L’ultima cosa che mi sarei augurato era un governo di Lega e M5s. Non avrei mai immaginato il peggio, e cioè che un tal governo con premier, programma e maggioranza non vedesse la luce per il dissenso del Presidente della Repubblica. Ma mi son dovuto convincere che al peggio non c’è fine: la riapertura, che sembra profilarsi, di una trattativa con al centro nuovamente la Lega mi sembra la Caporetto della politica e delle istituzioni, una Caporetto… senza il Piave.
Non mi interessa molto entrare nella diatriba sui poteri del Presidente: sull’articolo 92 si scaricano due indicazioni costituzionali di per loro antinomiche, la composizione delle quali è ben più complicata di quel che il dibattito scatenatosi sui media possa fare immaginare.
Quel che, invece, non si può tacere è che la giustificazione che in difesa dell’operato del Presidente i media e i loro costituzionalisti si erano affrettati a dare (e cioè che l'”attentato alla Costituzione, che andava scongiurato, non stava nel nome di Savona bensì in un programma che, di per sé, metteva a repentaglio i Trattati”), crolla di fronte alla “revoca” dell’incarico a Cottarelli e ad una riapertura al governo degli “sfascisti”.
Si potranno spendere le argomentazioni più ardite, ma niente può evitare la seguente alternativa: o aveva ragione Mattarella ad impedire la formazione di un governo di “sconsiderati” — e allora non si vede come possa tornare a dar loro un incarico —; ovvero avevano ragione gli “sconsiderati” a presentarsi come quelli cui per ragioni squisitamente politiche, e principalmente esogene, si era provato ad impedire l’accesso al governo — e allora l’operato di Mattarella difficilmente può non sembrare imbarazzante. L’unica cosa che non si può seriamente sostenere è che Salvini, con o senza Di Maio, abbia cambiato natura nel giro di una notte: neanche Paolo sulla via di Damasco.
Ormai è fatta e non resta che aspettare. Tuttavia, può giovare interrogarsi su quel che significa quanto è accaduto e su quel che può accadere.
Che cosa significa? Piaccia o no, almeno due cose.
La prima è che, comunque vada, si è manifestato un “veto” sulla politica economica di questo paese, che suona così: è impossibile non tanto sganciare il paese dall’eurozona (cosa che nessuna persona di buon senso si augurerebbe e che non sembra verosimile ascrivere, non alla propaganda, ma alle reali intenzioni del M5s e della stessa Lega, e comunque alle loro reali possibilità politiche attuali), quanto, addirittura, discutere della politica economica della Ue in modo aperto e operativo e non semplicemente “a parole”. Il “veto su Savona” non ha inteso scongiurare un pericolo che non c’era, ma ha voluto sancire che a Bruxelles si può andare solo avendo prestato “servo ossequio” alle sue irretrattabili regole (che è cosa diversa dal rispettarle finché non siano state cambiate) ed aver fatto apologia dei suoi sussiegosi riti. Il messaggio che quel che è accaduto veicola nella comprensione dei più è, allora, uno solo, che votare non serve o — meglio — non serve ai fini di quel che conta.
La seconda cosa è che gli italiani ne escono con la percezione di essere una “colonia”: tutti sanno che quel che ha detto il commissario europeo Günther Oettinger è semplicemente quello che pensano, e praticano, a Berlino. E’ solo l’inevitabile conseguenza della sottoscrizione dei Trattati? Ovvio. Ma il vulnus, e gravissimo, sta nella pretesa che di essi non si possa neanche discutere e chiedere che una loro concordata riforma sia posta, infine, all’ordine del giorno. Vietato non è trasgredire (come è ovvio), ma solo pensare diversamente. E questa non è una questione di “sovranismo”, ma una questione di democrazia e di libertà, quella minima di un paese di pensare e di operare nelle regole per il proprio futuro. La cui salvaguardia, perciò, non andrebbe certo lasciata nelle mani della destra.
Si dice: l’Europa non c’entra, sono i mercati che mandano i loro segnali. Intanto nessuno dice che, secondo l’annuncio dato a gennaio, gli acquisti di titoli da parte della Bce si sono già dimezzati e che se una merce ha meno acquirenti è inevitabile che si svaluti, con il conseguente innalzamento di spread e tassi sui nuovi titoli. E poi questo, alla fine, cambierebbe poco: invece che dell’Europa l’Italia sarebbe colonia del capitale finanziario e votare rimarrebbe inutile lo stesso.
Che cosa può accadere?
Se si arrivasse al varo di un governo giallo-verde o a guida leghista col sostegno di FI e FdI e l’astensione “responsabile” del Pd, la Caporetto della politica e delle istituzioni difficilmente sarebbe scongiurabile: sarebbe un governo sul quale graverebbe il sospetto di aver barattato le proprie ambizioni sociali per qualche poltrona e istituzioni sulle quali graverebbe un imbarazzo difficile da cancellare.
In alternativa, c’è solo un prossimo (o comunque solo rinviato) confronto elettorale che si incentrerà sulla paura. La paura di chi si vede scivolare in basso, di chi vede rese precarie le proprie condizioni materiali e spirituali di esistenza e sente di perdere la speranza per sé e soprattutto per i propri figli ad una vita appena dignitosa. Contro la quale se ne susciterà un’altra, quella del crollo dei debito pubblico, dell’impazzimento dei mutui, di un’inflazione che impoverirà i poveri e li condurrà alla fame. Insomma: chi pretende di aspirare ad una vita appena dignitosa, deve sapere che sarà schiacciato nella povertà e nel disastro.
Questa è semplicemente la fine della politica e preannuncia l’agonia della democrazia. E’ una tragica beffa che a sua paladina vedremo ergersi la Lega di Salvini: se non fosse che chi gli si contrappone, spiace dirlo, mostra di non crederci molto di più.
Ma una beffa ancora più grande sembra quello che a tutto questo seguirà.
Molti dicono che Salvini sia andato al Quirinale con il disegno di rompere. Sembra abbastanza plausibile. Ma proprio per questo avergli permesso di dire “ci è stato impedito di governare” e di farglielo dire nel nome di un ministro, cui tutti riconoscevano competenza e abilità, può sembrare miope e delittuoso.
All’evidenza, la speranza di quanti hanno operato per questo pasticcio è quella di andare proprio ad un confronto sulle paure (mascherato da “referendum” sull’Europa) e che, alla fine, la paura di cadere dal male in peggio costringa gli elettori a desistere dalle loro “velleità” di riscatto: insomma, il dispositivo che (in ben altre condizioni) ha premiato Macron ed ha seppellito la sinistra.
A parte il costo, grave e irrecuperabile, che la politica della paura presenta per la democrazia, questa strategia non fa i conti con l’oste. E l’oste è Salvini, del quale tutto si può dire, meno che sia fesso.
Salvini, alla fine, sfuggirà all’abbraccio elettorale col M5s e riproporrà l’alleanza del Centrodestra. E questo bloccherà su questa alleanza buona parte dell’elettorato che si vorrebbe in fuga per paura (il traguardo è a non più di 4 punti percentuali).
Berlusconi farà il gran rifiuto? Certo vorrebbe, ma qualsiasi serio analista sa che difficilmente può farlo (le giunte di Lombardia, Veneto, Liguria, ecc.) e che, se lo facesse, recupererebbe ben poco del suo elettorato di un tempo (e comunque non abbastanza per vincere in un’eventuale alleanza col Pd, nella quale, da un lato, non tutti gli elettori rimastigli lo seguirebbero e che vedrebbe, dall’altro, il Pd subire ulteriori emorragie).
Il M5s, per forza di cose, dovrà contrapporsi al centrodestra e potrà farlo solo con molto imbarazzo e moltissima difficoltà. Ma, quale che sia l’emorragia che potrà subire, nessuno può mai seriamente immaginare che perda tanto da consegnare la maggioranza degli elettori e del Parlamento al Pd.
Il Pd assumerà le vesti di un “Fronte repubblicano”. Ma solo gli ingenui possono pensare che vi ritorneranno in molti fra quelli che se ne sono ormai disamorati: si troverà ingabbiato dentro un’ortodossia europea più forte di prima e vedrà per sempre affossata qualsiasi sua residua identità di sinistra. Sicché la prospettiva di recuperare i circa 20 punti percentuali che, nella migliore delle ipotesi, gli mancano sembra piuttosto inverosimile.
Certo, può sempre accadere che facciano salire lo spread a 500: dalla paura al terrore aperto. Ma che Italia sarebbe quella che ne uscirebbe?
Risultato? Salvo catastrofi, Salvini presidente del Consiglio a capo del centrodestra, e sempre con la via di fuga di una nuova alleanza con il M5s (a questo punto ancor più subalterno).
Potrebbe contrastarlo, forse, solo una alleanza di M5s e Pd all’insegna di una nuova solidarietà (il reddito di cittadinanza contro la flax tax della destra), che, però, non si capisce proprio come mai possa comporsi quando prima è stata spietatamente avversata (da chi questa situazione ha pervicacemente voluto).
Ma com’è che queste cose assolutamente ovvie non siano state considerate dai molti che a tutto questo hanno lavorato? E’ stato detto: “Dio rende ciechi coloro i quali vuole perdere”. Ma qui il buon Dio non c’entra. C’entra un limite, che è abbastanza comune (ai potenti e ai loro campioni e alle avanguardie rivoluzionarie), l’ostinata e fallimentare illusione che il mondo sia come si vorrebbe che fosse invece di come è in realtà.