Le ultime speranze di Massimo D’Alema sono svanite alle 11.30 di ieri. Dopo ore di attese e calcoli ha appreso di aver raccolto solo il 3,1%, una percentuale che non è sufficiente per diventare il dodicesimo senatore del collegio proporzionale Puglia 2. Se ne è andata la possibilità di tornare in Parlamento dopo 5 anni di esilio e dunque torna a Roma da sconfitto. Sarebbero bastati altri duemila voti o poco più per guadagnare un seggio. «Ho preso meno voti delle persone che ho incontrato, e questo significa che non siamo stati percepiti come qualcosa di diverso rispetto al centrosinistra e a quello che anche noi abbiamo criticato e contrastato nell’ultimo anno», così ha spiegato al Corriere della Sera. Una sfida persa su più fronti, come vi dicevamo: quello personale e quello collettivo. Difficile stabilire quale bruci di più per Massimo D’Alema. «È finita una stagione. Ora è il tempo di dedicarsi allo studio e alla formazione. È stata l’ultima battaglia in prima linea», ha confidato ad un paio di collaboratori in un albergo leccese. Questo non vuol dire che si ritira, ma che continuerà a combattere in altre forme. (agg. di Silvana Palazzo)
IL FLOP DEL “PARLAMENTARE DELLA PUGLIA”
Quella di ieri sera non è una semplice sconfitta per Massimo D’Alema, bensì un fallimento totale. Ha perso alle Elezioni Politiche con Liberi e Uguali, partito creato con colleghi che condividevano la sua antipatia per il leader del Partito democratico Matteo Renzi. Con loro si era posto l’obiettivo di arrivare a quota 7%, invece si è fermato sotto il 4%. La seconda sconfitta è invece personale, perché è finito all’ultimo posto tra i candidati del suo collegio storico salentino di Nardò-Gallipoli, dove correva per l’uninominale al Senato. «Sono disponibile se i miei elettori lo vorranno. E i miei elettori sono i cittadini del Salento. Sono sempre stato un parlamentare della Puglia», diceva prima della corsa elettorale. Ma la Puglia gli ha dimostrato che non è così: si è fermato al 3,9%, poco sopra la media regionale del partito. Prima la candidata del Movimento 5 Stelle con il 40%, poi quello del centrodestra al 35% e il Pd al 17%.
FLOP MASSIMO D’ALEMA: ULTIMO NELLA SUA PUGLIA
Massimo D’Alema probabilmente ha scontato quella “mazzata” che agli uninominali ha travolto tutta la passata classe dirigente: da Marco Minniti a Roberto Pinotti, fino a Dario Franceschini. Questo è il sintomo di una voglia di rinnovamento che evidentemente l’ex presidente del Consiglio non rappresenta. Eppure si era impegnato in campagna elettorale. Aveva trascorso diverse mattinate con i pescatori del porto, pomeriggi tra gli anziani dei bar e aveva persino firmato un patto come Silvio Berlusconi, nel quale si impegnava a non far passare l’opera del Tap. Niente di tutto questo è servito a convincere i pugliesi: i voti personali presi, sui 10mila totali, non sono stati più di 500. Chissà quale è stata la sua reazione: se dovessimo basarci sulle dichiarazioni del suo ex collega Peppino Caldarola (“È competitivo su tutto, e con chiunque. Se prende un caffè al bar, deve spiegare al barista come si fa un buon caffè”), allora dovremmo scommettere sul suo ritorno. Dalla porta o dalla finestra poco importa ora.