Secondo Sergio Romano — diplomatico di gran carriera, saggista e arbiter geopolitico sulle colonne del Corriere della Sera — sarebbe buono e giusto che l’Austria insistesse sulla richiesta di assegnare un secondo passaporto ai cittadini italiani di origine tirolese e di lingua tedesca. E sarebbe consigliabile che l’Italia — quella supposta “sovranista” del neo-copremier Matteo Salvini — acconsentisse volentieri.
Il corsivo è arguto e perfino godibile laddove volteggia sul ghiaccio duro e gelido del governo sovranista e xenofobo in carica a Vienna. Quando ricorda che il voto agli italiani all’estero fu sostenuto “con passione” dall’ex repubblichino Mirko Tremaglia. Quando, infine, chiosa con nonchalance: “Lo stato nazionale di tipo risorgimentale è scomparso” (sic, da parte di un ambasciatore-letterato la cui opera ideologica resta: Storia d’Italia dal risorgimento ai giorni nostri). Il tutto è finalizzato, comunque, all’ultima riga: il doppio passaporto agli altoatesini (pardon, ai sudtirolesi) “a me sembra un progresso”.
L’89enne Romano, nel suo buen retiro nelle Crete Senesi, sa indubbiamente cogliere ancora l’attimo. E alla fine della settimana dello scontro fra il vicepremier italiano Matteo Salvini e il presidente francese Emmanuel Macron, il vecchio notabile cosmopolita non mostra esitazioni. Nella perfetta ortodossia dell’Italia elitaria (risorgimentale…), è sempre il governante nazionale ad risultare “vomitevole” rispetto a quello estero: per di più se è “sovranista” e “popolare”, cioè se insiste sulle parole d’esordio della Costituzione repubblicana del 1948 (scritta in modo evidentemente “vomitevole” da Dc, Psi e Pci nel dopo-fascismo, vogliamo dirlo settant’anni dopo?).
Fortuna vuole — sottolinea Romano — che il premier austriaco Sebastian Kurz si stia muovendo “con prudenza” di fronte alle spinte del partner di governo Fpo, erede di Jorg Heider nell’ultradestra. E poi Kurz “dice di volere agire d’intesa con il governo italiano, ma il problema resta sul tavolo etc. etc.”. Cioè: l’idea è buona perché tutto fa brodo nel contrastare Salvini, peccato che a sostenerla sia un altro sovranista assai più xenofobo di Salvini (sarebbe meglio un socialista come il neo-arrivato spagnolo Sanchez, ma chissà). Non una parola, ovviamente, sull’asse (ovviamente altrettanto “vomitevole”) fra Italia (del Nord), Austria e Baviera (e Ungheria) che sta facendo vacillare il governo Merkel, sovranista tedesco in Europa. Eppure, forse, meriterebbe almeno un pamphlet riflessivo da parte del diplomatico Romano. Il quale — probabilmente — ha letto poco le trascurabili cronache del Corriere della Sera, che pure a Bolzano ha un’edizione locale.
Quattro mesi fa quel brandello di Europa etc. etc. che grazie ai fondi per l’autonomia vanta la più alta spesa pubblica locale per residente, ha condiviso una fetta del suo voto etnico,”mini-sovranista”, con il Pd di Matteo Renzi. L’obiettivo era eleggere nel Parlamento italiano, in rappresentanza della Südtiroler Heimat, una giovane avvocatessa di Arezzo, fino ad allora tanto potente quanto discussa.
Maria Elena Boschi è risultata eletta, ma non prima che il governo Renzi mostrasse generose attenzioni all’area, anzitutto rinnovando — in via breve — una concessione miliardaria per l’austostrada del Brennero, l’ennesima prebenda-sinecura pretesa dagli altoatesini per restare in Italia. E’ stato così che il 4 marzo i collegi altoatesini hanno eletto un raro parlamentare del centrosinistra nel Nord Italia. Invece a Trento — patria di Alcide De Gasperi, già “doppio deputato” a Vienna e a Roma padre della Repubblica e firmatario degli accordi post-bellici fra l’Italia ex fascista e l’Austria ex nazista — la Lega di Salvini è invece ormai il primo partito.
E’ comprensibile che Sergio Romano e l'(ex) establishment che rappresenta sia contrariato e preoccupato: ma per battere Salvini — in democrazia d’intende — non basta ripetere con sussiego narrazioni superate. Ammesso che siano mai state intellettualmente oneste.