Continuano, con il 10 giugno 2018, in queste elezioni comunali, le scosse di assestamento dopo il grande terremoto del 4 marzo. Ma si intravede,  a risultati ancora iniziali, una sorta di maggiore tenuta, di sostanziale consolidamento, in questo momento, che lascia spazio a qualche considerazione.

La prima è quella di una minore partecipazione al voto, non solo rispetto alle ultime politiche, ma anche in relazione alle precedenti amministrative.



Dopo questa premessa, che alla fine però è doverosa per marcare una partecipazione popolare che continua a diminuire quando si va a votare i rappresentanti locali, occorre trarre un primo bilancio su questo voto dopo la costituzione del primo governo giallo-verde, cioè nato dalla coalizione contrattuale tra M5s e Lega.



C’è infatti un elemento politico consistente che caratterizza tutta questa fase politica italiana: il Movimento 5 Stelle, nel momento in cui deve dimostrare il suo radicamento politico e amministrativo quasi scompare, rimane una comparsa nel migliore dei casi, raramente guadagna persino un ballottaggio ed è lontano dagli altri partiti. 

Di fatto il movimento fondato da Beppe Grillo e ora condotto dal vicepremier Luigi Di Maio appare come una sorta di grande bacino di rivolta nazionale, di reazione alla politica che si fa in Parlamento, solo in un dato momento, ma che non si inserisce per il momento nel tessuto delle amministrazioni comunali italiane, nelle parti più importanti della realtà sociale italiana.



Il M5s è come un ricorrente “momento di grande protesta”, ma non si capisce, in questo modo, quale reale alternativa possa portare nella realtà italiana.

Un altro elemento di riflessione è la tenuta a Nord del Partito democratico, con un significativo successo a Brescia, che è la seconda città della Lombardia. Qui, in controtendenza rispetto ai cattivi risultati di questi anni, il Pd si consolida anche in percentuale di votanti e conferma l’amministrazione uscente.

Il fatto è importante, anche se certamente va inserito nel contesto generale di quanti sindaci, dopo la tornata elettorale, resteranno al Pd.

Ma con questa conferma bresciana, vi è da dire che il contraltare rimasto nella politica italiana non è una coalizione di centrodestra o una coalizione giallo-verde, ma un grande rimescolamento dove alla sinistra del Pd si contrappone di fatto, almeno dai risultati emersi sinora, soprattutto la Lega. E’ come se le coalizioni si asciugassero e perdessero peso.

E’ grazie alla Lega infatti che il centrodestra riguadagna Treviso e probabilmente anche Vicenza e Sondrio. Ed è sempre grazie alla Lega che il centrodestra riesca a sfondare nel centro Italia. 

A Siena c’è il rischio che il centrodestra vada al ballottaggio, ma il fatto clamoroso è il risultato di Terni, una città operaia, dove la Lega raggiunge il 30 per cento e in coalizione sfiora il passaggio al primo turno superando il 50 per cento, mentre il Pd diventa marginale.

E anche in altre zone del centro Italia e del Sud, la Lega non è più una comparsa come il M5s, ma una realtà che lentamente si consolida e si allarga.

Il bilancio al momento è forzatamente impreciso e incompleto (gli scrutini devono terminare) e il bilancio definitivo è ancora lontano. Si possono solo vedere le tendenze di una politica che, anche attraverso le consultazioni locali, è contrassegnata da una incertezza incredibile. La vicenda italiana è tuttora in fase di grande assestamento ed è difficile prevedere che cosa accadrà in futuro.