“Un governo si farà”. Le parole di Beppe Grillo chiariscono, meglio dei quotidiani messaggi in codice (più o meno velenosi o fantasiosi), la posta in gioco: l’opposizione. Chi, tra 5 Stelle e Lega (esperti di opposizione) resterà fuori dal Governo avrà la strada spianata per il prossimo — schiacciante — successo elettorale. Questa è la vera questione, per tutti. L’autentico essenziale motivo che salda indissolubilmente il futuro politico di Di Maio a quello di Salvini e, con essi, rende una strada obbligata, anche se non scevra di insidie, l’intesa tra grillini e centrodestra.



Quell'”accordo tra più parti” (e non tra singoli partiti) che l’inquilino del Colle aveva indicato come bussola per dare al Paese una maggioranza solida.

Il resto è fuffa montata (più o meno ad arte) che forse, un intervallo sabbatico, senza riflettori, senza passeggiate romane e senza convenevoli nello studio alla Vetrata, potrebbe contribuire a smontare.



Più del tempo, serve tranquillità! Quella “distensione” che la strisciante campagna elettorale per le imminenti regionali (a fine mese si voterà in Molise e in Friuli) e le prossime amministrative, certamente, non agevola.

Nell’arte del possibile un’unica regola non ammette scorciatoie: la logica.

E se l’elezione del presidente Fico come della presidente Alberti Casellati rappresentano per moltissimi — anche grillini — il frutto della pragmaticità, del realismo e, soprattutto, della ragionevolezza del “gioco” politico, perché mai ciò che è valso per la terza carica dello Stato non può valere per l’inquilino di Palazzo Chigi? Perché mai Forza Italia è digeribile per l’un risultato e non per l’altro?



La situazione recita: nessuno dei vincitori può meritare l’onore dell’opposizione. Ed un nuovo ricorso alle urne certificherebbe una bruciante sconfitta per l’Alto Colle.

Mattarella, da uomo avveduto e concreto, renda l’onore delle armi alle parole di Grillo (tornato in Mediaset) come al prolungato silenzio di Arcore (dopo le gratuite imprudenze) e, dopo aver ascoltato la scorsa settimana i partiti, con il nuovo “giro di valzer” detti le condizioni (peraltro già ben delineate nelle pungenti dichiarazioni di giovedì scorso), impartisca qualche utile ramanzina a chi di becco intende (sempre) ferire ma poi, da saggio interprete delle dinamiche democratiche, si tenga — per un congruo momento — lontano dallo studio alla Vetrata.

Se dal campo dovrà uscire il fosso — come insegna la dura legge della terra — basterà armarsi di “operosa” pazienza, prendere le giuste misure ed ognuno avrà il proprio spazio. Mentre azzardarsi nel fuori pista delle forzature potrebbe produrre solo un infausto irrigidimento delle posizioni e lo spreco di ulteriore tempo.

Buona pazienza, Presidente!