Un governo di 15-16 mesi basato su alcuni importanti punti programmatici. Ma attenzione, non un governicchio, perché Mattarella non lo consentirebbe. E’ lo scenario di Gianfranco Pasquino, politologo, che su queste pagine aveva previsto la vittoria di M5s e l’incarico a Di Maio. La prima previsione il professore bolognese l’ha azzeccata. Attendiamo di vedere se indovinerà anche la seconda.
Ai vincitori l’onere del governo, ha detto ieri Martina in direzione Pd. Il partito perdente continua ad essere essenziale per superare lo stallo.
E’ così infatti. Non produce la soluzione, ma impedisce di trovarne una. E Mattarella lo sa.
Ieri il Capo dello Stato ha rivolto un secondo appello alla responsabilità, dopo il primo dell’8 marzo. A chi si rivolge? A qualcuno nel Pd?
No, a tutto il Pd. Verrà anche il terzo appello. Poi ci saranno le consultazioni e su quella base Mattarella cercherà di individuare una soluzione praticabile.
Si è parlato per mesi di grande coalizione…
Lo avete fatto voi giornalisti, non io. Io ho sempre detto che Renzi e Berlusconi insieme non avrebbero avuto i numeri.
D’accordo, però la sensazione è che Berlusconi non abbia rinunciato a questa prospettiva. Potrebbe voler fare un asse con Pd ed M5s per tagliare fuori la Lega.
Berlusconi sta tentando disperatamente di rientrare in gioco. Ma le carte, anche nell’ipotesi che lei ha detto, le ha il M5s, con il quale Berlusconi aveva detto che non avrebbe mai fatto nessuna alleanza. Alleanza oltretutto difficile da digerire per M5s. Non sono poi così sicuro che il patto avrebbe i numeri in parlamento.
Se li avesse?
Ormai Salvini ha superato Berlusconi sia come seggi, sia come statura politica. Secondo me l’ex Cavaliere è fuori gioco definitivamente.
Il cartello di centrodestra si romperà?
Meloni e Salvini parlano la stessa lingua su controllo dell’immigrazione e sovranismo, più e meglio di quanto abbiano in comune con Berlusconi; ma se Berlusconi vuole sopravvivere politicamente, deve stare con loro.
Finora M5s ha recitato da solo: è stato il suo punto di forza. Ora però si trova a dover fare politica, a stringere accordi. Ci riuscirà?
Hanno imparato a fatica che devono fare politica, ora impareranno a fatica che devono trovare alleati. Però non possono limitarsi a dire “facciamo delle cose insieme”, devono fare loro stessi delle offerte, dire quali punti sono trattabili e quali irrinunciabili. Stanno diventando possibilisti. Bene: è una delle regole cruciali delle democrazie parlamentari, dove i governi sono di coalizione e si fanno in parlamento.
Un governo M5s-Lega sarebbe possibile?
No, e poi avrebbe numeri risicatissimi, sarebbe troppo esposto al dissenso o al veto di pochi leghisti o pentastellati.
Quale scenario vede, professore?
Eravamo a 12 marron glacé, io le dico cosa vedo ma i marron glacé diventano 24…
Va bene. Se non teme che le diano fastidio.
Un governo di scopo. Si trova un accordo di programma su alcuni punti rilevanti, si cerca una squadra di governo sufficientemente preparata e su questa base si tenta di trovare una maggioranza in parlamento. Io credo che si possa fare. Oppure, un governo di minoranza, basato sulla non-sfiducia dell’aula. In questo caso l’esecutivo non potrebbe però essere fatto solo da ministri a 5 Stelle e dovrebbe essere guidato da una personalità di rilievo; qualcuno più importante di Di Maio, che dovrebbe fare un passo di lato.
Nel programma mettiamo anche la legge elettorale?
No, altrimenti non se ne esce più. I nuovi eletti si tranquillizzino, non si torna a votare in tempi brevi. Ci sono cose importanti da fare e cose da non fare. Tra le prime, affrontare il Def e la disoccupazione. Tra le seconde, non toccare la legge Fornero, altrimenti si apre il vaso di Pandora.
Non crede invece che proprio sul ritorno al voto Lega ed M5s potrebbero essere d’accordo? La Lega punterebbe agli elettori di FI, il M5s a quelli del Pd.
La Lega può pensare così, ma M5s deve fare attenzione, perché gli elettori lo hanno votato per mandarlo al governo. Se la prima cosa che fanno i 5 Stelle è accettare lo scioglimento del parlamento, il 32,8 per cento se lo scordano. Insomma non agiterei l’arma delle urne. Anche per rispetto degli elettori.
Dunque ci attende un governicchio?
Niente affatto, il capo dello Stato non vuole un governicchio. Vuole un governo sufficientemente autorevole, che duri per un po’ di tempo, il tempo classico dei governi italiani, 15-16 mesi, ma che sia serio.
In attesa di Draghi?
No, Draghi non fa il capo del governo, ma dell’Europa.
(Federico Ferraù)