Il sindaco di Milano Beppe Sala sarebbe già ora un candidato valido a “premier del Presidente”, nell’assoluta penuria di figure utili a sbloccare l’impasse post-elettorale (a parte alcuni giudici costituzionali di lungo corso e identikit per ora riscontrabili solo nell’ex ministro del Lavoro, Enrico Giovannini). Perfino il leader della Lega, Matteo Salvini – che due anni fa avrebbe potuto essere lo sfidante di Sala per Palazzo Marino – ci penserebbe probabilmente a lungo prima di dire di no al top manager di Expo 2015: che più di un osservatore pronosticava all’epoca come candidato sindaco del centrodestra. E che avrebbe forse potuto imporsi anche come candidato indipendente.
Totalmente bipartisan, del resto, è stato l’Expo di Milano, o meglio: no-partisan: civico-ambrosiano, modello “Milano-non-da-bere”. Una svolta concepita e costruita da Letizia Moratti e poi realizzata da Sala in continuità mentre a Palazzo Marino è succeduto Giuliano Pisapia: e senza, fra l’altro, eccessive concessioni a Matteo Renzi, che durante il semestre dell’Expo era nel suo periodo aureo e non ha lasciato sul tavolo neppure una briciola di effetto-immagine.
Vincoli di regulation a parte, Sala è in teoria già candidato ad altri ruoli-chiave nel sistema-Paese: ad esempio la successione al vertice della Fondazione Cariplo, che il presidente Giuseppe Guzzetti inizierà a preparare dopo il congresso Acri di giugno (ancora una volta: la Lega egemone nelle Province Lombarde ostacolerebbe Sala? La partita è appena all’inizio e si concluderà solo nel 2019; ma a oggi di nomi – rigorosamente milanesi – davvero accreditati ne circolano pochissimi o nessuno: a parte quello della stessa Moratti).
Nel frattempo Sala mostra di esercitare in modo impeccabile i suoi ruoli di uomo politico e di governo: proprio quando il Paese è senza governo e le forze politiche paralizzano un Parlamento neo-eletto ai limiti della sostenibilità democratica. A nessuno è sfuggita l’uscita del sindaco di Milano a fianco del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti: altro raro esponente del Pd vincente in un confronto elettorale di primo livello malgré l’appartenenza al partito guidato da Renzi. Hanno proposto un cantiere rifondatorio del Pd attraverso la nomina di dieci saggi. Hanno detto – senza giri di parole – che il Pd deve guardare al prossimo appuntamento elettorale (vicino o meno) ripartendo dalla politica, non dal suk dei tatticismi politicisti cui la Repubblica è ridotta da una legge elettorale sbagliata e dagli aventini personalistici di Renzi e Silvio Berlusconi. Un atto di onestà politica ulteriore, certamente da parte di Sala: che vuole, evidentemente, concorrere democraticamente all’incarico di primo vero premier della Terza Repubblica.