“Gli impegni che stiamo prendendo sono seri, richiedono una spesa stimata in 35-38 miliardi, una bella differenza rispetto alle promesse impossibili avanzate dai nostri avversari”. Senza dimenticare che “partivamo da dati drammatici su occupazione e Pil”. Quindi, avanti con Jobs Act e Industria 4.0, ma anche “investire di più sul capitale umano, sugli istituti tecnici professionali, con l’obiettivo di formare almeno 100mila ragazzi nei prossimi cinque anni”.
Maurizio Martina, ministro per le Politiche agricole e candidato capolista per il Partito democratico nella lista plurinominale della provincia di Bergamo, nel rispondere alle 10 domande del Sussidiario, rivendica con forza i risultati finora ottenuti dai governi Renzi e Gentiloni. E rilancia, a partire “dall’Europa senza se e senza ma”: “Io credo che gli italiani si difendano meglio stando alla testa della nuova Europa, non fuori”. Nel merito delle altre questioni, Martina ricorda che “l’Italia ha affrontato la più grave crisi sull’immigrazione che si ricordi, ottenendo risultati indubitabili”, mentre per rilanciare lavoro e imprese il Pd propone “il taglio del cuneo fiscale di un punto percentuale all’anno per i prossimi quattro anni” e “l’ulteriore riduzione di Ires e Iri per portarla dal 24% al 22%”. Sui temi del welfare, “più risorse alla sanità per migliorare le prestazioni”, mentre “sulle politiche sociali e a favore dell’inclusione pensiamo sia possibile avanzare ancora di più, oltre ai passi avanti già compiuti”. E se “i governi di centrosinistra, dopo anni di tagli, hanno ridato centralità alla cultura”, sull’ambiente “a noi tocca operare per un salto di qualità” e la prima legge ambientale sarà “quella per la tutela del suolo”. Infine, lo scenario post 4 marzo: “All’Italia non servono salti nel buio”.
La rincorsa alle promesse facili riguarda tutti i partiti. A quanto ammontano gli impegni di spesa che il suo partito mette in campo e come pensa di coprirli?
Gli impegni che stiamo prendendo in campagna elettorale con i cittadini sono seri e non propagandistici come molti altri che abbiamo ascoltato in questi giorni. La spesa stimata ammonta a circa 35/38 miliardi di euro, come certificato anche da osservatori indipendenti. Una bella differenza rispetto alle promesse impossibili, oltre i cento miliardi di euro, avanzate dai nostri avversari. Il nostro programma è realistico, perché mobilita praticamente le stesse risorse impegnate in questi ultimi cinque anni.
Ritiene che i provvedimenti che hanno avuto effetti positivi sull’economia reale vadano comunque mantenuti? Quali sono, secondo lei, gli effetti del Jobs Act e di Industria 4.0?
Va riconosciuto che in questi anni si è fatto un passo avanti straordinario, non dimentichiamo che partivamo da dati drammatici su occupazione e Prodotto interno lordo. Da questo punto di vista, io penso che tanto il Jobs act quanto il piano Industria 4.0 abbiano prodotto molti avanzamenti utili per il rilancio economico dell’Italia. Guardare i dati di produzione industriale per credere. Ora dobbiamo investire di più sul capitale umano. Anche per questo proponiamo un investimento strategico sugli istituti tecnici professionali con l’obiettivo di formare almeno 100mila ragazzi nei prossimi cinque anni. E anche per questo avanziamo l’idea del taglio strutturale del costo del lavoro a tempo indeterminato di almeno 4 punti e il salario minimo legale come introdotto in Germania nel 2015.
Un tema rilevante riguarda l’Europa: ha senso dichiararsi sovranisti senza se e senza ma, oppure difensori altrettanto acritici di un assetto “guidato” da Germania e Francia? Come rimettere in primo piano gli interessi dell’Italia?
Sono molti i punti sui quali l’Europa deve cambiare. Ma io dico Europa senza se e senza ma, perché è l’unico modo per moderare le conseguenze negative della globalizzazione senza freni. Noi sosteniamo la proposta lanciata da Romano Prodi per un piano di investimenti europei su educazione, salute e alloggi sociali. La nuova Europa deve nascere da qui. Da risposte concrete agli squilibri profondi lasciati dalla crisi di questi anni. Servono scelte concrete su giovani, occupazione e tutela dei più deboli, per dare un nuovo slancio al progetto europeo. Al contrario, penso che uscire dall’Europa o dall’euro, come propongono talvolta Salvini e Di Maio, ci renderebbe più deboli e non più forti. Io credo che gli italiani si difendano meglio stando alla testa della nuova Europa, non fuori. E per questo è cruciale decidere con il 4 marzo chi è più affidabile a sedersi con Francia e Germania per confrontarsi sulla fase nuova che si è aperta. Non credo possano farlo estremisti e improvvisatori.
L’immigrazione: quali proposte credibili per una politica di controllo che possa mettere insieme accoglienza e interventi realmente efficaci contro i casi di delinquenza, a cominciare dall’occupazione sistematica dei treni dei pendolari al Nord?
L’Italia in questi anni ha affrontato la più grave crisi sull’immigrazione che si ricordi, ottenendo risultati indubitabili: grazie agli accordi con la Libia, abbiamo ridotto gli sbarchi, continuando a garantire i salvataggi e offrendo assistenza a chi scappa dalle guerre. Riguardo i casi di delinquenza che purtroppo si registrano, segnalo che, dopo i tagli al comparto sicurezza avuti con i governi di centrodestra, abbiamo stanziato risorse per 7 miliardi alle nostre forze dell’ordine e per il futuro lavoriamo a 10mila nuove assunzioni tra carabinieri, poliziotti e finanzieri, per aumentare la presenza capillare sul nostro territorio. Più in generale, mi sento di ricordare che questo Paese negli ultimi cinque anni ha garantito livelli di sicurezza che non hanno eguali in Europa. Basta ricordare, purtroppo, cosa è successo altrove: dalla Francia alla Germania all’Inghilterra.
Quali sono le ricette del suo partito per lavoro, crescita e lotta alla povertà, al di là dei sussidi a carico dello Stato previsti da tutte le forze politiche?
Il Partito democratico propone l’introduzione di un salario minimo legale per chi non ha un contratto nazionale, per combattere il lavoro sottopagato. Inoltre, il taglio del costo del lavoro a tempo indeterminato: un punto percentuale in meno di cuneo fiscale ogni anno per quattro anni in modo da scendere dal 33% al 29% dei contributi. Per le imprese, ulteriore riduzione di Ires e Iri per portarla dal 24% al 22%. Quanto alle famiglie, pensiamo a un assegno universale per i figli, con un beneficio tra i mille e i 3mila euro in base all’età e alla composizione dei nuclei. Si può fare con un investimento possibile pari a circa 9 miliardi di euro. Non le cifre impossibili dei nostri avversari.
Nessuno parla di sanità: ritiene che il servizio ai cittadini sia adeguato, che sia migliorabile a partire dalle liste d’attesa e che le differenze qualitative tra Nord e Sud possano essere ridotte o annullate?
Sulla sanità il nostro Paese manifestava delle carenze imperdonabili. Ad esempio, era da oltre 15 anni che non venivano aggiornati e ridefiniti i Lea (Livelli essenziali di assistenza). Grazie al nostro intervento, i nuovi Lea prevedono screening neonatali e nuovi vaccini gratis, diagnosi precoce e trattamento dei disturbi dello spettro autistico, terapia del dolore, esenzioni per le patologie rare. Per chi si trova più in difficoltà, abbiamo ampliato la platea degli esenti dal pagamento del super-ticket. Dobbiamo continuare su questa strada, aumentando ancora di più le risorse e migliorando l’efficienza delle prestazioni.
Quali proposte e soluzioni per gli anziani, visto che il nostro Paese sta invecchiando?
In questi anni il Governo ha messo in campo misure decisive a sostegno dei pensionati: abbiamo esteso la quattordicesima a 3,4 milioni di italiani che prima non la percepivano, abbiamo ampliato la fascia della No tax area per chi è più in difficoltà, destinato 450 milioni di euro per il Fondo per la non autosufficienza e istituito un Fondo per i caregiver familiari, per aiutare tutte quelle famiglie che hanno bisogno di un’assistenza qualificata per un proprio caro. Non vogliamo fermarci qui. Sulle politiche sociali e a favore dell’inclusione pensiamo sia possibile avanzare ancora di più. Ma sarebbe sbagliato negare o nascondere i passi avanti che abbiamo fatto in questi anni.
Valorizzare il patrimonio culturale italiano a favore dei giovani e dell’occupazione: cosa propone il suo partito?
Un euro in sicurezza, un euro in cultura. Non è stata solo una proposta, ma l’azione concreta delle nostre scelte. I governi di centrosinistra, dopo anni di tagli, hanno ridato centralità alla cultura. Vogliamo proseguire su questa strada, nel solco delle riforme fatte in questa legislatura. In tre anni gli investimenti per la tutela e il patrimonio culturale sono passati da 40 milioni di euro a oltre 3 miliardi. Abbiamo realizzato la riforma del sistema museale, introdotto l’Art bonus, approvato la nuova legge sullo Spettacolo dal vivo, che ha incrementato le risorse del Fondo unico per lo spettacolo. Per i giovani è stato introdotto il bonus cultura, che ha permesso finora a 350mila neo-diciottenni di avvicinarsi al mondo della cultura.
L’Italia ha sottoscritto nel 2015 l’Agenda 2030 dell’Onu e i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile: come intende raggiungere questi obiettivi? Che misure intende adottare per il clima?
Il cambiamento climatico non è questione che riguarda altri, ma una minaccia per tutti. Una grande questione del nostro tempo. Non c’è dubbio che a noi tocca operare per un salto di qualità rispetto ai temi della svolta ecologica e di uno sviluppo che deve essere sempre più sostenibile. Ad esempio, raggiungendo l’obiettivo della completa decarbonizzazione al 2050. Ma se l’Italia oggi non è all’anno zero su questo fronte, è anche grazie alle tante battaglie che il Partito democratico ha portato avanti con convinzione in questi anni: la legge sugli ecoreati, quella contro lo spreco alimentare, la prima legge per la biodiversità. Inoltre, grazie all’Expo di Milano, siamo riusciti a coinvolgere e sensibilizzare l’Italia e il mondo su temi cruciali per il nostro futuro come la sostenibilità ambientale e la riduzione di tutti gli sprechi. La prima legge ambientale su cui dobbiamo impegnarci nella prossima legislatura è quella per la tutela del suolo.
Nel caso di un risultato elettorale che non assicuri la governabilità, come pensate di muovervi? Quali alleanze si sente di escludere in ogni caso?
Noi siamo convinti della forza della nostra squadra e lavoriamo perché la sera del 4 marzo il Partito democratico sia il primo partito. All’Italia non servono salti nel buio, né ritorni al passato. Ci impegniamo al massimo affinché il Pd si confermi il punto di riferimento principale del Paese. Più forte sarà il Partito democratico, più potremo garantire ancora stabilità e serietà all’Italia.