Trattativa bloccata: sulle camere si riparte da zero, dopo che Di Maio ha detto no all’invito del centrodestra ad un confronto tra tutti i leader. Il gioco di Berlusconi avrebbe funzionato: stanare di Maio, preparare un asse col Pd (per votare Romani), e far venire allo scoperto un probabile asse Di Maio-Salvini. Dunque, si ricomincia. “Sono rimasti tutti vittime delle loro macchinazioni — dice al sussidiario Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità e parlamentare dei Ds dal 2001 al 2008 —. Se Di Maio vuole trattare col centrodestra, non può scegliere con chi farlo”.



E Salvini?

Salvini non può escludere Berlusconi della trattativa se vuol essere il leader del centrodestra e fare il premier. Per la proprietà transitiva, Di Maio deve trattare con Berlusconi. Intanto sul Fatto Quotidiano continua a campeggiare il libro di Travaglio “B. come basta”. 

Quindi?

C’è una contraddizione in quel mondo che non dico che possa farlo esplodere, ma creare fatti che rendono impossibile un accordo.



Con quali conseguenze?

Salvini e Di Maio fanno affidamento sulla convinzione che il terzo incomodo — il Pd — non ci sarà più e quindi pensano di poter procedere per tentativi e tatticismi, come se non avessero un prezzo elettorale da pagare.

Sul Pd hanno ragione o si sbagliano?

Hanno ragione perché nessuna forza di sinistra è concorrenziale. Però è evidente che Di Maio e Salvini hanno suscitato un’aspettativa gigantesca nel 50 per cento degli italiani. Quest’aspettativa può essere tenuta a freno per alcuni mesi, ma se viene delusa?

In questo caso che cosa ci aspetta?

Un possibile ritorno all’indietro verso qualcosa che non sappiamo. Premetto: sono convinto che un moto di rivolta contro l’establishment, identificato con il Pd, sia vero e profondo, perché identificato con scelte che agli italiani non piacciono più: l’Europa e l’austerità. Ma non è vero che questa direzione di marcia sia ineluttabilmente indirizzata verso Di Maio o Salvini. Potrebbe emergere un altro protagonista. 



Chi, Caldarola? E perché un “ritorno all’indietro”?

La vicenda politica italiana, se ci pensiamo, è ciclica. Dopo momenti elettoralmente rivoluzionari potrebbe emergere una richiesta di tranquillità. Potrebbe venire fuori, in questo ceto medio — passami il termine — incazzatissimo, anche la voglia di un leader che gli assomigli un po’ di più. Potrebbe anche venire fuori, nell’arco di qualche anno perché ora non c’è, una leadership di sinistra intelligentemente radicale. Insieme allo scivolare in secondo piano dei leader storici, da D’Alema a Bersani. 

E Berlusconi? 

Berlusconi ha capito che i suoi giovani interlocutori non hanno il fiato molto lungo. Poteva scegliere tra una contrapposizione che lo avrebbe consegnato a un ruolo minoritario, e un dialogo costoso; costoso per M5s, ma anche per la Lega. 

Anche in queste trattative sembra cercare un asse con il Pd.

E’ un obiettivo che non credo Berlusconi abbia mai abbandonato: trovare con una parte del Pd, quella di Renzi, sia che l’ex segretario resti nel Pd sia che vada via, un accordo in grado di dare a questo ceto medio un riferimento politico che non siano M5s e Lega. Vale anche il viceversa, cioè anche Renzi cercava e cerca questo approdo.

Berlusconi sapeva che su Paolo Romani i 5 Stelle avrebbero detto di no. E ha tenuto il punto. Romani sarà affondato nelle urne?

Molto probabile. E non solo dai franchi tiratori presenti nel centrodestra. Soprattutto perché non sappiamo a chi rispondono i neoeletti a 5 Stelle.

Lei mette in dubbio che la nuova pattuglia pentastellata sia inquadrata sotto le bandiere di Di Maio. Ce lo aveva già detto.

Ma è così: non sappiamo se Di Maio è il vero capo di questa organizzazione, né come viene presa qualsiasi decisione.

Cosa potrebbe succedere?

Se il gruppo deve votare per qualcosa di cui è convinto, esegue, ma se deve votare per qualcuno contro cui M5s ha fatto la campagna elettorale, non sarei così sicuro che il conto torni.

Lei cosa si attende?

Un accordo sul Senato potrebbero trovarlo rapidamente, se qualcuno convince Berlusconi a non insistere su Romani. 

La presidenza della Camera andrà a M5s?

Sì, perché M5s ha un unico obiettivo per i prossimi due anni, ben sapendo di non poter fare nulla di ciò che ha promesso: azzerare i vitalizi degli ex parlamentari, quelli vecchi, perché i nuovi sottostanno alla legislazione del 2012.

E allora serve loro quella presidenza.

Sì, perché tenteranno anche la via amministrativa. E’ tipico delle forze controrivoluzionarie: dare in pasto al popolo la testa delle élites.

Impossibile pensare a un accordo di governo M5s-Lega?

Se non impossibile, difficile, perché se Salvini rompe con Berlusconi vale il 17 per cento. Poca cosa contro il 32 per cento di M5s.

(Federico Ferraù)