Non è una novità e anche su queste stesse pagine lo andiamo dicendo da tempo: il Pd potrebbe non essere più la casa di Matteo Renzi, specie vedendo la distanza sempre più enorme che intercorre tra la parte moderata renziana dentro al Partito Democratico e l’area più di “sinistra” che guarda con interesse alle battaglie di Potere al Popolo, LeU e ovviamente anche del Movimento 5 Stelle (desalvinizzato). Oggi sul Giornale Augusto Minzolini prova a tradurre in pratica e scenario tale “impressione”, guardando da destra la possibile cavalcata dell’ex premier verso un futuro non tanto lontano di una grande forza moderata da contrapporre ai populismi (Lega-M5s) e alla sinistra statalista. Con i dovuti ritocchi “temporali” e di “metodo”, quanto Minzolini vede nel possibile “nuovo partito” da lanciare per Renzi non si discosta di tanto dalla tentata rivoluzione liberale di Silvio Berlusconi del 1994. Quella fascia di voti resta sempre scoperta e oggi non intende più dare fiducia all’ex Cavaliere: che sia proprio Renzi a guadagnarsi quell’eredità di intenzione elettorale (e si spera con migliori risultati, ndr)?
Secondo Minzolini, «Mentre grillini e leghisti danno l’ assalto al Palazzo per ridisegnare la geografia del Potere in Italia; mentre il terremoto che ne consegue sta cambiando la geografia del politica Paese, scomponendo e ricomponendo alleanze e soggetti politici; ebbene, mentre il mondo di ieri tramonta e il nuovo è pieno di incognite, il Pd continua dilaniarsi nelle lotte interne, sulla questione amletica, intimista, per non dire masochista: Renzi sì, Renzi no». Il fiorentino sarebbe stufo di questa situazione e medita lo strappo: «Hanno di nuovo discusso di tematiche interne, il solito canovaccio di tutti contro Matteo. Anche se io ho fatto di tutto per evitarlo: avevamo i numeri per vincere, ma ho impedito la conta, non sono stato divisivo; e loro, invece, di nuovo a sparare contro il sottoscritto. Solo che hanno sbagliato Matteo. Sono sconfortato, ma ormai ho deciso: siamo al punto di non ritorno, ognuno per la sua strada», sarebbero le parole di Renzi in confidenza ad alcuni dei suoi.
LA “PROFEZIA” DI MINZOLINI
La possibile “creatura” che starebbe pensando Renzi vede nei primi mesi del 2019 la possibile nascita: con modelli importanti come l’En Marche di Macron e Ciudadanos in Spagna, secondo Minzolini, il momento per “trarre il dado” è quasi pronto. «Qualcuno dirà che è troppo tardi, altri che è troppo presto, ma ormai il meccanismo si è messo in moto. Le due anime del Pd, o di quel che ne è rimasto, stanno volando verso la scissione, o meglio, l’ anima renziana punta a rinascere in un nuovo soggetto politico», scrive sul Giornale l’ex direttore del Tg1. Le tappe principali sono già “scritte”: la Leopolda in autunno 2018, creatura nel 2019 e tutto pronto per le elezioni europee dei prossimi mesi (in primavera 2019). Un’uscita “consensuale” dal Pd dove ci sarebbe anche già l’accordo sullo spartirsi le Fondazioni che mettono i soldi necessari per i progetti politici; la volontà sarebbe quella di opporsi al “populismo No-xxxx” di ogni qualsivoglia tipo. No Vax, No Tap, No Tav e chi più ne ha ne metta: Renzi vuole svoltare e provare un lancio di quel Partito della Nazione sempre sognato ma mai realmente raggiunto con il Pd. Contro di lui, al momento, i sondaggi e consensi personali pessimi, ma in politica si sa tutto può davvero cambiare nel giro di pochi mesi, specie se si va a costituire una forza politica che sia alternativa tanto ai populismi quanto agli statalismi. «L’assemblea di sabato è il commento laconico consegnato ai suoi da Renzi quel giorno – è stata uno spartiacque. Anche chi aveva sempre difeso con le unghie l’ idea di restare nel Pd», riporta Minzolini del Renzi-pensiero. Fanta politica o possibile scenario realizzabile?