Caro direttore,
quante volte sono stato condannato? Il lettore appena un po’ distratto se lo sarà certamente domandato in questi anni, poiché con regolarità cronometrica e con dovizia crescente di particolari più o meno (in)verosimili, i giornaloni e le televisioni raccontano la storia sempre uguale dei presunti sprechi alla clinica Maugeri. In realtà sono stato condannato una sola volta in primo grado e dunque sono (ancora) pienamente innocente, poiché la nostra Costituzione contempla non la presunzione di colpevolezza, ma quella di innocenza fino a sentenza definitiva.
Ma ogni occasione è buona per buttare il mostro in prima pagina: prima la decisione del gup, poi l’arringa dei pm, poi quella della procura, poi la replica degli uni e la replica dell’altra, infine la sentenza vera e propria, unico momento di condanna. Poi la pubblicazione della sentenza, poi la richiesta d’appello dei pm, poi l’inizio dell’appello, l’arringa dei pm, quella della procura, secondo un copione che si ripete all’infinito. In ognuna di queste (e tante altre) occasioni il sottoscritto è stato ben bene mortificato e infangato. Ovviamente senza mai far presente che si tratta di mere ipotesi, che si attendono due gradi di giudizio ancora e senza mai dare il minimo spazio alla voce e alle ragioni della mia difesa: difesa che qualche cosa di importante deve averla messa sul piatto, se la procura è stata costretta a cambiare per ben tre volte l’accusa nei miei confronti.
A tutto ciò si è aggiunta da qualche tempo la storia dei sequestri e dei pignoramenti, ultima puntata quella di ieri, protagonista la Corte dei conti. Anche qui, a scadenza regolare si dà notizia di un sequestro o pignoramento ai miei danni di ingenti somme e di ingenti beni, a scopo cautelativo, risarcitorio, punitivo, e chi più ne ha più ne metta. E la cosa viene comunicata come se fosse stata eseguita. Quattro anni fa scrissero: “sequestrati a Formigoni 49 milioni”. Ieri hanno scritto: “sequestrati 5 milioni”, e in questi anni si sono sbizzarriti con i numeri. L’impressione che il lettore ha è quella di un Formigoni super-ricco che ha fatto il disonesto e ha raccontato balle.
In realtà, per sequestrarmi tutti i miei beni è bastata una sola azione: nel 2014 mi sequestrarono tutto quello che avevo: un conto con 18mila euro, tre utilitarie (una di uso personale, due per i collaboratori) e la quota parte di 1/3 di sei appartamentini posseduti in comunione coi due fratelli. Stop, null’altro trovarono e null’altro poterono sequestrare.
Ieri però l’annunciato pignoramento ha aggiunto una perla. La Corte dei conti, oltre a disporre il sequestro dei milioni che non ho, ha stabilito che Senato e Regione Lombardia non dovranno più corrispondermi la pensione che ho maturato in questi anni, e che è l’unico provento di cui dispongo. Il provvedimento è clamorosamente incostituzionale, poiché la pensione di chiunque è pignorabile solo nella misura di 1/5, per evidenti motivi. Se farò ricorso, con i costi e le procedure necessarie, forse tra 5 o 6 anni troverò un giudice che mi darà ragione. Forse. E nel frattempo? Vivrò d’aria. Certamente ne guadagnerà la mia linea. Battute a parte, tutta questa vicenda merita una riflessione profonda.