Stanno solo perdendo tempo, vincitori e vinti del 4 marzo; ognuno convinto di potersi giocare la partita a suo vantaggio in elezioni anticipate. Hanno solo bisogno di una legge elettorale la cui soglia, diciamo il 40 per cento, sia raggiungibile da uno degli sfidanti; ovvero di una legge a doppio turno, dove gli italiani dovranno scegliere tra i primi due. 



Apparentemente questa situazione dovrebbe star bene solo a Salvini e Di Maio; uno perché potrebbe ulteriormente espandersi a danno di Berlusconi, l’altro perché potrebbe ulteriormente cannibalizzare il voto Pd. Ma in realtà sta bene anche a Renzi, che punta a rientrare in gioco nelle prossime urne scommettendo sul fallimento — l’incapacità di dare un governo al Paese — di chi lo ha sconfitto il 4 marzo. Magari con l’aiuto di Berlusconi, se (spaccatosi il Pd sull’accordo da far fallire con i 5Stelle) metterà in piedi una sua lista In cammino, sul modello dell’operazione Macron, stando alle indiscrezioni. 



Ma per presentarsi meglio ai nastri di partenza, magari già a settembre, ognuno deve far cadere la colpa del fallimento sugli altri due. Salvini e Di Maio tendono a scaricarla entrambi sull’asse Renzi-Berlusconi, con la complicazione per Salvini di non poterlo dire quanto a Berlusconi a chiare lettere, per non alienarsi simpatie in un elettorato che punta ad annettersi. Renzi e Berlusconi tendono a fa ricadere la responsabilità sugli homines novi usciti dalle urne, Di Maio e Salvini, giovanotti arroganti e incompetenti, oltre che inaffidabili. Da questo lato della barricata è Berlusconi a non poter esprimere fino in fondo il suo pensiero, e cioè che ai servizi igienici nelle sue aziende accanto a Di Maio vedrebbe benissimo anche Salvini. 



Il nodo dello scontro è l’asse che ha retto il governo nella legislatura che si è chiusa (il Nazareno in chiaro e in chiaroscuro) e i suoi avversari “populisti” e “sovranisti”. Tutto il resto è scena. Un puro scontro di potere tra un ceto politico in declino, che non vuole mollare la presa, e un ceto politico emergente, che vuole completare la sua ascesa. 

Nel Pd questo significherà la pantomima di una direzione che o dirà niet all’accordo con Di Maio, o porrà condizioni tali che non potranno essere accettate. Insomma continuerà il gioco di finte di queste consultazioni per non fare il governo. 

C’è solo da sperare che Mattarella faccia emergere fino in fondo questo gioco a scaricabarile, mettendo tutti di fronte alle loro responsabilità di non buttare alle ortiche una legislatura in un momento delicato per il Paese. E che tutti, ridotti a più miti pretese, concedano all’Italia il governo di tregua di cui ha bisogno. Meriterebbero che nelle urne gli italiani li mandassero a quel paese tutti, vincitori e vinti, e ai nastri di partenza trovassero una novità degna del loro voto.