C’è un detto in America che recita: “Dove va l’Ohio, vanno gli Stati Uniti”. E in questi giorni di vigilia che precedono il voto regionale in Molise, la parata di dichiarazioni rilasciate dai leader politici nazionali sembra assegnare all’esito elettorale in questa piccola regione (domenica andranno al voto poco più di 330mila elettori, in 394 sezioni allestite in 136 Comuni) un peso quasi decisivo anche sullo scenario nazionale. Insomma, il Molise alla stregua di uno “swing state” cruciale: vincere qui significherebbe dare una svolta anche alla delicata partita per la formazione del nuovo governo. “Ma tutta questa enfasi sul voto in Molise è paradossale”, ribatte Ottaviano Del Turco, sindacalista, ultimo segretario nazionale del Psi, presidente della Regione Abruzzo dal 2005 al 2008 che oggi vive in un piccolo centro nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Domenica andranno alle urne poco più di 330mila elettori in Molise. E per molti leader politici nazionali è un passaggio elettorale importante, molto atteso. E’ davvero così?
L’impressione è che voler sembrare più importanti sia il segnale più evidente che in realtà siamo più deboli.
Eppure tutti i big si sono dati appuntamento qui. Anzi, oggi, a conclusione della campagna elettorale, Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio si sfideranno, a pochi metri di distanza, in due comizi a Campobasso…
E’ l’aspetto più evidente del livello di questa campagna elettorale. Tutti sono arrivati quando ormai i buoi erano scappati dalla stalla. E questo sarà il prezzo che pagheranno per aver scoperto il Molise tardi, quando serviva solo per raccogliere una manciata di voti.
Paolo Gentiloni, qualche giorno fa, ha dichiarato: “C’è una certa attesa per le elezioni in Molise. Dal voto del 22 aprile deve partire un messaggio forte e chiaro per Roma”…
Avrebbe dovuto cominciare lui a mandare un segnale chiaro. Invece ha sprecato una grande occasione.
Matteo Salvini dice che se la Lega e il centrodestra otterranno un buon risultato il governo potrebbe nascere in 15 giorni. E’ mai possibile?
Pensare di dare valenza nazionale a un piccolo voto locale è un po’ paradossale.
È, in fondo, quel che pensa Luigi Di Maio, ma in Molise, dove pure il 4 marzo ha raccolto il 44% dei voti, il M5s non ha certo brillato nel suo ruolo di opposizione alla giunta di centrosinistra…
Il M5s è un partito piccolo che ha pensato di diventare grande prendendosela con i più forti e con i più grandi.
I molisani vanno al voto in una regione che sta vivendo una situazione difficile, con un’economia stagnante e dopo anni di inerzia politica che non ha affrontato i problemi. È davvero una regione così in crisi?
No, il Molise, dove pure tutto si regge sui pianti, sui sentimenti di difficoltà e di crisi, non è tutto questo.
Infatti, guardando all’economia, si conferma il caso virtuoso dello stabilimento Fca di Termoli. È un’eccezione?
Termoli è un elemento vitale, ma pensare che solo il grande capitale può fare miracoli è sbagliato. Forse sarebbe il caso di provare altre strade per rilanciare lo sviluppo dell’economia regionale.
I sondaggi, in vista del voto di domenica, prevedono un testa a testa tra M5s e centrodestra. Secondo lei come finirà?
Spero vinca il centrodestra. Affidare le tenui speranze della regione al M5s significa non avere speranze.
(Marco Biscella)