Partiti della seconda repubblica alle prese con una montante crisi di nervi. La fragile tregua nel Pd cede alla prima scintilla. Basta che Gianni Cuperlo inviti a “superare il renzismo” e che Andrea Orlando punti il dito contro “nepotismo e clientelismo” emersi nel partito. E i renziani insorgono per una “violenza” verbale propria “dei peggiori grillini”. Diventa così occasione di scontro l’assemblea della Sinistra Dem di Cuperlo, che in nome della “idea collegiale della leadership” coltivata dal reggente Maurizio Martina, riuniva al Nazareno esponenti di tutte le aree, assenti solo i super-renziani: c’erano Orlando e Damiano, ma anche Carlo Calenda, Luigi Zanda e lo stesso Martina. E l’episodio mette a rischio il tentativo unitario in corso su capigruppo e segreteria. 



E’ una unità “senza Renzi” quella che si sta provando a costruire, denunciano i renziani. Al contrario, replicano gli “accusati”, è il tentativo di ripartire con una riflessione vera sulla “sconfitta più grave di sempre”. Sullo sfondo, però, c’è la partita sugli assetti parlamentari e, in prospettiva, sulla linea da tenere nel caso si arrivasse a un governo di scopo. 



Stesso problema in casa del centrodestra. Ma siccome Salvini non può sparare alzo zero su Berlusconi, tramite i giornali di area ormai legati alla Lega e non più al cavaliere attacca Renato Brunetta, buono per ogni bastonata come una spalla di Walter Chiari a teatro. Questa volta però Forza Italia non si fa trovare impreparata e fioccano comunicati stampa a iosa a ribadire che il centrodestra è “con Salvini” e non “di Salvini”.

Di Maio dice poco, quasi nulla. Sembra quasi di buon senso. Se continua a star zitto ci diventa uno statista, e senza correre rischi con i congiuntivi!