Tutti pronti per un mandato esplorativo alla presidente del Senato Alberti Casellati? Sarebbe meglio Gentiloni. Sì, proprio lui, l’attuale capo del governo. E’ il “colpo d’ala” che Gianfranco Pasquino, professore emerito di scienza politica nell’Università di Bologna, chiede al Capo dello Stato. Ieri, proprio alla vigilia della decisione di Mattarella, la giornata politica ha fatto segnare una svolta. Il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, sulla sua pagina Facebook ha messo nero su bianco tre punti di confronto irrinunciabili per i Dem: povertà (allargamento del reddito di inclusione), famiglie (introduzione dell’assegno universale per le famiglie con figli), e lavoro (introduzione del salario minimo legale). Dunque, si volta pagina. E si dialoga, anche al Nazareno. “Iniziativa utile”, ha risposto prontamente M5s. 



Professore, si va restringendo il fossato che separa Pd ed M5s?

Sono tre punti a partire dai quali si può fare molta strada. Bisogna sedersi a un tavolo e parlarne. Probabilmente M5s non avrà il reddito di cittadinanza così come lo pensava all’inizio, idem per il reddito di inclusione voluto dal Pd.

Lo stesso vale per il lavoro?



Sì. Da un lato i 5 Stelle devono spiegare meglio le loro critiche al Jobs Act, dall’altro bisogna che facciano delle proposte più precise. Il Pd, dal canto suo, dovrebbe cominciare a vedere anche il bicchiere mezzo vuoto, rendendosi conto che il Jobs Act ha funzionato solo in parte. Ma manca ancora qualcosa.

A cosa pensa?

Se fossi in Martina avrei messo un altro punto discriminante. E forse Emma Bonino gli ha già tirato le orecchie. M5s deve convincersi che il futuro dell’Italia si costruisce in Europa, non al di fuori.

La Casaleggio srl ha cambiato alla chetichella il programma del movimento: basta attacchi all’occidente e alla Nato. Di Maio aveva già fatto dietrofront sull’euro. I grillini stanno decisamente cambiando pelle.



Tutti elementi positivi. Per fare progressi occorre vedere le carte degli altri. Per cominciare, il Pd dovrebbe smetterla di accusare i 5 Stelle di politica dei due forni, per chiamare le cose col loro nome.

E quale sarebbe?

Realismo politico. E’ solo andando a vedere le carte che M5s ha scoperto di essere più vicino al Pd invece che alla Lega. Se non parlasse solo Martina ma anche qualche altro renziano, sarebbe meglio.

Perché non chiamare in causa il diretto interessato?

Quando Renzi interviene, grida e vuole sempre imporre. Meglio a questo punto il suo silenzio. Certo se una dichiarazione di buon senso venisse da lui, sarebbe una svolta.

Renzi ha congelato il Pd all’opposizione.

Una mossa sbagliata. In realtà non è opposizione, ma eversione, perché chiamarsi fuori da una democrazia parlamentare è non riconoscere le regole, dunque volerle sovvertire. 

M5s ha risposto all’apertura di Martina parlando di “iniziativa utile”. 

Bene. M5s deve proseguire su questa strada, suggerire una trattativa come ha fatto la Merkel che si è seduta a un tavolo con verdi e liberali per rendersi conto che con i primi una coalizione poteva farla, con i secondi no. A quel punto ha bussato alla porta dei socialdemocratici, che volevano stare all’opposizione ma poi si sono accorti che c’è un dovere verso il paese. Lo stesso dovrebbe fare il Pd.

Oggi Mattarella conferirà un mandato esplorativo. A chi lo darà secondo lei?

Tutti parlano dei presidenti di Senato e Camera, della Casellati soprattutto, ed è comprensibile che sia così perché è la soluzione più ovvia, più semplice.

Però non sembra convinto di questa strada.

No, e mi auguro che Mattarella abbia un colpo d’ala. 

Lei cosa farebbe al suo posto?

Darei sì un mandato esplorativo, ma a Paolo Gentiloni. Sa come funziona il governo e sa che non potrà essere lui il prossimo presidente del Consiglio; è un uomo libero con una visione salda dell’Italia e dell’Europa.

Quindi lei non vede un mandato destinato a tramutarsi in incarico politico.

No. Serve una figura senza ulteriori ambizioni, almeno per il momento, perché deve mettere tutte le sue risorse a disposizione di chi intende fare una coalizione di governo. 

Dunque né Casellati né Fico.

Fico è un esponente di spicco di M5s e la Casellati è donna storicamente molto attenta, diciamo pure così, agli interessi di Berlusconi. Sono entrambi troppo condizionati dai rispettivi schieramenti.

Si è parlato per giorni di un patto M5s-Lega. Lo archiviamo?

Forse no, però a dividerli c’è il punto che io considero irrinunciabile: i 5 Stelle sono disposti a stare in Europa, Salvini no. E questa è la discriminante iniziale oltre la quale diventa difficile discutere. Non escludo punti in comune tra la Lega e un possibile nuovo governo a maggioranza M5s. Se ci fossero, Salvini potrebbe benissimo farli votare dai suoi, e poi ognuno per la sua strada.

(Federico Ferraù)