Non vedo, non sento, non parlo. Voto a favore, mi astengo, voto contro.
Le posizioni assunte in parlamento dai partiti del cosiddetto centrodestra la dicono lunga sulla reale coesione di un’alleanza che se da un lato è stata messa in difficoltà dal ritorno ad una legge elettorale di stampo proporzionale senza premio di maggioranza, dall’altro da troppo tempo mostra la corda ed esprime più che differenze di contenuti e valori, che pure ci sono, un’irriducibile insofferenza reciproca tra le personalità che ne detengono la guida.
Il feeling manifestatosi in questi giorni tra Salvini e Di Maio non trova paragoni nel rapporto del primo con Meloni e Berlusconi. Il fuorionda in cui
il segretario leghista gratifica il capo politico dei 5 Stelle di un “se va bene a Di Maio va bene anche a me”, avrà convinto non poco i due rappresentanti residui del “vecchio centrodestra” che “uniti si vince”, come recitava lo slogan scelto per la campagna elettorale, ma divisi si governa e non solo. Divisi si disegna un nuovissimo scenario in cui ci si distingue — sempre parole di Salvini — “non tra destra e sinistra ma tra élite e popolo”, con tanti saluti al benestante di Arcore ed alla “fascista della Garbatella”.
E siccome chi picchia per primo picchia due volte, Salvini fa il vuoto nell’area moderata portandosi al governo addirittura un monumento dell’europeismo politicamente corretto come Enzo Moavero. Come dire: tutto quello che non è Movimento 5 Stelle, lo rappresento io. Berlusconi sembra un pugile suonato, atteggiamento tipico di quando spera ancora di portare a casa qualcosa, seppure in condizioni paradossali, dallo scomodo ex alleato. Il vero problema rimane il vuoto intorno a lui, se — come dicono — anche l’ultimo prescelto per la successione, Antonio Tajani, è non propriamente un cuor di leone, tanto che i suoi colleghi a Bruxelles mormorano che in caso di morte di Silvio aspetterebbe tre giorni prima di rischiare un comunicato stampa.
Giorgia Meloni sta invece già trattando la resa con chi le ha strappato la palma del sovranismo, mentre i democristiani presenti in questo schieramento erano già stati sterminati dallo stesso Berlusconi che di loro non si è mai fidato.
Oggi il solo esponente di centrodestra che non sia sotto il tallone di Matteo Salvini è Matteo Renzi. Non abbocca all’amo di Calenda che parla di fronte repubblicano pro domo sua per inventarsi Macron a trazione confindustriale. E tace anche sui richiami antifascisti e di sinistra di quelli che nel Pd vogliono tornare all’antico.
Mussolini era socialista e direttore dell’Avanti. Così si chiama anche lo sfortunato libro di Renzi pubblicato in Italia dalla famiglia Berlusconi.