“Votantonio votantonio”, invitava dal megafono il grande Totò cercando di risvegliare inquilini e coinquilini. Votasilvio votasilvio, ha sussurrato più discretamente Silvio Berlusconi che nel giorno di silenzio precedente l’apertura delle urne, invece che restare ad Arcore per riprendersi dalle dure fatiche della campagna elettorale, è volato a Napoli. Città della sua compagna Francesca Pascale ma anche di Luigi Di Maio. Un “viaggio silenzioso” nella località che simboleggia il vero terreno di scontro di oggi. E un segnale dei timori del Cavaliere, il quale ripete di essere sicuro della vittoria ma in realtà teme il cappotto dei grillini da Roma in giù. Uno scenario improvvidamente ammesso da Raffaele Fitto l’altro giorno al termine della manifestazione unitaria del centrodestra a Roma, nel fuorionda che ha rivelato tutte le paure serpeggianti nella coalizione.



Berlusconi doveva fare una passeggiata nel centro partenopeo con pizza sul lungomare, poi si è preferito un profilo più basso e al riparo dalla pioggia battente: visita alla Cappella Sansevero nel cuore di Napoli per ammirare il Cristo Velato in compagnia della Pascale e di alcuni candidati di Forza Italia, qualche selfie tra la folla, giro tra le botteghe dei presepi artigianali di San Gregorio Armeno, pizza, incontro con i sostenitori azzurri all’hotel Vesuvio. Bagno di folla, affetti, politica: la quintessenza del Cavaliere. Che evidentemente sente il fiato sul collo delle truppe di Giggino Di Maio da Pomigliano. L’altra sera, da Bruno Vespa, Berlusconi ha estratto l’ultimo coniglio magico dal cilindro delle promesse: 250 miliardi di fondi europei per 500mila nuovi posti di lavoro al Sud. Rischia di essere l’unica misura realistica tra le mille annunciate, visto che i fondi europei non rappresentano un miraggio come la flat tax, ma ci sono già, belli pronti, basta farseli dare da Bruxelles.



È al Sud che si decideranno le elezioni, ma anche lo stesso destino del Cavaliere. Perché al Nord, in virtù degli accordi che hanno portato a formare le liste, i seggi sono in buona parte appannaggio della Lega di Matteo Salvini. Ed è nel Mezzogiorno che i 5 Stelle trovano i loro elettori, precari, arrabbiati, licenziati, gente per cui “tanto peggio, tanto meglio”; la nuova classe media impoverita e frustrata, che non cambierà idea davanti alle polemiche sui ministri ombra o sui candidati impresentabili, perché gli impresentabili sono comunque più numerosi nelle altre liste e i ministri annunciati in anticipo sono considerati un contributo alla trasparenza e non una presa in giro istituzionale.



Ma oltre al blocco sociale, a preoccupare Berlusconi è anche la scelta del Quirinale di non mettere alla porta Di Maio con la sua lista di ministri: una mossa che di fatto ha inserito i grillini nel grande risiko degli incarichi. Di Maio è riuscito a mettere piede al Colle, anche se a riceverlo è stato il segretario del presidente e non il presidente, mentre la lista farlocca dei ministri non è finita direttamente nel caminetto a ravvivare le fiamme in questi giorni di gelo, ma in un cassetto magari protocollata. E forse il Cavaliere medita anche su quello che potrebbe rivelarsi un errore strategico: la campagna di Forza Italia è stata un testa a testa con i grillini, dimenticando che una fetta dell’elettorato di centrosinistra è disposta a votare Di Maio pur di sbarrare la strada al Caimano. Del resto, molti ministri ombra pentastellati sono contigui al governo Renzi e potrebbero lasciar presagire un travaso di voti dal Pd. Votasilvio votasilvio, dunque: un tuffo a Napoli nella vigilia silenziosa perché, se perde al Sud, Berlusconi stavolta perde tutto.