“Devo riconoscere che il no di Renzi al patto con i 5 Stelle è stato un passaggio molto limpido” — dice Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità e memoria storica degli ultimi quarant’anni della sinistra. Renzi ha azzeccato la mossa, pur nella disperazione di essersi trovato a fine corsa, perché l’abbraccio sarebbe mortale. “In questo momento il M5s è terra di conquista di poteri forti, anche internazionali” dice Caldarola. E in Italia c’è chi fa (e aiuta) questo gioco.



Il Pd continuerà a esistere?

Difficile dirlo. Un partito che ha meno voti degli altri può essere determinante solo se ha un leader forte e conosciuto, come è stato per Bettino Craxi. Anche se si è costruito una truppa di parlamentari fedeli, che diminuirà strada facendo, Renzi è tragicamente azzoppato. 

In questa incertezza politica senza precedenti che cosa potrebbero fare i democratici?



Il Pd può favorire uno dei due vincitori, Lega o M5s, oppure non farlo. In questo caso ogni verifica parlamentare andrà a sbattere contro il diniego del Pd. Nel frattempo però il Partito democratico può sempre scoppiare, perché le sue contraddizioni sono troppo grandi. C’è un dato su cui nel Pd nessuno sta riflettendo: il marchio si è logorato. Si è identificato non solo con Renzi, ma con tutte le esperienze di governo recenti, da Letta a Monti, che sono state giudicate negative dall’elettorato.

Rimpiazzare Renzi con un nuovo leader? Si è fatto avanti Calenda.

Calenda ha delle qualità ma non l’appeal elettorale necessario. Non basta un nuovo leader, occorre ripensare il soggetto e il progetto politico. 



La strada del ritorno al fondatore, Walter Veltroni, è percorribile?

La considero un’ipotesi probabile. Non credo che Martina sia così ambizioso da proporre se stesso. Un’altra strada è che l’assemblea trovi un personaggio capace di garantire più o meno tutte le aree. 

Renzi quali calcoli sta facendo?

Controlla un gruppo di parlamentari, sa che finirà all’opposizione e che gli conviene evitare la mischia. Potrebbe anche venirgli in mente di fondare un partito, magari in vista del voto anticipato, presentandosi come il campione del no a M5s e a Salvini. Così facendo potrebbe acchiappare voti di centro, ex Pd ed ex Forza Italia.

Orlando ha detto che il 90 per cento dei dirigenti del partito non vuole andare con M5s. E’ vero?

Sì. La ferita è troppo fresca.

Un Pd che facesse l’accordo con M5s si salverebbe?

No, farebbe la fine dei partiti di sinistra eredi del Pci che si sono alleati alla Rete di Leoluca Orlando: il Dna populista di quest’ultimo li ha sciolti e assimilati. In ogni caso il Pd sarebbe fuori dalla decisione politica. 

E qui tocchiamo l’altra grande incognita di queste urne.

Il vero grande dubbio sul M5s è che nessuno sa chi prende le decisioni che contano. Puoi appoggiare i 5 Stelle in parlamento e venirti a trovare di fronte ad una decisione senza sapere chi l’ha presa: Grillo, Casaleggio, Di Maio o qualcun altro.

Chi per esempio?

In questo momento il M5s è terra di conquista di poteri forti. 

Anche internazionali?

Certamente. Il diniego che viene a Salvini dai poteri che contano nasce innanzitutto per evitare un suo asse con altre formazioni di destra europee e perché si sa che il capo della Lega farebbe più o meno ciò che dice. Invece, una volta arrivato nella stanza dei bottoni, M5s può schiacciarne diversi. Chi arriverà per primo a dare il suggerimento giusto — che loro cercheranno — potrà influenzarli.

Chi li sta aiutando oggi in Italia? Napolitano, Scalfari, il Corriere?

I nomi si possono fare seguendo il filo che lega tutti i fautori della “governabilità” ad ogni costo e che oggi è riconoscibile nel leitmotiv di politici, industriali, banche, grande stampa che dicono “perché non devono tentare? Davvero siamo disposti a lasciare il paese senza governo?”

Un argomento fortissimo.

Siamo il paese in cui parlare di elezioni anticipate fa venire il morbillo e dove si pensa che se entro due mesi dal voto non c’è un governo, la democrazia sia a rischio. Noi stessi non crediamo più nella nostra tenuta. I nomi che hai fatto, comunque, sono veri.

Qual è il loro errore?

Uomini come Napolitano e Scalfari ritengono che M5s sia una pagina bianca su cui si possa scrivere in libertà. Ma è solo un’illusione.

(Federico Ferraù)