Entro il mese di maggio scade il termine per la presentazione delle candidature a far parte del CdA della Rai. Con una precipitazione un po’ eccessiva, che denota l’ansia di farsi notare dalla nuova classe di governo, si sono fatti intervistare in merito due pezzi da novanta della storia della tv italiana: Carlo Freccero e Giovanni Minoli. Chi se ne intende non può far a meno di osservare che entrambi non si candidano evidentemente al ruolo di semplice consigliere (Freccero lo è già nell’attuale CdA), ma alla presidenza. Esprimendo con questo una sfrenata ambizione capace di annebbiare anche menti superiori come le loro. Possibile che non sappiano che con la riforma che è stata fatta (e Freccero ne dovrebbe sapere qualcosa) i consiglieri praticamente non toccano palla, e il presidente svolge soprattutto un ruolo di rappresentanza?
A leggere le loro interviste si rimane colpiti dallo sbandieramento di successi passati legati a mansioni eminentemente operative e direzionali che oggi sono del tutto precluse ai consiglieri. Ma tant’è. Nelle sempre più assidue presenze a Otto e Mezzo, in mezzo a una quantità industriale di “in qualche modo”, Freccero si fa presentare come massmediologo, scoprendo improvvisamente quanto sia importante il servizio pubblico, e lanciandosi (lui, già nominato dai grillini) in entusiastiche previsioni di futuri grandi successi elettorali per la Lega, proprio lui che si è sempre vantato di esprimere e rappresentare istanze di sinistra. Ben assecondato in questo da Lilli Gruber, che potremmo oramai definire la trombetta del potere. Dopo aver osannato e difeso a lungo a oltranza Renzi e i suoi, in poche ore, infatti, è stata capace di mostrare un’improvvisa e prepotente stima per il governo nascente. Ai tempi del fascismo, riguardo a simili comportamenti, il popolino diceva: “Viva la Franza, viva la Spagna, purché se magna”.
Le capacità di Minoli sono indubbie, certamente anche quelle di visione: indubbiamente il progetto di “Un posto al sole” è stato uno dei suoi migliori successi. Ma a quanto tempo fa risale? Ecco il punto: Minoli e Freccero sono in realtà alfieri di una tv che sta morendo per anzianità, e Minoli lo dimostra plasticamente a La 7, riproponendo ogni settimana il suo vecchio modo di fare le interviste televisive, nel format, nelle riprese, nel mettere sempre e soprattutto avanti se stesso. Varie volte il decano dei critici televisivi Aldo Grasso ha fatto notare questa sua smisurata ambizione di voler fare tutto, il che è l’esatto contrario di quello che dovrebbe fare un buon amministratore. Su di lui pesa poi l’eterno conflitto di interessi a causa della parentela che lo lega alla presidente della Lux Vide, uno dei più grandi fornitori di fiction della Rai.
A proposito di questo conflitto, giova ricordare cosa veniva scritto il 15 gennaio di quest’anno sulla rubrica di Dagospia Dagonews: “Oltre la marchetta! Minoli sforna un servizio in gloria della Lux Vide di sua moglie Matilde Bernabei. Solo che non lo dice. A Faccia a Faccia vanno in onda 10 minuti di miele sulla società di produzione fondata dal suocero, diretta dalla moglie e dal cognato, e per cui lavora anche la figlia”. Yoda non può che rimanere sorpreso per le ambizioni dei due, e si domanda: per quale motivo il nuovo che avanza dovrebbe affidare le sorti del servizio pubblico nell’era del web a due valorosi ma ampiamente sfruttati tromboni capaci di suonare solo gli arrangiamenti di un’epoca che non c’è più?