L’arrivo di Carlo Calenda all’interno del Partito Democratico potrebbe aprire prospettive nuove rispetto alla rigenerazione di una classe dirigente che nel centrosinistra è stata definita necessaria anche dal riconfermato Governatore del Lazio, Zingaretti. E il Ministro dello Sviluppo Economico del Governo Gentiloni rappresenterebbe una di quelle personalità di alto profilo che potrebbero far ripartire il PD dopo il crollo elettorale. Calenda ha affermato di volersi iscrivere ufficialmente al Partito Democratico proprio per avere un ruolo attivo per un PD che va ricostruito senza costituire un altro soggetto politico. Ma Calenda ha immediatamente fatto un passo indietro per quanto riguarda la possibilità di candidarsi alla segreteria del Partito, una prospettiva che ha detto non realistica. Calenda farà parte del PD del futuro, ma non ne sarà dunque il nuovo segretario né si candiderà alle primarie preannunciate lunedì da Renzi. (agg. di Fabio Belli)



EMILIANO ATTACCA CALENDA

Non solo gli strali lanciati da Michele Emiliano contro Matteo Renzi: la caotica giornata che sta interessando il Partito Democratico ha visto come protagonista pure Carlo Calenda, Ministro per lo Sviluppo Economico. Dopo il dissenso mostrato ieri nei confronti del discorso in cui il segretario dem annunciava le dimissioni, il 44enne dirigente d’azienda e politico ha corretto parzialmente il tiro e, con un tweet, ha annunciato la sua ferma volontà di iscriversi al Pd e di aprire un dibattito sul rinnovamento del partito. Molti dei maggiorenti hanno accolto con piacere il suo invito anche se la rete si è scatenata ipotizzando una scalata del Ministro alla leadership dello stesso Renzi. “Non bisogna fare un nuovo partito, ma risollevare questo” ha scritto Calenda che pure non pare intenzionato a fare aperture al Movimento Cinque Stelle, restando su questo punto in sintonia con l’ex premier che aveva invitato, dal canto suo, a uscire allo scoperto tutti i compagni di partito che avevano intenzione di appoggiare un esecutivo guidato da Di Maio. La replica di Emiliano, anche nel caso di Calenda, non si è fatta attendere: il governatore ha attaccato anche lui, ricordando che il Ministro non è stato nemmeno eletto a Sassuolo, dove era candidato, definendolo inoltre come “il Ministro del Disastro Economico del Mezzogiorno”, oltre che dell’Ilva, dell’Alitalia e della Tap. “Pensare di essere il salvatore della patria e di sostituire Renzi con un uomo della speranza e della provvidenza come Calenda è una bestialità” ha tagliato corto Emiliano. (agg. di R. G. Flore)



MICHELE EMILIANO, “RENZI NON CONTA PIU'”

Il Partito Democratico è al redde rationem? Forse non ancora ma, certamente, l’annuncio delle dimissioni differite nel tempo da parte di Matteo Renzi e le sue manco tanto velate critiche a Paolo Gentiloni, al Colle e alla minoranza interna del partito hanno riacceso subito lo scontro: un tweet di Calenda oggi ha aperto un dibattito sul futuro dei dem ma ci sono state anche diverse voci critiche e, tra queste, la più forte viene ancora da parte di Michele Emiliano: da sempre iscritto nella schiera dei non allineati al segretario dimissionario, il governatore della Regione Puglia lo ha attaccato duramente prima nella giornata di ieri, al termine della breve conferenza stampa tenuta dall’ex premier al Nazareno e poi nuovamente oggi per quello che è stato un vero e proprio fuoco di fila, tra un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano e poi alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa a margine di un incontro odierno. “Oramai è inutile parlare di Renzi, dato che si è dimesso e non ha più titolo per parlare di politica” ha tuonato il 58enne politico e magistrato barese, aggiungendo che, contrariamente a quando detto ieri dallo stesso segretario, “si deve sapere subito che il Pd sosterrà lo sforzo di governo del M5S”. A suo giudizio, col beneplacito del Presidente della Repubblica, l’obiettivo è quello di evitare una “saldatura” tra quegli 11 milioni di persone che rappresentano l’elettorato sofferente che ha votato per i grillini e le destre uscite vittoriose dalle urne.



L’INTERVISTA DI EMILIANO A “IL FATTO QUOTIDIANO”

In una giornata scandita da tweet, dimissioni della Serracchiani e dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa da diversi esponenti di spicco del Partito Democratico, a fare rumore è stata soprattutto l’intervista che Michele Emiliano ha concesso a Il Fatto Quotidiano e che è apparsa questa mattina sul quotidiano diretto da Marco Travaglio. Il governatore pugliese non ha esitato infatti a definire la strategia delle dimissioni procrastinate nel tempo da Matteo Renzi come “il più grave danno alla sinistra dall’Aventino”: a detta di Emiliano, l’ex premier avrebbe offeso 11 milioni di italiani, vale a dire coloro che hanno votato per il Movimento Cinque Stelle e che non ha per nulla coscienza degli errori commessi dato che lui è uno che “non lo convinci neppure se lo fai parlare con Mosè”. A proposito degli scarsi risultati del Pd in Puglia, il diretto interessato spiega invece di non sentirsi colpevole dato che è stata la gente a voler votare contro Renzi e per lui è stato difficile “convincere a votare anche i miei parenti”. Infine, a proposito di un possibile sostegno da parte dei democratici a un esecutivo guidato da Luigi Di Maio, Emiliano ha detto che è l’unica strada per ripartire, “esercitando un controllo sul loro programma” dato che il leader del M5S ha dato una piena apertura ma senza proporre dei ministri del Pd dato che “sarebbe un errore, la responsabilità di governo è loro”.

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LE ACCUSE A RENZI NELL’ANALISI POST-VOTO

In realtà, i primi segnali di dissenso da parte di Michele Emiliano nei confronti di Matteo Renzi erano già arrivati nella giornata di ieri quando, in un post apparso sulla propria pagina Facebook, il 58enne governatore aveva fatto un’analisi del voto e provando a spiegare quali fossero i motivi della sconfitta del suo partito. “Dalle sconfitte, anche quando sono annunciate e pesanti, bisogna sempre trarre insegnamento per il futuro” ha scritto, prima di passare all’attacco del segretario dimissionario: “Renzi punta alla sua autoconservazione, sta pensando a come rientrare in partita, non a come far rientrare il Paese in partita. Per questo finge di dimettersi” aggiunge, precisando che la storia della sinistra “parla per noi”, mentre quella dell’ex premier è diversa dato che “in pochi anni ha portato il centro sinistra al peggior risultato di sempre e il partito a una scissione interna insanabile, devastando il sogno dell’Ulivo”. Un sogno per il quale, a detta di Emiliano, vale la pena continuare a battersi “ancora oggi, nonostante Renzi”.