Il Movimento 5 Stelle ha ottenuto in tutte le regioni del Sud percentuali comprese tra il 42 e il 48%. In alcuni collegi uninominali ha abbondantemente superato la maggioranza assoluta. Non è più solo un voto di rabbia, ma è un voto che porta dentro una voglia di libertà e un “no” perentorio a tutta la vecchia politica.
Una classe politica che pretendeva di perpetuarsi, che presumeva di poter ancora trasferire il potere da padre in figlio, certa che il bisogno sarebbe sempre stato il ricatto clientelare utile a mantenere il consenso controllato, viene probabilmente spazzata via in modo definitivo.
La vittoria pentastellata travolge gli argini del moralismo e del qualunquismo. Raccoglie, infatti, consensi che per le percentuali raggiunte mostrano interclassismo, convergenza di volontà, rivendicazioni, speranze e desideri trasversali, che uniti alle difficoltà economiche e occupazionali hanno scatenato la tempesta perfetta. L’ondata “grillina” è stata capace di intercettare voti in tutte le categorie sociali, quasi come un partito popolare di sturziana memoria: dipendenti, pensionati, precari, ma anche piccoli imprenditori e liberi professionisti.
L’affermazione dei Cinquestelle, unita all’incredibile avanzata della Lega (con percentuali superiori al 5% in tutto il Meridione), si porta dietro un’avversione verso la gestione dei fondi comunitari fallimentare da parte delle Regioni del Sud, percepita come legata a logiche clientelari e a pubblicitarie dimostrazioni di risultati nella realtà inesistenti. Così, ad esempio, iniziative positive, come Garanzia giovani, diventano invece ulteriori strumenti di inefficienza burocratica per carenze organizzative e veti incrociati.
Finora chi cercava di affermare il bene comune oppure provava a spezzare la catena del bisogno veniva schiacciato dal giogo politico o dal potere mafioso. Il movimento di Luigi Di Maio e Beppe Grillo costituisce, probabilmente al di sopra delle proprie stesse aspettative, un’alternativa: debole, contraddittoria, piena di difetti, ma capace di proporsi con la sua presunta alterità di fronte a ciò che c’era prima.
Chi si cullava di poter parlare ancora di stabilità e buon governo di fronte a una situazione economica e sociale, infrastrutturale e istituzionale deficitaria, se non addirittura drammatica, viene fortemente ridimensionato.
Quella che mostrano i risultati elettorali è un’Italia divisa in due, ma è sbagliato pensare che sia una contrapposizione tra il reddito di cittadinanza e la flat tax: il punto sta altrove. Il Sud, e la quasi totalità degli elettori pentastellati, non sono alla ricerca di assistenzialismo, ma di una politica al servizio dei cittadini. Ed è il voler punire larghi settori della politica meridionale, indipendentemente dai programmi, che ha spinto a votare in quella direzione. Ritorna in mente un’affermazione del presbitero e filosofo hutu Michel Kayoya: “Sei un ministro? Io ti chiamo piccolo uomo. Tu nasci e passi. Se sei coerente devi servire. Servi? … Di che cosa sei ministro? Della tua ambizione o del tuo popolo?”.
Inaugurare più volte l’autostrada Salerno-Reggio Calabria che dopo vent’anni di cantieri è ancora lontana dall’essere sicura e moderna e ancora parlare dell’irrealizzabile Ponte sullo Stretto significa prendere in giro la gente del Sud. Così come l’Alta velocità ferroviaria che si ferma a Salerno e la direttrice ionico-adriatica completamente inesistente. L’elenco potrebbe essere lungo: parlare di connessioni a banda larga e fibra super-veloce, quando, salvo che in alcune sparute eccezioni, ci si connette ancora con l’Adsl; veder chiudere piccoli aeroporti in assenza di infrastrutture e trasporti alternativi; studiare o insegnare in scuole che per motivi di igiene e sicurezza strutturale dovrebbero essere tutte chiuse. E ancora, la migrazione sanitaria verso regioni del Nord, per sottoporsi a cure o interventi considerati ordinari, mentre rappresentano al Sud un rischio e un’incognita per la propria salute; attendere 24 o 36 ore in un pronto soccorso o essere ricoverato su una barella di fortuna per tre o quattro giorni e contemporaneamente ascoltare polemiche e discussioni inerenti a una sanità meridionale sempre più ostaggio di piccoli comparaggi politici.
Ecco le due Italie, che ci sono sempre state e che si stanno ulteriormente allontanando, ben fotografate dai risultati elettorali di oggi. Non c’è solo rabbia dietro la vittoria del M5S, ma un crescente desiderio di riscatto e di libertà. Probabilmente i leader pentastellati non saranno in grado di dargli concretezza, ma questa esigenza si pone, inesorabile, sul tavolo politico.