Le votazioni per la presidenza delle due camere, andate a Roberto Fico (M5s) e Alberta Casellati (Forza Italia) hanno reso chiaro almeno una cosa: i due assi centrali della seconda repubblica, Pd e Silvio Berlusconi, sono crollati. Il voto aveva certo già sancito la loro sconfitta, ma in questi giorni c’è di più: il fallimento della loro capacità di manovra di fronte a M5s e Lega che si muovono come corazzate.
Il primo smacco lo ha subito Berlusconi, marginalizzato dal suo “alleato” Matteo Salvini con le sue candidature. Una parte di FI si sta già accodando al leader leghista e non ci vorrà troppo perché il neo-super Matteo si prenda gran parte di FI. Del resto il partito si è costituito per la vittoria del leader; se il vecchio leader, Berlusconi, non vince bisogna seguire il nuovo vincente, Salvini.
Con un partito di chiara minoranza, senza prospettive di migliorare il risultato, con il capo che forse ha perso di lucidità e certamente non è aiutato dall’età, la disintegrazione di FI è solo questione di mesi. A meno che il diabolico Berlusconi non riesca a tirare fuori un coniglio dal cappello.
Un discorso analogo si prospetta nei prossimi giorni per il Pd. Il partito è diviso tra fare da stampella di governo o andare all’opposizione. Entrambe sono scelte perdenti. Se aiuta il governo sarà una ruota di scorta, sotto pressione da qualunque parte. Se andrà all’opposizione rischia di abbreviare la vita della legislatura e lasciare molti suoi parlamentari a spasso, perché è improbabile che le prossime elezioni gli vadano meglio. In ciò la cosa più probabile sembra essere che Matteo Renzi e un manipolo di fedeli facciano un loro partito, uccidendo così per sempre il Pd.
Quindi qualunque governo si formi, già oggi sembra poter contare su una frangia di FI in fuga e un gran pezzo di Pd orfano di Renzi. In questo modo i numeri della governabilità dovrebbero esserci, e ciò sarebbe già un buon risultato visto da dove si era partiti qualche giorno fa.
Ma i numeri non fanno un governo. Per quello ci vorrà che i vari partiti mettano da parte i loro interessi particolari e pensino all’interesse generale. Berlusconi e Renzi, pur sconfitti e umiliati, non possono essere fatti sparire. Possono essere messi all’opposizione, il loro peso verrà diluito, ma chiunque governi dovrà fare i conti anche con loro. E tanto più se è loro contrario dovrà capirne le ragioni del successo ieri e dell’insuccesso oggi per non cadere negli stessi errori.
Cioè ci vuole fiato e pensiero, e su questo il leader del M5s, pur astuto, non è aiutato dall’età. Giovanissimo, senza studi, senza esperienze, anche se sarà solo un attore sotto la regia di Grillo e Casaleggio non gli sarà facile. Inoltre il M5s è una specie di ammucchiata di miracolati, incapaci come la plebe di Parigi che prese il governo della Francia dopo la presa della Bastiglia. Ma allora, e per molto tempo, ci furono vecchi nobili che si prestarono al servizio. In questa direzione sembrano ora muoversi i 5 Stelle, ma tale transizione potrebbe essere più complicata del previsto.
In vantaggio in termini di “governabilità” è invece Salvini. Il capo della Lega ha gente che ha retto regioni importanti del paese e trasferire quelle capacità dovrebbe essere più facile. Ma i conti non si fanno solo sulla carta.