Altro che crisi lunga. Per Rino Formica, il Capo dello Stato dovrebbe inviare un quasi-ultimatum ai partiti perché trovino una soluzione in tempi rapidissimi. Se così non fosse, Mattarella dovrebbe convocare il Consiglio supremo di difesa e inviare un messaggio alle camere. A pochi chilometri dalle nostre coste ci sono lampi di guerra — dice l’ex esponente socialista —, il principio di precauzione deve prevalere e dettare l’agenda. Dopo l’attacco chimico nella città di Douma e il bombardamento israeliano di postazioni iraniane, Gli Stati Uniti hanno minacciato una rappresaglia contro il regime siriano e schierato le loro unità navali di fronte a Latakia. Ieri le navi da guerra cinesi presenti nel Mediterraneo hanno ricevuto da Pechino l’ordine di disporsi nel porto di Tartus e di affiancare le unità russe in caso di un eventuale attacco americano.
Formica, si preannuncia un secondo giro di consultazioni molto più complicato del primo.
Sì, ma non per i motivi che dicono tutti. Si gioca con i vitalizi, le elezioni regionali, la leadership del centrodestra, i due forni di Di Maio, il Pd, ma queste sono tutte meschinità.
Di che cosa dovremmo parlare?
Del fatto che pochi chilometri dalle nostre coste ci sono lampi di guerra. Tutto il contesto internazionale è totalmente assente dal dibattito politico. Il vuoto di pensiero di questa classe dirigente è impressionante.
Veniamo al punto.
La vecchia ricetta della Dc secondo la quale il tempo fa maturare le nespole va bene solo in tempi di bonaccia. Con il rischio di una deflagrazione alle nostre porte della situazione internazionale, emergono tutte le controindicazioni: un governo debole perché rappresentativo di una forza politica battuta alle elezioni e minoritaria nel paese, partiti che non riescono a trovare una maggioranza in parlamento e due camere istituzionalmente insediate ma nella sostanza non in condizioni di operare.
Tocca ai partiti e al presidente della Repubblica, ma finora di risultati non se ne sono visti.
Tutto, io penso, si gioca in questo secondo round. O le forze politiche salgono al Quirinale con una soluzione — o con una richiesta al capo dello Stato di trovarla…
Oppure?
Oppure il presidente della Repubblica si avvalga dei poteri straordinari che gli conferisce la Costituzione.
Perché suggerisce questa strada?
Il paese non ha in politica estera lo stesso cuscinetto protettivo garantito dalle regole dell’Unione Europea nelle politiche di bilancio. Per dirne una: ieri Trump ha sospeso il suo primo viaggio in America latina, vuol dire che ci troviamo in una situazione di pericolosità di carattere straordinario. Il resto lo conosciamo. Se entro una settimana i partiti non trovano una soluzione e nemmeno chiedono al Capo dello Stato di aiutarli a trovarla, il presidente convochi il Consiglio supremo di difesa.
Con quale ordine del giorno?
Assicurare al paese che siamo in condizioni di fronteggiare eventi straordinari che riguardano la difesa e la sicurezza nazionale.
Si ricorda un precedente simile?
Nel gennaio del ’92, in vista delle elezioni politiche di quell’anno, con la situazione del paese già fortemente intorbidata, Cossiga convocò il Csd. In quella riunione, alla quale partecipai, si sollevò il problema di come tranquillizzare il paese sulla sicurezza nazionale, interna ed esterna.
Ma quali azioni dovrebbero scaturirne oggi?
Accertato il grado di sicurezza del paese, si faccia al più presto un governo che possa garantirla e risponderne politicamente.
Che strumenti ha Mattarella per smuovere i partiti?
Il messaggio alle camere. Il contenuto sarebbe esplicito e incontestabile: il rischio di guerra che abbiamo alle porte è incompatibile con ogni ulteriore perdita di tempo. O si fa un governo della sicurezza nazionale, o sciolgo le camere.
In Siria la crisi rischia di precipitare.
E’ tutto il Mediterraneo che ribolle. Il pericolo non sono i barconi, e nemmeno mille migranti in più, ma le navi da guerra di cui si è riempito il Mediterraneo. E quando ci sono situazioni di forte tensione, non si può attendere che l’evento si determini, si deve applicare il principio di precauzione.
(Federico Ferraù)