Nelle stesse ore in cui il M5s concludeva l’accordo per andare al governo, l’uomo più odiato del movimento, la bandiera contro cui ha raccolto il proprio consenso, Silvio Berlusconi, è stato giudicato ricandidabile.

Il M5s non ha protestato contro l’assoluzione di Berlusconi e pare abbia dato assicurazioni per la vita delle sue aziende, il punto che sta più a cuore all’ex Cavaliere.



Per carità, da tempo abbiamo detto e ripetuto su queste pagine che i mezzi per restare al potere sono diversi da quelli per conquistarlo, ma occorre fare una transizione, spiegare, argomentare. Altrimenti sarà sempre più difficile farlo dopo, anche se questo è il mondo della post-verità, in cui l’affermazione di oggi non deve avere alcuna coerenza con quella di ieri, e la menzogna non esiste. Il cortocircuito dei racconti, l’antiberlusconismo feroce di ieri e l’arrendevolezza di oggi, no rischia solo di sfarinare il movimento ma anche la fibra morale del paese.



Ciò detto auguriamo al futuro esecutivo tutto il successo possibile, non per il M5s, ma per l’Italia. In tale prospettiva, sempre nelle stesse ore il presidente Sergio Mattarella ha preso sotto tutela il futuro governo.

Non ci saranno quindi leggi che sforeranno gli obblighi di bilancio, ha promesso il presidente, e ciò non per impedire a M5s e Lega di rifare la Ue o il mondo, ma per proteggere l’Italia dai suoi futuri governanti. Per questo probabilmente Mattarella ha di fatto anche avocato a sé la scelta del futuro premier e dei ministri.

Senza allora le impossibili flat tax, abolizione della legge Fornero e reddito di cittadinanza, come governerà il prossimo governo? Non ce la farà, è la conclusione facile. Per questo il Pd di Matteo Renzi, pur sconfitto, se la ride. Renzi pensa che franerà come sta franando l’amministrazione di Roma, sepolta tra le fiamme degli autobus, le buche delle strade, e il colpevole silenzio del sindaco. Ma sarà davvero così? Se i 5 Stelle saranno abbastanza astuti da seguire Mattarella, e non le fole della rete, le cose potrebbero andare diversamente. Dopo tutto Luigi Di Maio è un naufrago (e ciò è positivo) che sa di dovere sopravvivere a tutti costi e questa è la sua unica chance, diversamente da Virginia Raggi, miracolata sindaco della capitale.



Cioè gli M5s invece di governare devono farsi governare dal Quirinale. Forse lo faranno anche per tranquillizzare i tanti all’estero che sono incerti sui nuovi venuti al potere. In questa partita avrebbero un ritorno cospicuo, anche se forse sospetto: potranno partecipare alla grande spartizione del potere che comincerà fra poco con le nomine negli enti statali e alla golosa Rai. Come fa a riempirsi la bocca di meritocrazia — il nuovo mantra dei M5s — un uomo senza meriti come Di Maio? Probabilmente non sarà uno spettacolo edificante e certo sarà istruttivo per coloro che hanno votato il movimento pensando a una rivoluzione. Comunque, meglio così che il caos, l’Iva al 25 per cento e la troika che occupa Roma.

Non è chiaro come e per quanto tempo potrà funzionare questo artificio di equilibri molto precari, con Mattarella che guida attraverso i suoi un governo ombra.

Intanto un adulto nella stanza c’è e ha un nome, Matteo Salvini. È l’uomo, lo diciamo da tempo, che con la confusione, gli errori degli altri, potrebbe raccogliere tutto. Ma deve cambiare pelle, spostarsi al centro. Ai suoi elettori non piacciono gli immigrati oggi, come non piacevano i meridionali ieri, ma li vogliono per pulire la casa, il giardino e fare quei lavori con la mamma malata che in Italia non fa più nessuno. Cioè i suoi elettori sono il primo motore che assorbe l’immigrazione, oltre che schifarsene quando se la vede accanto al supermercato.

Il futuro così rimane molto incerto. In questi giorni l’elezione a capo del governo della Malaysia di Mohammad Mahathir a 92 anni (!!) rende possibile che prima del suo novantesimo compleanno Berlusconi, oggi ricandidabile, torni al potere.

Quindi Renzi ha poco da gioire. Se sotto l’ala di Mattarella il governo M5s-Lega non va a sbattere, i consensi del Pd potrebbero diventare come quelli del partito repubblicano di una volta, molto chic ma irrilevanti.