Lega al 16,5 ed è arrivata al 17,5% e, infine, Forza Italia presente al 14% e ha preso il 14% dei voti.
Questo ci dice che a studiare i social si sarebbe saputo in anticipo il risultato elettorale?
Infatti, altro che sondaggi e dibattiti! In larga misura la rete è stata dimenticata, anche per ragioni di far west che caratterizza il mondo dei social. L’irresponsabilità è lasciar orchestrare campagne e clima di antagonismo e negatività che poi diventa difficile recuperare. Nessun paese può vivere serenamente con questo comportamenti della comunicazione se essa, cioè, non ci aiuta a vedere l’altro lato, la continuità della società e la scoperta che domani sorgerà il sole ancora una volta. Gli uomini moderni devono ricordarselo da soli questo dato di realtà; la comunicazione non ricorda che la vita è alternanza fra bene e male e quando lo fa, falsifica la realtà. L’autentica fake news è dire che il male è dominante.
Ancora un dato significativo: ai primi tre posti tra i “social influencer” risultano Salvini, Renzi e Di Maio. Come mai Renzi che è stato sonoramente sconfitto?
Dimostra che Renzi, che i media avevano all’inizio esaltato e adesso vogliono abbattere, mentre la competenza non spetta ai media ma alla politica, era uno dei pochi che aveva capito che per seguire i sentimenti dei giovani dovevi essere leader anche in rete. Nel caso di Salvini e Di Maio dimostra invece la loro intelligenza politica. Forse hanno capito più di tutti la profondità del cambiamento italiano.
(Paolo Vites)