Secondo Giorgetti, il “Gianni Letta” di Matteo Salvini, non vi sono grandi possibilità per i prossimi giorni: o si torna ad un contratto Centrodestra-M5s assieme oppure, continuando il veto di Di Maio su Berlusconi, si torna al voto (e in questo senso si trova concorde con il leader pentastellato). «Matteo Salvini è il candidato naturale alla presidenza del Consiglio, ma noi abbiamo sempre aggiunto che Salvini è disposto a guidare un Governo che abbia una solida maggioranza e una solida maggioranza in Parlamento, secondo noi, è fra il Centrodestra e il Movimento 5 Stelle», ha spiegato l’ideologo della “nuova Lega” in una intervista a Rtl 102.5. Giorgetti ha poi aggiunto come non serve al Paese in questo momento “sopravvivere” con governicchi senza veri numeri in Parlamento: ma dunque, chi ci guadagnerebbe di più al tornare entro l’anno al voto? Escluso Pd e Forza Italia che rischiano un nuovo tracollo, anche il Movimento 5 Stelle potrebbe non avere tutti i motivi per tornare alle Elezioni rischiando una situazione assai simile a quella del 4 marzo per vedere invece un balzo in avanti di Salvini che si presenterebbe a quel punto da leader del Centrodestra con molti più voti e una possibilità molto buona di formare un Governo “monocolore”.
DI MAIO, ULTIMO “APPELLO” AL SALVINI
Uno sfogo quello avuto oggi su Facebook nel giorno del Primo Maggio che di fatto è una continuazione di quello in cui ieri Luigi Di Maio dichiarava lo stallo perenne e il fallimento del contratto di governo “dei due forni” (Pd e Lega, ndr). Nel messaggio lanciato dal leader M5s a 54 giorni dalle Elezioni Politiche che ancora non vedono uno straccio di Governo come esito, Di Maio ha spiegato come «potevamo realizzare cose di buon senso, ci abbiamo provato ma i partiti si sono rifiutati di fare perché hanno preferito tenersi Berlusconi e Renzi piuttosto che cambiare tutto. Al voto il prima possibile!». Striglia Salvini, che però poi invita ad andare a braccetto al Colle per chiedere il voto a giugno (impossibile, per motivi meramente tecnico-legali) e ovviamente mette alla gogna tanto Berlusconi quanto Renzi, responsabili secondo lui del fallimento di queste trattative post-voto. Gli fa eco anche Roberto Fico, Presidente della Camera, amaro e deluso dalla situazione attuale: «La situazione è sotto gli occhi di tutti. I tentativi sono andati così come avete visto, ora tocca al presidente Mattarella. Io ho piena fiducia in lui».
LE IPOTESI DI MATTARELLA
Resta la forte irritazione del Quirinale per le ondivaghe posizioni del M5s (prima governo con Centrodestra, poi veto su Berlusconi, poi a braccetto con Salvini, poi dietrofront e invito col Pd, salvo poi mollarlo appena Renzi va in tv a dire quello che semplicemente pensa da anni, ovvero che Pd e grillini insieme non possono stare) e soprattutto per la “sparata” di voler andare al voto anticipato a giugno, quando tutti dovrebbero sapere che i tempi tecnici per la macchina elettorale e il voto degli italiani all’estero prevede almeno 60 giorni di tempo, dopo lo scioglimento delle Camere. Oggi, in occasione del Primo Maggio, il Capo dello Stato ha ricordato «Non mancano difficoltà nel nostro cammino. Tuttavia, dove c’è il senso di un destino da condividere, dove si riesce ancora a distinguere il bene comune dai molteplici interessi di parte, il Paese può andare incontro, con fiducia, al proprio domani». Nessun nome, ma tanti riferimenti a tutti i partiti e purtroppo anche tanta confusione in quello che ora il Colle è chiamato a sbrogliare dopo 55 giorni di stallo semi-totale: per Mattarella il rebus riguarda il possibile incarico di governo e le modalità di tempistiche verso le prossime, inevitabili, elezioni anticipate.
Il Colle non gradisce un governo di minoranza a Salvini e Cdx, vuole infatti che nasca un esecutivo in grado di avere sempre la maggioranza in Parlamento e non doverla ricercare volta per volta. Non fa impazzire neanche un governo breve tra Pd, M5s e/o centrodestra proposto da Renzi, ma resta sempre meglio di un esecutivo che non ha i numeri per poter governare. Poi c’è sempre il governo tecnico o “del Presidente” con lo spauracchio da evitare, secondo i più informati quirinalisti, che sono le elezioni ancora nel 2018. Mattarella vuole che ci sia un governo per poter approvare la finanziaria, rimandando così il nuovo voto ai primi mesi del 2019. Ai posteri (e al Colle) l’ardua sentenza, con lo stallo che ormai pesa molto più che le divisioni e i veti delle varie forze politiche..