Roberto Fico è stato eletto “presidente della Camera con oltre i 2/3 dei voti, pur mancando circa una sessantina di voti di Forza Italia”. Lo scrive il capo politico del M5s Luigi Di Maio in un passaggio del post sul blog.
Un modo come un altro per giustificare l’esclusione di Forza Italia da futuri accordi di governo. Se il tutto si limitasse a fare da cassa di risonanza del comprensibile malumore del “partito dei puri” per gli impresentabili berluscones e per il “corruttore” Berlusconi, poco male. Ma la sensazione a via del Plebiscito, in casa del “malnato”, è piuttosto di un possibile gioco di sponda con Salvini pronto non solo sui murales del centro di Roma a sbaciucchiare Di Maio. A scanso di equivoci comunque il cavaliere e Renzi hanno blindato i gruppi con donne e uomini di corte, refrattari all’uso libero della mente e pronti a difendere il “corpo” malandato del giovane e del vecchio leader. Inutile dire che Silvio reputa vecchio il demitiano, paludoso e senatoriale Matteo Renzi.
Lui, tra i due, è il giovane che traguarda il partito verso il futuro, certo che il futuro sarà manco a dirlo di Forza Italia ed immagina dopo i Bondi e gli Alfano di mantenere anche il prossimo coordinatore nazionale designato Tajani nel ruolo gregario dei suoi predecessori. Quello però ha già da tempo avvisato i suoi aficionados della vecchia corrente scajoliana, da Cicu a Fazzone: “Fatemi insediare nel ruolo di capo e finirà come nel film Highlander: ne resterà soltanto uno”.
Intanto siamo arrivati alle consultazioni, cioè quel processo istituzionale in cui coloro che hanno quasi vinto le elezioni lasciano il posto di aspirante presidente del Consiglio in favore di comprimari incaricati di coprirgli le spalle.