Sì, il panico dei mercati si è arrestato forse per qualche ora, con il ritorno alla disponibilità a formare un governo di Lega e M5s, ma ancora non è affatto chiaro come ne uscirà l’Italia da tutto questo. Di certo tutti ne sono rimasti feriti, tranne la Lega di Matteo Salvini.
Mentre infatti le Borse ballavano un tragico rock&roll sulle notizie dell’ingovernabilità italiana, i vari partiti sembravano girare intorno all’incendio che era scoppiato, senza tentare di domarlo.
M5s ha minacciato l’impeachment del presidente Sergio Mattarella, come se oltre alle quasi certe elezioni del parlamento il paese dovesse infilarsi anche in un’altra crisi istituzionale con la scelta di un nuovo Capo dello Stato. Si faceva meno danno a urlare “tutto il potere ai Soviet”, almeno quelli si sa che cosa sono.
Il Pd, in cerca di un leader, e forse anche di una testa, ha sollecitato un “partito del presidente”, come se Mattarella, già provato, dovesse essere ulteriormente azzoppato nel ruolo di capo di mezza Italia, non di tutta, come è e deve essere. Cioè il “partito del presidente”, come il partito, del re, dello zar eccetera nei momenti rivoluzionari, non aiuta il Capo dello Stato in crisi, lo riduce a una parte e quindi ne facilita e accelera l’eliminazione.
Forza Italia ha brillato e brilla tuttora per assenza, come se avesse già smesso di esistere, e quindi proclamando di non sapere cosa fare.
E qui Salvini si è eretto a padre della patria, dicendo in sostanza che Mattarella ha sbagliato, ma va tutelato.
Per lealtà profonda al presidente italiano occorre dire che è stato forse mal consigliato. Se è vero che le maggioranze in parlamento non si possono fare senza tenere conto delle forze esterne (mercati e non) che sono a favore delle forze del “vecchio sistema”, neanche è possibile ignorare che la maggioranza dell’Italia è per partiti contro il vecchio sistema. Tra le due occorre trovare un equilibrio, che Mattarella ha strenuamente cercato per mesi, solo che all’ultimo momento forse ha perso un attimo di lucidità. Non ha visto che la scelta di Paolo Savona all’Economia era già una mediazione di M5s e Lega verso il sistema. Senza questa mediazione (che come abbiamo scritto poteva esspartitoere ancora mediata dal premier e dal presidente) saltavano molte cose.
Le mediazioni, i compromessi che si cercano in queste ore, mentre si avvicinano gli scenari apocalittici di cui avevamo scritto una settimana fa sono il frutto di un nuovo approccio di Salvini. Ove Mattarella traballa, Salvini lo sorregge. In questo è più presidenziale, più uomo di Stato di chi in questi giorni voleva schierare il presidente in una contesa elettorale contro una parte dell’Italia. La cosa avrebbe dimezzato subito il presidente e portato forse alle sue dimissioni dopo che le elezioni si fossero espresse a maggioranza per partiti “contro” di lui.
In questo passaggio istituzionale Salvini è diventato il polo d’Italia, smettendo gli abiti dell’arruffapopolo.
Bisogna solo capire se e quanto con questo è anche disposto a prendere le distanze da certi facili slogan del passato, e da alcune sue trascorse liaisons dangereuses. Cioè Salvini poteva permettersi anche di “fare la faccia feroce” per prendersi i voti. Ma ora che tutta l’Italia gli è caduta in braccio deve essere uomo profondamente di centro. Altrimenti tutto il credito guadagnato rischia di evaporarsi altrettanto rapidamente.
Se Salvini infatti ha il polso dell’interno, è l’esterno che ancora gli manca, e che gli serve, perché è l’altro pezzo fondamentale del puzzle italiano.