Il tempo è davvero scaduto. Sì, ma per un governo a guida Di Maio!

Il trionfo del centrodestra in Molise, che, con ogni probabilità, sarà bissato dal risultato di domenica prossima in Friuli Venezia Giulia (come prevedono all’unisono tutti i sondaggi), rafforza enormemente la posizione del centrodestra nella rivendicazione della poltrona più alta di Palazzo Chigi. Un epilogo verso il quale l’Alto Colle sembra ormai già fortemente orientato al di là della prudenziale — e forse opportuna — scelta di un nuovo incarico di dissuasione conferito, in queste ore, al presidente della Camera.



C’è da arrivare (possibilmente senza perdere tempo prezioso) a domenica 29 dopo di che, se la situazione dovesse confermarsi, l’incarico a Salvini non lo toglierà nessuno. E colui che, appena qualche giorno fa, sembrava essere rimasto con il cerino in mano schiacciato a destra ed a sinistra dalla serrata battaglia ad excludendum messa in campo da Forza Italia e 5 Stelle, d’improvviso torna protagonista.



Ma guai alle facili illusioni!

In Molise infatti la Lega, nonostante il buon risultato, non ha battuto Forza Italia che si attesta a primo partito della coalizione in regione. Ciò complica e non poco il percorso di un possibile Governo Salvini. Tanto che, proprio il capo lumbard — fiutato l’odor di bruciato — continua a dirsi disposto al passo di lato, alla scelta di un nome terzo, condiviso da tutta la coalizione. Magari, quel Giorgetti, delfino fidatissimo, che a Palazzo Grazioli sembra “essere di casa”.

Salvini sa benissimo, e le vicende post-voto lo hanno ampiamente suggellato, che il Cav sarà un osso ancora duro da rodere. E che un eventuale esecutivo a giuda Salvini potrà nascere solo con l’imprimatur di Arcore. Come capitò per Monti, Letta e, indirettamente e più recentemente, per Renzi o Gentiloni.



Chiuso il “forno Di Maio” per la presidenza del Consiglio, la navigazione dell’eventuale presidente incaricato Salvini non sarebbe per niente più agevole tanto per i veti che un Movimento grillino ferito nell’orgoglio dovrebbe necessariamente mantenere ed, anzi, inasprire nei confronti di Berlusconi e Meloni (per non finire, come si dice in Toscana, “becchi e bastonati”), quanto per l’attivismo dei rossoneri ed “ex-Biscione” oggi senatori azzurri in quel di Firenze.

A quel punto, senza un accordo forte con “Luigino il partenopeo”, Salvini potrebbe vedersi rifilare il preconfezionato pasto amaro di un’alleanza centrodestra-Pd. Alleanza sempre invisa alla Lega ma non alla controparte azzurra.

Tutto è rinviato al 29 aprile. Poi partirà la resa dei conti definitiva: nel centrodestra come nei 5 Stelle. E chi avrà più filo… tesserà.