Un lungo post su Facebook vede Matteo Renzi tornare sulle sue dimissioni rilasciate ieri, soprattutto per provare a spiegare quanto commentatori, analisti e stessi compagni di partito hanno secondo lui mal interpretato le sue scelte. « Leggo di tutto, ancora una volta. Qualcuno dice che le dimissioni sarebbero una finta, qualcuno che starei per andare in settimana bianca. Le dimissioni sono vere, la notizia falsa.  Mi stupisce che certe cose diventino l’apertura dei siti, emozionino le redazioni, intrighino i giornali. Parlare di me – ancora – è inspiegabile. Sono altri, adesso, a guidare il Paese: occupatevi di loro, amici dell’informazione», scrive il segretario dimissionario del Pd. Rilancia ancora una volta la sfida a quei “caminetti” che anche in queste ore cercano di sfilarsi dal carro degli sconfitti per invitare al dialogo stretto con il M5s (Emiliano, Orlando, Chiamparino, Boccia ma non solo, ndr): «chi vuole portare il PD a sostenere le destre o il Cinque Stelle lo dica. Personalmente penso che sarebbe un clamoroso e tragico errore. Ma quei dirigenti che chiedono collegialità hanno i luoghi e gli spazi per discutere democraticamente di tutto». Nei prossimi anni il PD dovrà stare all’opposizione degli estremisti, spiega ancora Renzi nel suo post sui social uscito qualche ora fa: «Cinque Stelle e Destre ci hanno insultato per anni e rappresentano l’opposto dei nostri valori. Sono anti europeisti, anti politici, hanno usato un linguaggio di odio. Ci hanno detto che siamo corrotti, mafiosi, collusi e che abbiamo le mani sporche di sangue per l’immigrazione: non credo che abbiano cambiato idea all’improvviso. Facciano loro il Governo se ci riescono, noi stiamo fuori. Per me il PD deve stare dove l’hanno messo i cittadini: all’opposizione», conclude il segretario dem. (agg. di Niccolò Magnani)



“AL COLLE? NO, VADO A SCIARE”

Continuano ad essere il tema del giorno le dimissioni di Matteo Renzi da segretario del Pd. Dopo l’annuncio di fronte ai giornalisti sono arrivati i primi attacchi interni da parte di chi, all’interno del Partito Democratico, non condivide la scelta di congelare le dimissioni fino all’insediamento del Parlamento e del nuovo governo. In questo senso, rispondendo a Massimo Giannini di Circo Massimo, su Radio Capital, Renzi ha chiarito:”Le dimissioni non sono finte, le ho firmate. La delegazione che salirà al Colle si decide in direzione lunedì prossimo. Non la guido io, vado a sciare”. Renzi si divide dunque: da una parte l’impegno ad impedire l’accordo con non ha esitato a definire gli estremisti di Lega e M5s, dall’altra la volontà di smarcarsi dalla tenaglia dei prossimi appuntamenti istituzionali…(agg. di Dario D’Angelo)



DIMISSIONI RENZI, ARRIVA CALENDA?

Il giorno dopo l’annuncio delle dimissioni di Matteo Renzi da segretario del Partito Democratico sono già iniziate le grandi manovre per la sua sostituzione. E può essere letta in questo senso, probabilmente con un eccesso di malizia, la dichiarazione d’intenti del ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, che su Twitter – rispondendo a chi gli chiedeva di iscriversi ad un nuovo partito – ha detto:”Non bisogna fare un altro partito ma lavorare per risollevare quello che c’è. Domani mi vado ad iscrivere al PD”. E non si può fare a meno di notare un tempismo sospetto nella scelta di Calenda, che pur dichiarando di votare Partito Democratico, finora non aveva mai politicizzato la propria figura. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca: che Calenda stia pensando di colmare il vuoto che a breve lascerà Matteo Renzi? (agg. di Dario D’Angelo)



ZANDA ATTACCA RENZI: DIETRO DI LUI GENTILONI E FRANCESCHINI?

Il primo a passare all’attacco all’interno del Pd dopo l’annuncio delle dimissioni di Matteo Renzi da segretario è il capogruppo Pd, Luigi Zanda. Il senatore dem, però, sembra essere mandato in avanscoperta dai capi di un’area politica che dopo il fallimento alle elezioni della linea renziana ha intenzione di prendersi il partito. Il riferimento è a Franceschini e Gentiloni, aspiranti leader che nelle prossime settimane cercheranno di accelerare l’addio di Renzi. Ma cosa ha detto Zanda subito dopo la conferenza stampa dell’ancora segretario del Partito Democratico? Come riporta l’Ansa, il capo dei senatori ha dichiarato:”La decisione di Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo. Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno. E quando si decide, si danno senza manovre”. Serve “collegialità che è l’opposto dei caminetti” e “annunciare le dimissioni e rinviarne l’operatività per continuare a gestire il partito e i passaggi istituzionali delle prossime settimane è impossibile da spiegare”. (agg. di Dario D’Angelo)

L’AFFONDO DI MICHELE EMILIANO

Duro l’affondo del governatore pugliese Michele Emiliano, che si mostra critico sulla presunta fuoriuscita di Matteo Renzi: “Dalle sconfitte, anche quando sono annunciate e pesanti, bisogna sempre trarre insegnamento”. La priorità è “il bene comune”; in tal caso, quello della “comunità” centrosinistra. “Siamo smarriti, abbiamo bisogno di ritrovarci e rifondarci”, ha dichiarato all’ANSA. Quanto all’ex segretario, il Presidente non usa mezze misure: “Punta all’autoconservazione, sta già pensando a come rientrare in partita. Le dimissioni? Sono finte”. “La nostra prospettiva  prosegue  è sempre stata opposta. Facciamo politica per governare, sulla base di programmi condivisi dal basso, coerenti con i valori del centrosinistra, per cambiare in meglio le città, le regioni, il Paese. La nostra storia parla per noi”. Suona come un’autocandidatura, ma Emiliano non ne accenna. Non direttamente, almeno: “La storia di Renzi è diversa, perché in pochi anni ha portato il centrosinistra al peggior risultato di sempre e il partito a una scissione interna insanabile, devastando il sogno dell’Ulivo” [agg. di Rossella Pastore]

L’ANNUNCIO

Matteo Renzi lascia la guida del Pd: l’annuncio delle dimissioni è avvenuto poco fa, in conferenza stampa. Un addio, ma col “trucco”, perché non ci sarà un traghettatore, come avvenuto con Franceschini ed Epifani dopo le dimissioni rispettivamente di Veltroni e Bersani. Renzi rifiuta l’ipotesi di «un reggente scelto da un caminetto», invece dice «sì a un segretario scelto dalle primarie». Quindi ha chiestoa  Matteo Orfini di convocare un’assemblea nazionale per aprire una nuova fase congressuale, ma dopo la formazione del governo. E questa sarà l’occasione per risolvere un grande problema del Pd: «Sarà il caso di fare un congresso risolutivo che permetta alla leadership di fare ciò per cui è stato eletto». Nel discorso di oggi ha ammesso alcuni degli errori commessi: «Abbiamo sbagliato a non capire che bisognava votare nel 2017, perché l’agenda sarebbe stata centrata sulle questioni dell’appartenenza europea. Se a questo si somma l’evidenza di un vento estremista che nel 2014 siamo riusciti a fermare e che invece stavolta non siamo riusciti a bloccare, comprendiamo come il risultato sia stato deludente». Renzi ha poi escluso accordi e inciuci: «In questa campagna elettorale segnata dalle bugie ce n’è una grande: “Non faremo mai accordi”», ha spiegato riferendosi alla necessità di M5s e centrodestra di trovare una convergenza. Il Pd invece non sarà «la stampella di un governo anti-sistema. Staremo all’opposizione. Farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice». Infine, una considerazione su Marco Minniti e il caso di Pesaro: «Lì il centrosinistra ha candidato un ministro che ha fatto un lavoro straordinario: ha saputo cambiare la percezione del problema con un lavoro che gli viene riconosciuto anche dagli avversari. Eppure lì il candidato del M5s, definito da loro “impresentabile”, è riuscito ad avere la meglio. Questo è il simbolo di questa campagna elettorale su cui dovremo riflettere a lungo».

MATTEO RENZI SI DIMETTE DAL PD: L’ANNUNCIO

Matteo Renzi lascia la guida del Pd: lo ha annunciato nella conferenza stampa di oggi, lunedì 5 marzo 2018, all’indomani del flop alle Elezioni Politiche 2018. «La sconfitta ci impone di aprire una pagina nuova. Siamo orgogliosi del nostro straordinario lavoro, è stato strepitoso. Questa però è una sconfitta altrettanto chiara ed evidente», ha dichiarato il segretario dem. «È ovvio che lascio il Partito democratico». Poi ha dettato la linea per quanto riguarda il post-voto e si è quindi espresso sulle presunte alleanze, escludendo il Pd da questi “giochi”: «Non diventeremo la stampella di un governo anti-sistema. Staremo all’opposizione. Farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice». Ma non manca un’analisi del voto: «Oggi l’Italia ha una situazione politica nella quale chi ha vinto non ha i numeri per governare. E chi è intellettualmente onesto sa che questo problema nasce dal referendum dell’anno scorso. Chi si è opposto a quella riforma è vittima ora di quella mancata semplificazione». (agg. di Silvana Palazzo)

IL DISCORSO AL NAZARENO

Si avvicina il momento della verità per Matteo Renzi, che a breve interverrà in conferenza stampa per sciogliere il nodo relativo al suo futuro e alla sua leadership. Dopo la clamorosa sconfitta del Partito democratico alle Elezioni Politiche 2018 (e se ne profila un’altra per le Regionali Lombardia), sono cresciute le voci sulle dimissioni. Ma il caso nelle ultime ore si è trasformato in un giallo che presto comunque verrà risolto. «Alle ore 18 @matteorenzi parlerà dalla sala conferenze del @pdnetwork (terzo piano)», ha scritto su Twitter il portavoce del segretario dem, Marco Agnoletti, capo ufficio stampa del Partito democratico. In attesa di una dichiarazione che chiarisca gli scenari futuri del partito di centrosinistra, continuano a circolare indiscrezioni sull’eventuale “traghettatore”. Chissà se, in caso di dimissioni, sarà proprio Renzi a fare il nome del possibile successore, di colui che dovrà occuparsi dell’eventuale fase di transizione del Pd. (agg. di Silvana Palazzo)

PER MINORANZA È ATTO “DOVEROSO”

Mentre è in corso lo spoglio delle Elezioni Regionali in Lazio e Lombardia, tiene banco all’interno del Partito democratico il giallo relativo alle possibili dimissioni di Matteo Renzi. La conferenza stampa, prevista inizialmente per le 17, rischia di slittare. Intanto il segretario regionale del Pd in Lombardia, Alessandro Alfieri: «Renzi penso abbia l’intelligenza e la saggezza di prendere la decisone migliore per il partito, che ha bisogno di essere guidato in una fase non facile, ma la decisione deve essere presa in maniera ponderata e insieme alla dirigenza». Dopo la sconfitta rimediata alle Elezioni Politiche 2018, il segretario dem è chiamato a prendere una decisione nell’interesse del partito e del lavoro che è stato svolto. La minoranza di Andrea Orlando ha fatto il punto in attesa della conferenza, spiegando che le dimissioni di Renzi sono «doverose» e chiedendo «una gestione collegiale e unitaria del partito». (agg. di Silvana Palazzo)

PRONTO GENTILONI?

Matteo Renzi si è dimesso. Anzi no. Oppure sì: è giallo attorno alla decisione che il segretario Pd dovrà tenere e prendere alle 17 quando parlerà al Nazareno davanti ai giornalisti che “si aspettano” la sua “testa” dopo la forte debacle alle Elezioni Politiche. Il giallo è dipeso dal fatto che fonti vicine al Pd lo davano molto vicino, anzi per dimissioni decise, ma in un secondo momento il suo stesso portavoce ha smentito tutto. Situazione molto vicina a quanto vissuto il 4 dicembre 2016 appena dopo la sconfitta al Referendum Costituzionale: anche allora si vociferava la dimissione dell’allora premier e così avvenne. L’impressione è che anche questa volta il segretario Pd decida di porre fine al suo mandato e rimetta l’incarico verso traghettatori come Delrio in attesa di un nuovo Congresso con Gentiloni forte candidato, al momento. Per seguire la diretta in streaming video della conferenza stampa di Renzi, è disponibile la diretta live di Rai News24 o anche quella di Sky Tg24, dato che al momento non sono stati comunicati particolari link social per il discorso. (agg. di Niccolò Magnani)

RENZI PARLERÀ ALLE 17

Matteo Renzi ha deciso di dimettersi da segretario del Partito Democratico. Travolto dal crollo del Pd, finito con ogni probabilità sotto il 19% su scala nazionale, per l’ex Presidente del Consiglio non c’è stata scelta. Era stato lo stesso Renzi, in campagna elettorale, ad annunciare che anche in caso di risultato negativo alle Elezioni 2018 non avrebbe lasciato la guida del Partito: “Questa è la democrazia, abbiamo vinto le Primarie”, aveva detto. Eppure la doccia fredda catapultatagli addosso dal boom di Movimento 5 stelle e Lega lo ha indotto ad un bagno di realtà dalla quale è emersa la decisione di dimettersi. Si apre dunque una nuova e caotica fase per il Partito Democratico: chi prenderà le redini di ciò che resta del Pd? Ed è lecito attendersi, senza più il segretario, il rientro degli scissionisti di Liberi e Uguali? Intanto il suo portavoce, in un primo momento, smentisce le voci che affermavano già due ore fa le dimissioni del segretario: «a noi non ci risulta», spiegava all’Ansa Marco Agnoletti. Poi pochi minuti dopo ha scritto su Twitter, in linea ufficiale, «il segretario del Pd parlerà oggi pomeriggio alle 17». È pronto a lasciare, ora bisogna vedere once e in che modo  (agg. di Dario D’Angelo)

DELRIO TRAGHETTATORE?

Matteo Renzi sarebbe molto vicino alle dimissioni: la conferma arriva anche dal Direttore di Repubblica, Mario Calabresi, e dal vicino direttore del Foglio, Claudio Cerasa. Gli ambienti prossimi al Nazareno raccontato di un Pd in depressione elettorale costante, con il Segretario che avrebbe confidato ai suoi alleati più prossimi di voler rimanere coerente con la propria storia e fare un passo indietro vista la cocente sconfitta dei dem alle Elezioni Politiche. «Il Partito democratico è lo sconfitto di queste elezioni. Non mi stupirei se Renzi si dimettesse subito. Il centrodestra arriva più vicino alla maggioranza come coalizione ma senza raggiungerla. Ed è difficile immaginare che possa andare a cercare altri voti. Quello che possiamo immaginarci è un percorso di scomposizione dove resta il partito più forte, il Movimento 5 Stelle, che dovrà trovare un alleato di governo», spiega a RepTv il direttore Calabresi. La conferma delle possibili dimissioni arriva poi anche da Cerasa, poco dopo su Twitter, dove scrive «verso le Dimissioni di Renzi. Delrio candidato numero 1 per traghettare il Pd». Già, si parla di traghettatore verso un nuovo leader – Gentiloni? – che possa superare l’epopea del renzismo forse arrivata al capolinea dopo il voto del 4 marzo. Delrio, ministro delle Infrastrutture del Governo uscente, è uno dei pochi ad aver retto la bufera M5s che ha travolto il Pd e soprattutto è uno dei leader più apprezzati dalla base anche non renziana. Basterà per risollevare l’ex più grande partito di centrosinistra europeo? (agg. di Niccolò Magnani)

IPOTESI GENTILONI O VELTRONI

Matteo Renzi si dimette? Un passo indietro all’indomani delle Elezioni Politiche 2018 aprirebbe una profonda crisi all’interno del Partito democratico. I fedelissimi del segretario non escludono l’ipotesi che si arrivi a scossoni nei vertici, ma eventuali cambiamenti di rotta potrebbero peggiorare la situazione. Da tempo comunque nelle file dell’opposizione all’interno del Pd circola un “piano B” che prevede la scelta di un traghettatore che gestisca la nuova fase del partito. Se la percentuale del Pd si attestasse sotto il 20%, il segretario sarebbe messo in discussione, sopra quella soglia invece potrebbe andare avanti. Si attendono i dati definitivi, per il momento Renzi resta chiuso per un’analisi del voto. Riguardo una possibile exit strategy, in molti guardano a Paolo Gentiloni come al possibile leader in questa inevitabile fase di transizione del Pd, ma come riportato dal Corriere della Sera c’è anche l’ipotesi Walter Veltroni. In ogni caso il partito del Nazareno non appoggerà alcun governo M5s: in questa situazione si porrà all’opposizione, ma bisognerà capire se tutto il gruppo dem sposerà questa linea. Qualcuno, a partire dall’opposizione interna, che possa aprire all’eventualità di dialogo con i pentastellati. (agg. di Silvana Palazzo)

DIMISSIONI RENZI DAL PD? IPOTESI SCISSIONE

Dimissioni di Renzi? Tutti le invocano dopo la disfatta uscita dalle urne di queste elezioni 2018. Il Pd crolla pure sotto la soglia di sicurezza psicologica del 20%. E dopo il record del 40% ottenuto alle Europee oggi bissa un nuovo record, ma in negativo, bruciando tutto il patrimonio di consensi che aveva ottenuto. Il buon Matteo nei giorni scorsi si è premurato di rassicurare tutti sul fatto che mai e poi mai si sarebbe dimesso da segretario Pd, anche in caso di una sonora scoppola. Evidentemente non è bastata la sconfitta al Referendum del 4 novembre 2016 e neppure la brutta figura rimediata a fine 2017 alle regionali siciliane. Fortunatamente i tempi della politica sono velocissimi e quindi quello che due giorni prima pareva una certezza nel giro di poche ora può svanire. E in tal senso le uniche parole del Pd, quelle del vicesegretario Martina, fanno intendere che qualcosa dalle sue parti potrebbe accadere: “Renzi per ora non parla ma sta facendo valutazioni a 360 gradi, la sconfitta è pesante”

RENZI SI DIMETTE DAL PD E FONDA UN NUOVO PARTITO?

Chiariamo una cosa. Renzi che non è stupido, aveva previsto questo scenario, magari non così nero, e nel preparare le liste ha candidato nei posti sicuri solo i suoi uomini garantendosi un cospicuo manipolo di deputati. Questo tesoretto gli permette di avere le mani libere e di valutare bene il proprio futuro. Che non si chiamerà più Nazareno visto che la vittoria dell’asse M5S-Lega segna la sconfitta definitiva delle larghe intese con Silvio Berlusconi. L’altra ipotesi concreta non sarebbero le dimissioni dal Pd ma la scissione e la creazione di un nuovo partito che debutterebbe alle elezioni Europee e che potrebbe contare nelle sue fila di un folto numero di deputati. Pare che Renzi voglia creare una sua “Cosa” di centrosinistra capace, magari, di intercettare anche un elettorato moderato. Per essere onesti e obiettivi fino in fondo dobbiamo ammettere che tra i tanti insuccessi già noti e stracitati, Renzi ottiene anche una grande vittoria: essere riuscito a rottamare definitivamente il Pd. Umiliando anche una certa classe dirigente: Minniti e Franceschini ne sanno qualcosa.