Le preoccupazioni internazionali sui nuovi governanti M5s-Lega probabilmente vanno ben al di là dei sospetti adombrati sulla lealtà all’euro dei neoministri Paolo Savona e Giovanni Tria.

Il governo non ha ancora cominciato a governare. Agli Interni e allo Sviluppo economico non ci sono stati passaggi di consegna tra ministri. Passi per lo Sviluppo, che non è poi fondamentale; è più grave per gli Interni, la cui struttura è deputata a tenere in piedi il paese. In realtà gli apparati M5s-Lega, sono rimasti in campagna elettorale, che si è conclusa con il voto amministrativo di domenica.



I leader della Lega Matteo Salvini e quello del M5s Luigi Di Maio sapranno convertirsi in uomini di governo? Il loro predecessore Matteo Renzi del Pd, colui che con i suoi sbagli di fatto li ha portati al potere, soffriva sostanzialmente dello stesso male: bravissimo in campagna elettorale e nella “promettite” acuta (anche se con promesse diverse: cambiare l’Italia in cento o mille giorni), molto meno nella realizzazione.



Peggio del Pd però, Lega e M5s non hanno apparati, una vera classe dirigente. La Lega certo ha amministrato localmente e bene, ma solo una parte del nord, l’Italia è un’altra cosa. Il M5s nemmeno questo. I due si preoccupano di parlare bene della Russia, paese fuori dalla Ue e dalla Nato, ma attaccano la Germania, l’alleato più stretto e maggiore partner commerciale italiano; si dimenticano dell’America, maggiore alleato politico italiano e con questo del resto del mondo.

Queste dimenticanze spiegano le fughe di capitali dall’Italia e lo spread che ha ripreso a salire e che a luglio-agosto (quando gli scambi sui mercati sono deboli e le occasioni di speculazione si infittiscono) potrebbe impennarsi. Sempre a luglio-agosto, quando il mare è calmo, cresce di solito l’ondata di profughi dalla Libia. Quelli non è facile affrontarli con gli slogan, né con facili dichiarazioni di chiusure di porti. Occorre un lavoro vero con i governi dell’Africa e della Ue, cosa che è cominciata con il piede sbagliato accusando la Tunisia (un amico in questo frangente) e schierandosi con l’Ungheria, oggi a sua volta isolata.



Davanti a questa debolezza del governo c’è poi lo scioglimento dei partiti tradizionali. Pd e FI sembrano dissolti. Continuano a chiedere: dove sono le coperture per le promesse elettorali?, senza rendersi conto che è questa domanda ad avere portato M5s e Lega al potere. I loro elettori sono realisti, vogliono l’impossibile, come proclamava uno slogan del ’68. Non si sono fatti fermare dalla domanda sulle coperture prima, non lo faranno adesso.

Se tutto va alla malora con una crisi d’estate o a fine anno, i giallo-verdi potrebbero spingere l’acceleratore della crisi sociale dando tutta la colpa agli altri, agli stranieri, ai nemici del popolo, oppure spaventarsi e ritirarsi, ma a quel punto è difficile che in campo tornino il vecchio Pd di Renzi e FI di Silvio Berlusconi. Facile invece che emergano nuove forze ancora più radicali. È stato così in tutti i momenti di grande trasformazione nel mondo.

Questo lo scenario che si apre questa settimana, quando i giallo-verdi saranno senza la scusa di prossime elezioni e dovranno attrezzarsi sul serio. Così, quasi paradossalmente rispetto alle accuse, Savona e Tria sono di fatto l’àncora di stabilità e di speranza. La speranza è che questi signori, che sono parte dell’establishment, riescano a traghettare effettivamente i giallo-verdi verso le istituzioni e non si trasformino invece in grimaldelli per distruggerle.