Per comprendere appieno i possibili sviluppi di questa fase politico-istituzionale, alcuni principi del nostro sistema costituzionale devono essere ricordati. Nella Costituzione la nomina presidenziale del Governo precede la fiducia parlamentare. Inoltre, non ci sono regole che vincolano il Capo dello Stato nella fase che precede la nomina del Presidente del Consiglio. Si tratta, tuttavia, di un potere non fine a sé stesso. La finalità è quella di consentire l’attivazione della forma di governo parlamentare. Dare, cioè, un governo al paese mediante la formazione di un esecutivo che abbia ragionevoli possibilità di avere la fiducia delle Camere.
E’ evidente che, ritornati al modello proporzionalistico e in assenza di un esito chiaramente maggioritario in entrambe le assemblee, le consultazioni hanno proprio lo scopo ultimo di far scaturire quelle convergenze che, sino al giorno delle elezioni, non erano presenti. Si tratta di un obiettivo non facile, che non può essere raggiunto con una logica solipstica e che, come dimostra la prassi non solo italiana, può richiedere tempi non brevi. Le consultazioni servono per raccogliere le indicazioni sugli orientamenti delle forze politiche, per far maturare, valutare e prospettare ipotesi a prima vista non percepibili. La riservatezza che protegge questa fase è essenziale: consultare i singoli partiti e movimenti significa consentire al Capo dello Stato di mantenere ferma la posizione dell’arbitro dotato di impregiudicata ed autorevole imparzialità.
Il Capo dello Stato, a questo punto, non poteva che ribadire e mantenere ben chiara la distinzione tra le responsabilità sue proprie e quelle delle forze presenti in Parlamento. Ecco il perché del brusco e pubblico richiamo presidenziale al termine del secondo giro di consultazioni. La “necessità per il nostro Paese di avere un governo nella pienezza delle sue funzioni” non è un mero appello in semplice attesa di futuri sviluppi, ma l’affermazione di un’esigenza ineludibile che risponde al corretto funzionamento delle istituzioni, di cui il Capo dello Stato è garante ultimo. I veti reciproci ed irrisolti impediscono al Capo dello Stato di ripetere ulteriormente le consultazioni senza introdurre un qualche elemento di novità riconducibile allo stesso Presidente. Continuare stancamente nelle consultazioni sarebbe inutile manifestazione di inconcludenza. Potrebbe anzi aggravare i conflitti e rendere ancor più problematica la futura ricomposizione delle faglie adesso presenti tra le forze politiche.
Se, dunque, le ultime parole del Presidente preannunciano un intervento che si concretizzerà nei prossimi giorni al fine di superare lo “stallo”, è pura teoria ritenere che soltanto quando il percorso del dialogo per così dire interno tra le forze politiche si dimostrerà del tutto bloccato, si avvierà la fase dell’iniziativa cosiddetta autonoma ed esterna del Presidente, che sarebbe capace di scavalcare ed imporsi ai partiti stessi in virtù di sua propria forza. La presunta scansione tra le due fasi in cui sarebbe frazionato il processo di costruzione del Governo, è il frutto di un’interpretazione semplificatoria ed irrealistica e che, per di più, finisce per travisare e falsificare la nota tesi costituzionalistica secondo cui nei momenti di eccezionale crisi di regime il Presidente potrebbe assumere il ruolo — stavolta davvero indispensabile — di reggitore dello Stato.
In vero, l’azione presidenziale è già e pienamente in corso, e non può che orientarsi nel senso della facilitazione degli sbocchi istituzionalmente realizzabili nell’ambito del contesto politico in evoluzione. Qualunque sia lo strumento che sarà adottato in concreto dal Presidente (preincarico, mandato esplorativo, incarico libero o vincolato, e così via), e qualunque siano le formule di governo prefigurate o comunque rintracciabili a seconda del percorso che sarà così tracciato per la risoluzione della crisi, si restringerà inevitabilmente il campo delle opzioni praticabili dalle forze politiche. Alcune soluzioni troveranno la strada più libera, altre risulteranno più difficilmente sostenibili. E quanto più alcune forze politiche proseguiranno in atteggiamenti meramente ostruzionistici o passivi, tanto più emergeranno pubblicamente le rispettive responsabilità innanzi ai cittadini. E il popolo sovrano, come appena visto, non si sottrae ormai dal giudicare con rapidità e nettezza.