In pieno periodo di consultazioni, sembra covare dunque sotto la cenere, ma sempre meno nascosta, una grande tensione tra “Orlandiani” e “Renziani” all’interno delle (ormai varie) anime del Partito Democratico. La possibile partecipazione a un Governo a guida 5 Stelle sta forse non dividendo il partito, con la componente di maggioranza comunque decisa a restare “all’Aventino”, ma sicuramente sta portando al confronto molto aspro tra posizioni diverse. E lo scontro fra chi chiede di appellarsi al senso di responsabilità per appoggiare un futuro esecutivo, e chi ritiene che le elezioni abbiano inesorabilmente relegato il PD all’opposizione, si fa sempre più aspro. Ma le ultime dichiarazioni di Orlando parlano di un Renzi ancora attivo e pronto a tramare dietro le quinte, senza lasciare libertà di azione all’attuale segretario reggente Martina: e le conseguene di un possibile scontro a viso aperto tra queste due fazioni del partito potrebbero essere imprevedibili. (agg. di Fabio Belli)



MARTINA SMORZA LE TENSIONI

Prima Martina poi lo stesso Renzi tornano sul “caso” del giorno (anzi, degli ultimi due anni) ovvero la crisi del Partito Democratico: mentre si avvicina l’assemblea nazionale del 21 aprile dove si svilupperanno e sveleranno i progetti di candidature verso il Congresso (ad oggi, l’unico candidato è lo stesso segretario reggente), Martina ha cercato di mettere una pietra sopra alle tensioni scattate oggi tra Orlando e Renzi. «Chiedo di fermare le discussioni e le polemiche sbagliate e di rimanere concentrati sul nostro lavoro», spiega Martina, poi seguito a ruota dal coordinatore Pd, Lorenzo Guerini «Consiglierei a tutti, a partire da me stesso di darci una calmata. Siamo dentro una complicata fase d’avvio di legislatura in cui emerge con chiarezza l’arrogante debolezza dei presunti vincitori. Nello stesso tempo abbiamo davanti a noi, come Pd, scelte importanti che affronteremo in assemblea. Discutere se arrivare in assemblea con la decisione di indire il congresso o con l’elezione di un nuovo segretario non è una forzatura ma rispetto dello statuto».



I “SUSSURRI” DI RENZI

Renzi poi, secondo quanto riporta l’agenzia LaPresse, avrebbe confidato ai suoi senatori che la strategia dell’arrocco (ovvero l’andare all’opposizione e attendere le mosse suicide degli avversari) starebbe funzionando, aggiungendo «Per quanto mi riguarda non farò uscire pubbliche fino al 21 aprile quando parlerò in assemblea». Il nodo è come sempre il Movimento 5stelle e il rapporto-scontro che alcuni dem intraprendono rispetto alle proposte vaghe di Di Maio: rispetto a questo punto è ancora Martina a tentare la difficile unità dei dem, «Leggo che il capogruppo al Senato del Movimento 5 Stelle Danilo Toninelli ritiene il Pd “responsabile del fallimento delle politiche di questi anni”. È chiaro che queste parole dimostrano l’impossibilità di un confronto con noi. Finiscano con i tatticismi esasperati, con la logica ambigua dei due forni come se non contassero nulla i programmi e la coerenza ideale, e dicano chiaro se sono in grado di assumersi una qualche responsabilità verso il Paese». (agg. di Niccolò Magnani) 



LA REPLICA DI CALENDA E ANZALDI

Dopo le parole pronunciate ieri sera da Andrea Orlando, Ministro uscente della Giustizia, nel corso della puntata di Piazzapulita e a seguito dello scambio di battute avuto questa mattina dal Guardasigilli con alcuni giornalisti, si riapre lo scontro nel Partito Democratico non solo sulla linea da tenere in queste consultazioni ma anche sul ruolo e la leadership politica di Matteo Renzi. In sostanza, Orlando ha accusato l’ex segretario di continuare a condizionare la linea del reggente Maurizio Martina e, dunque, di ritirare quelle che a suo dire sarebbero dimissioni di facciata oppure di lasciar lavorare chi ora c’è al suo posto. A stretto giro, come era prevedibile, sono arrivate le reazioni prima di Carlo Calenda, Ministro uscente per lo Sviluppo Economico, e poi del parlamentare dem Michele Anzaldi. Nel primo caso, a proposito della svolta a sinistra vagheggiata dal Guardasigilli, Calenda ha twittato: “Mi sembrano frasi vuote. Ma sono l’ultimo arrivato, magari c’è un significato profondo che non colgo…” ha ironizzato, ricevendo subito la controreplica di Orlando che, usando il fioretto, ha scritto “Magari alle volte basta chiedere prima di twittare. Non mancherà occasione”. La polemica corre sui social perché poco fa anche Anzaldi, fedele di Renzi, ha usato Twitter per rispondere all’auspicio di Orlando: “Vorrebbe il ritiro di Renzi a vita privata come lo vorrebbero Salvini, Berlusconi e Bersani? Perché la classe politica ha così paura? Davvero un leader che ha ricevuto milioni di voti non deve aver diritto di esprimere delle idee e opinioni come senatore e cittadino?”. (agg. R. G. Flore)

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ORLANDO, “RENZI LASCI LAVORARE MARTINA O RITIRI DIMISSSIONI”

Pd: Orlando vs Renzi, acque agitate in casa dem. Dopo la legislatura al governo, tra fratture interne e gli scontri con l’opposizione, il Partito Democratico è stato sonoramente sconfitto alle elezioni politiche dello scorso 4 marzo 2018: poco più del 18 per cento, surclassato da Movimento 5 Stelle e Centrodestra, con la Lega vicina al sorpasso. La domanda che circola in casa Pd è sempre la stessa: il Partito Democratico è fallito? E, se sì, cosa succede ora? L’Huffington Post sottolinea che il Partito Democratico preconizzato da Prodi con l’Ulivo e battezzato da Veltroni al Lingotto non esiste più. Fallito il progetto di dare forma a un grande partito progressista contemporaneo e i colpevoli sono diversi: dagli stessi fondatori agli ultimi segretari, con il ‘rottamatore’ Matteo Renzi che ha deluso le grandi attese. E negli ultimi giorni sono proseguite le polemiche interne al partito: protagonisti Matteo Renzi, l’antagonista Andrea Orlando e il reggente Maurizio Martina.

PD: ORLANDO VS RENZI

Il giorno dopo la netta sconfitta alle elezioni politiche, Matteo Renzi ha deciso di rassegnare le proprie dimissioni da segretario del Partito Democratico. Tutto è passato nelle mani di Maurizio Martina, Ministro all’Agricoltura e vice-segretario, divenuto reggente fino alla nomina del sostituto di Renzi. E’ lui a rappresentare i dem alle consultazioni ed a gestire le trattative per la formazione del nuovo governo, ma non sono mancate le intromissioni di Matteo Renzi. Intromissioni che non sono piaciute all’interno del partito, in particolare ad alcuni suoi storici oppositori. Tra questi Andrea Orlando, ministro della Giustizia e suo sfidante alle ultime primarie: “Renzi deve decidere: se ritiene che la colpa di questa sconfitta non sia la sua, che sia la mia o dei cambiamenti climatici, allora deve decidere di ritirare le proprie dimissioni e continuare a esercitare il mandato avuto dagli elettori. Se invece, come ha detto, si assume non dico tutta la responsabilità ma almeno una quota significativa, e ne trae come conseguenza quella di arrivare alle dimissioni, allora deve consentire a chi pro tempore ha avuto l’incarico di poterlo esercitare”, le sue parole riportate da Repubblica. Un monito che certifica il clima di tensione in casa Pd…