Gli italiani lo hanno bocciato pur tornando a fidarsi del centrodestra. Non poteva esserci sconfitta più bruciante per Silvio Berlusconi.
Non candidabile, non eleggibile, interdetto dalle cariche pubbliche, deluso dai propri fedelissimi che gli avevano descritto un altro scenario e provato da una lunga e stancante campagna elettorale: indispettito dall’avere, su insistenza del cerchio magico, ceduto a trentasei ore dal voto lo scettro del candidato premier ad Antonio Tajani che già si era accaparrato metà delle liste di Forza Italia con nomi che di berlusconiano hanno ben poco. E poi c’è sempre quella maledetta questione dell’orgoglio, che lo porta a dire oggi ai suoi collaboratori: “sarei riuscito nell’impresa se fossi stato candidabile”. E invece la verità è più semplice: Di Maio e Salvini insieme, i grandi vincitori della tenzone, hanno meno della sua età. Non fanno 80 anni in due. E lui ne ha di più.
L’usato sicuro non convince in un paese da troppo tempo ansioso di provare nuovi modelli. E oggi Salvini è stato da lui: ma non per rendergli omaggio, bensì per chiarire che si fa come dice la Lega. Difesa di Mediaset certo garantita in presenza dei figli Marina e Pier Silvio ma anche dispetti all’Europa che pure aveva riaccolto recentemente il cavaliere, capendo che l’Italia correva il rischio di ballare da sola a lungo. In ogni caso i numeri per un governo di centrodestra non ci sono. E non si capisce se nel mercato delle vacche di Montecitorio ci possa essere lo spazio per degli acquisti a buon mercato, la sola operazione che sola potrebbe convincere uno spaesato Mattarella a concedere al centrodestra a trazione salviniana una chance per provare a formare un governo.
Mattarella proprio non sa che pesci prendere. E le sue decisioni sono attese non solo da Renzi, che rinvia il suo confronto con la stampa di ora in ora, ma anche dai mercati e dalla Ue, che a questo punto pensa di comunicare in settimana i termini necessari per la manovra correttiva di primavera a mo’ di avviso ai naviganti. Tra i tanti che hanno chiamato il Quirinale nel pomeriggio la litania più frequente è: “senza una buona dose di trasformismo non potrà partire la legislatura”. Questo il vero problema di Sergio Mattarella: dove trovare pattuglie, che dico, plotoni di responsabili — i famosi “voltagabbana” — per garantire una qualsivoglia maggioranza.