In vino veritas, dicevano i nostri padri. Se dunque buon vino non mente, tra 5 Stelle e Lega non si registrano passi avanti verso la formazione del nuovo governo. Ieri Matteo Salvini e Luigi Di Maio avrebbero dovuto incontrarsi al Vinitaly ma non si sono incrociati nemmeno per sbaglio tra un assaggio di rosso e un goccio di prosecco. Il gelo tra i due persiste: il freddo, oltre a rovinare le vigne, ghiaccia anche i rapporti tra probabili alleati.
Nessuno dei due aveva voglia di incrociare l’altro. La colpa è di Silvio Berlusconi. Il quale ha giocato un brutto tiro a entrambi. Secondo i retroscena circolati al Vinitaly tra le decine di politici accorsi a farsi vedere o a cercare di piazzare i loro prodotti (per esempio, Renato Brunetta è un orgoglioso produttore di vino laziale in un appezzamento non lontano dal santuario romano del Divino Amore), Salvini e Di Maio erano pronti a sottoporre al Quirinale un accordo già benedetto da Silvio Berlusconi: governo Lega-5 Stelle senza altri partiti, con Forza Italia che si limitava a dare un appoggio esterno o un’astensione in cambio di due ministri mascherati (cioè tecnici di area ma non direttamente riconducibili al partito del Cavaliere) in dicasteri non di primissimo piano in aggiunta a non meglio precisate garanzie per le aziende di Berlusconi. Davanti a un accordo siffatto, il partito si è rivoltato perché a nessuno piace essere condannato al suicidio. L’esito della rivolta è stato lo show del Cavaliere che sembrava un redivivo Totò quando mimava, gesticolava, sorrideva, contava, eccetera.
Salvini si era fatto garante presso Di Maio che Berlusconi avrebbe digerito l’indigeribile. Quindi il segretario della Lega non ha la faccia per farsi vedere davanti al candidato premier grillino. Ma Di Maio si ostina a chiedere ciò che Berlusconi non è in grado di concedere: forse il Cavaliere, personalmente, un passo di lato potrebbe anche farlo in nome di garanzie certe per tutelare le proprie aziende, ma il partito di Forza Italia non vuole. Soprattutto se, come tutto lascia prevedere, il governo nascente non dovesse avere vita troppo lunga. Ipotizziamo infatti che Lega e grillini riescano a mettersi d’accordo per un esecutivo con appoggio esterno (o astensione costruttiva) dei forzisti: con che programma potrebbero presentarsi agli elettori tra un anno quando ci sarà da rinnovare il Parlamento europeo? Forza Italia con un gruppo, leghisti con un altro, grillini con un terzo. Insostenibile. Le europee sono destinate a smascherare tutte le contraddizioni che oggi si è portati a sottacere.
Lo stallo certificato dal Quirinale permane anche davanti a brindisi e bicchierate conviviali al Vinitaly. Si profila un incarico esplorativo alla presidente del Senato che servirà a guadagnare (o fare perdere, a seconda dei punti di vista) altro tempo. Nel frattempo, si vedrà l’esito delle elezioni in Molise (dove il candidato grillino è ancora dato vincente sull’uomo di Forza Italia, a scanso di clamorose rimonte) e probabilmente anche in Friuli Venezia Giulia: difficile che un presidente incaricato, anche con mandato parziale, riesca a chiudere il cerchio in pochi giorni tenendo conto del ponte del 25 aprile e della crisi siriana.
Tempo, ci vuole altro tempo. La situazione in Medio oriente al momento non rischia di degenerare e i mercati finanziari non danno segnali di nervosismo. Lo stallo durerà ancora un po’ visto che dall’esterno non giungono segnali che impongano accelerazioni drammatiche verso soluzioni di emergenza, tipo gabinetti di guerra o simili. E le cancellerie europee e atlantiche non hanno nessuna fretta di prendersi in carico un governo salviniano filo-Putin.