I giochi di ombre della politica italiana avvengono sempre più all’ombra di una grande e delicata partita fra superpotenze in Siria. I missili sulla Siria dopo tanta attesa sono alla fine caduti. Il danno per il regime di Damasco è controverso, siriani e americani tutti cantano vittoria. Sul Fatto Quotidiano il generale Fabio Mini spiega che c’è stato un gioco delle parti tra Usa e Russia per mantenere un livello di dialogo tra i due.



Ma l’impatto sulla politica italiana è incontrovertibile: il paese non può più stare senza governo. Finora non si è fatto niente perché ognuno ha i suoi fantasmi in questo crepuscolo di seconda repubblica o forse alba di una già terza repubblica.

Il centrodestra ha il paradosso del leader dichiarato, Matteo Salvini, e quello ombra, Silvio Berlusconi, che vorrebbe ancora rubare la scena, come ha dimostrato con la recente bizzarra pantomima al Quirinale. Il M5s ha un’ombra di leader, Luigi Di Maio, il quale sfodera giovani ovvietà mentre i suoi astuti burattinai, Beppe Grillo e Davide Casaleggio, vogliono stare nell’ombra per manovrare meglio. Infine c’è il Pd dove Matteo Renzi, un altro che ambisce a fare il leader-ombra, ora vuole stare nascosto dopo essere stato per troppo tempo sovraesposto.



I bombardamenti in Siria aprono la questione di una crisi grave che può diventare gravissima in Medio oriente e che avrà senz’altro conseguenze dirette sull’Italia. L’Italia parteciperà in un modo o nell’altro alle prossime possibili azioni? Concederà il suo spazio aereo? E se no, come si porrà di fronte agli alleati? E poi che posizione, che obiettivi ha in Siria e nella regione che per Usa, Francia e Regno Unito è geograficamente molto lontana ma per Roma è drammaticamente vicina?

Salvini ha dichiarato la sua passione per il leader russo Vladimir Putin, sostenitore di Damasco. Grillo, con una moglie iraniana, si dice abbia simpatie per Teheran, altro paladino della Siria. Che faranno dunque le loro formazioni?



È molto probabile che i pronunciamenti di Salvini siano solo di facciata per il suo elettorato, affascinato dall’uomo solo al comando; e le passioni filoiraniane di Grillo siano state riposte nel cassetto, ora che il potere si avvicina.

Ma è chiaro che le divisioni devono essere superate e c’è bisogno di qualcuno in grado di governare una situazione estremamente complessa di sicurezza interna e internazionale. L’Italia un uomo di tali requisiti ce l’ha — un politico che peraltro riscuote grande rispetto da tutti gli alleati, si tratta di Marco Minniti. È lui solo che all’interno e all’esterno potrebbe ricucire e trovare l’accordo di tanti per una specie di grande coalizione all’italiana. Se Roma volesse restare estranea alle tensioni crescenti in Siria un premier Minniti avrebbe gli argomenti e l’autorevolezza per non farsi travolgere. Altri, senza argomenti e senza autorevolezza, sarebbero facilmente piegati o messi alla gogna politica internazionale.

Minniti premier risolverebbe poi il problema del Pd ripiegato su se stesso e anche delle ambizioni eccessive di Di Maio, il quale poi rischierebbe di restare imprigionato tra Grillo e Casaleggio da una parte e gli alti funzionari dello Stato dall’altro. Minniti inoltre potrebbe raccogliere consensi anche tra Lega e Berlusconi.

Non è una situazione ideale e forse può apparire beffarda per i vincitori del voto: hanno sbancato alle elezioni ma poi non guidano il governo e devono fare i portatori acqua. Ma questo è il sistema che hanno scelto, perché il proporzionale obbliga a trovare una quadratura in parlamento, e i vincitori finora non l’hanno saputa trovare. Infine stare defilati per ora, che tutto è difficile dentro e fuori, ai vincitori può convenire.

Certo M5s e Lega possono sempre fare saltare il banco e chiedere nuove elezioni. Ma ora forse ci andrebbero da sconfitti. Dovrebbero spiegare perché sono stati incapaci di formare un governo e perché soprattutto hanno lasciato l’Italia senza governo in mezzo a una crisi internazionale che può travolgerla.