Facendo tappa a Montenegro di Bisaccia, il leader della Lega è tornato ancora sulla questione Governo e ha rilanciato ancora sul binomio Regionali-Esecutivo nazionale: «Sia chiaro a tutti, anche alle orecchie di chi non vuole intendere, che se vinciamo in Friuli e in Molise nel giro di 15 giorni si fa il governo», ha lanciato dal comizio centrale del pomeriggio molisano. Come già dopo le prime dichiarazioni di questa mattina, non sono state poche le reazioni degli avversari politici alle “promesse” lanciate da Salvini sulla composizione del Governo: «E’ veramente assurda l’idea di Salvini per cui il Paese deve aspettare i suoi tornaconti elettorali», spiega il segretario reggente del Partito democratico, Maurizio Martina. «Avvisatelo che il Paese ha già votato e adesso chiede risposte, non propaganda. Questo uso delle elezioni regionali di Molise e Friuli come fossero cavie da laboratorio e’ quanto di più irrispettoso possibile verso gli elettori di quelle regioni oltre che di tutti gli italiani», conclude l’ex ministro dell’Agricoltura. Nel pomeriggio, dopo le parole di Calenda che invitavano il Pd a non rimanere immobile, risponde a distanza l’ex capogruppo Ettore Rosato: «C’è sempre stata una posizione di Emiliano in tal senso ma contano i voti e il voto della direzione Pd è chiaramente alternativo a M5s e Lega. Che poi ci sia una disponibilità a dialogare con chiunque riceva un mandato sta nelle cose, nella Costituzione direi. Sicuramente non ci tireremo indietro, l’opposizione è garanzia di democrazia e la faremo con progetti e idee». 



SALTA L’ASSEMBLEA DEL PD

Continuano la sua campagna elettorale in Molise, Salvini ha “osato” lanciare una sorta di monito tanto agli alleati quanto allo stesso M5s: «qualcun a Roma comincia ad avere paura e per questo ridimensiona il vostro voto. Ogni voto conta: noi pensiamo che da queste regionali possa venire un segnale nazionale di chiarezza e cambiamento», spiega Salvini nel comizio davanti ai terremotati di San Giuliano. Per chi ha spiegato nei giorni scorsi, anche con pareri molto vicini al Quirinale, che il voto in Molise e in Friuli della prossima settimana non possono rappresentare uno “snodo” per le vicende nazionali, Salvini dice l’esatto opposto e prova a fare “un passo delicato” costringendo di fatto tutti ad attenere i risultati in Molise (da lunedì 23 in poi, ndr) prima di prendere una decisione per il governo del Paese. Ma l’Italia può attendere ancora? E può farlo per un voto di una regione, seppur importante, tra le più piccole dello Stivale? In senso opposto, chi non vede l’ora di ricevere novità dal Colle è il Partito Democratico: dopo l’apertura di Calenda sulla possibilità di un “Governissimo”, è la Segreteria centrale ad aver fatto sapere a tutti i delegati che l’assemblea Nazionale del 21 aprile è stata «rinviata a data da destinarsi», dopo la richiesta di Renzi al segretario reggente Martina nell’incontro di venerdì scorso. Un segnale sulle possibilità in crescita di un ruolo di primo piano del Pd nelle prossime decisioni di Mattarella? Nulla è detto, ma di certo il rinvio della “resa dei conti” rappresenta un importante dettaglio da non sottovalutare nel destino di un accordo del tutto fermo tra Centrodestra e M5s per la poltrona di Palazzo Chigi. 



LO STRANO “ASSE” TRA GINO STRADA E SALVINI

Di Maio e Calenda? “Zittiti”, ma nel frattempo guadagna il plauso di Gino Strada. Quella di Salvini è una giornata assai strana e forse mai avrebbe potuto immaginarsi un endorsement da chi è politicamente, culturalmente e ideologicamente lontano anni luce da lui. Eppure, dopo la posizione netta presa da Salvini sulla guerra in Siria, il fondatore di Emergency su Radio Capital si schiera dalla parte del segretario del Carroccio: «sono d’accordo con lui, la sua posizione sulla Siria è condivisibile. Sono contento di vedere che anche Matteo Salvini dice qualcosa di intelligente. Molto meglio questa posizione contro la guerra che non quelle contro i migranti». Lo strano “asse” entra a gamba tesa nelle difficili dinamiche e trattative che dovrebbero portare ad un incarico scelto dal presidente Mattarella: di certo, che la Sinistra “di piazza” veda in Salvini e non nel Pd un interlocutore più affidabile è una notizia importante, anche se non significa che da domani la Lega diventa il partito di Emergency, questo siamo sicuri che non avverrà. Di certo però il Capo dello Stato dovrà ragionare sul governo e sugli incarichi da dare anche tenendo conto dei giudizi e delle posizioni che i principali partiti italiani hanno sulla guerra in Siria. In questo senso, una via di mezzo tra Usa e Russia come quella prospettata da Salvini e dal Centrodestra potrebbe essere apprezzata al Colle e risultare decisiva in un possibile incarico di governo (alla Casellati, a Giorgetti o magari allo stesso Salvini). Ora tocca a M5s e Pd “rispondere”, tenendo conto che la clessidra verso il Governo scorre e la situazione nelle segreterie dei partiti è tutt’altro che “distesa”.. 



SALVINI, “AVVISO” A DI MAIO E CALENDA

Torna a parlare Matteo Salvini e lo fa nella campagna elettorale per le Regionali del Molise di domenica prossima (22 aprile): una parola per tutti, non proprio “buonissima” ma con un senso doppio. “Aspetto tutti, ma finora quanto hanno detto non mi basta/convince”: lo traduciamo così il Salvini-pensiero di giornata, ora capiamo dove e come ha realmente risposto a Di Maio, al Centrodestra e anche al Partito Democratico che questa mattina con la proposta di Calenda di formare un governo di tutti è tornato “in prima linea”. Con ordine, partiamo dall’accordo (sempre più sfumato) col Movimento 5 Stelle: «Quello che Di Maio giudica un danno, il centrodestra unito, è quello che gli elettori hanno premiato col voto il 4 marzo: chiedo al MoVimento 5 stelle di avere rispetto per gli elettori», rispondendo così alle stilettate lanciate ieri dal leader M5s durante il Vinitaly (qui il resoconto di giornata, ndr). Poi rilancia ancora, «Come io dico che non esistono partiti pericolosi o elettori pericolosi chiedo che tutti gli altri facciano lo stesso». Al centrodestra stesso, ovvero agli alleati Berlusconi e Meloni, il leader Matteo Salvini è sempre più certo che bisogna navigare assieme ma bisogna anche deporre ogni ascia di guerra ed entrare nell’agone degli accordi (come sembrano lontani i tempi in cui il Carroccio gridava agli inciuci dei palazzi…) con il M5s. Il tempo scorre e Mattarella potrebbe a giorni formulare una sua proposta d’incarico, con Di Maio e Salvini che potrebbero così essere “tagliati fuori” per non essere riusciti a mettersi d’accordo in un mese di trattative.

LA RICETTA DI CALENDA: “GOVERNO DI TUTTI PER USCIRE DALLA CRISI”

Il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, è certamente uno dei più dinamici (e giovanissimi, nel senso che è entrato da poco nel partito) membri del Pd in questo periodo di tensioni, spaccature e indecisioni sul prossimo futuro dei dem. Questa mattina su Repubblica ha lanciato la sua ricetta per provare ad uscire dalla crisi: su Twitter, area preferita del ministro, l’ha ribattezzata lui stesso la proposta di un «Governo di transizione sostenuto da tutte le forze politiche». Traduciamo noi, un “Governissimo”: Di Maio e soprattutto Salvini non intendono sentirci e finora hanno sempre accantonato l’ipotesi paventata. Ora però arriva da un’esponente autorevole del Pd (e soprattutto da un ministro molto considerato al Quirinale, fattore da non tenere in secondo piano) e qualche calcolo in più dovrebbero farlo: «Il Pd dovrebbe proporre la costituzione di un Governo di transizione sostenuto da tutte le forze politiche e parallelamente la formazione di una commissione bicamerale sulle riforme istituzionali che risolva tre questioni fondamentali», legge elettorale, rapporto autonomia regionale-interesse nazionale e tagli dei costi della politica. Salvini, alle parole di Calenda, replica così: «Io dialogo con tutti, ma l’unico punto fermo è che con il Pd non si può fare nulla. A Calenda dico, mamma mia! Un governo con chi ha approvato la Fornero o vuole gli immigrati che cosa potrebbe fare?». Non è solo il Centrodestra a ribellarsi, sono anche alcuni membri del Pd stesso a non gradire la “ricetta” di Calenda. Uno su tutti, Sandro Gozi (pattuglia renziana), «Nessun punto d’incontro possibile tra M5S, Lega e Pd su politica economica, diritti civili, né sul ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo. Ancor meno nel campo delle riforme istituzionali. Questa è la verità! Difficile capire su quali basi un simile accordo potrebbe reggersi».