Se lo scorso 4 marzo il Partito Democratico era stato fra i gruppi più delusi dopo i voti delle elezioni nazionali, a seguito dei ballottaggi di ieri, che hanno sancito la schiacciante supremazia della Lega e del centro destra in generale, esce praticamente distrutto. L’ex ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, è stato fra coloro che più si sono scatenati all’interno dello stesso Pd, chiedendo a gran voce la creazione di un nuovo partito, un fronte repubblicano con nuovi attori, nuovi protagonisti, e nuovi vertici. Molti coloro che la pensano come l’ex titolare del Mise, a cominciare da Massimo Mattei, ex assessore alla mobilità del Comune di Firenze (con Renzi sindaco), che attraverso la propria pagina personale di Facebook ha attaccato senza mezze misure il gruppo democratico toscano dopo la debacle di ieri: «Adesso non avete più alibi – scrive – dovete andare a casa. Dimettervi, lasciare ogni incarico. Il gruppo dirigente regionale del Pd deve dimettersi immediatamente e convocare il congresso. Dovete farvi da parte». Quindi ancora: «I caminetti, le riunioni tra le correnti, le stesse facce da perdenti che ci hanno portato a questo disastro hanno rotto…. Andate a casa. Dovreste vergognarvi. Abbiamo perso Siena. Abbiamo perso Pisa. Massa. A Pescia non siamo andati nemmeno al ballottaggio. A Pietrasanta abbiamo perso». Mattei conclude la propria disamina senza troppi peli sulla lingua, con queste parole: «Vi prego andate a casa. Tornate alle vostre professioni se ne avete una. Non anteponete le vostre misere aspettative alle speranze di una comunità che è stata umiliata e sconfitta per colpa della vostra inettitudine. Andate a casa per favore. Adesso non si scherza più». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
AREA DEM CHIEDE DI NON RINVIARE PIU’ IL CONGRESSO
Dopo la sconfitta elettorale concretizzatasi nel KO fatto registrare in diversi ballottaggi al secondo turno delle Elezioni Comunali 2018 e con la nuova “bomba” sganciata da Carlo Calenda che ha parlato senza mezze misure di superamento del Pd e di nascita di un Fronte Repubblicano, crescono nuovamente i malumori tra i dem, tra coloro che difendono a spada tratta Renzi e criticano la linea del segretario reggente Martina e chi chiede che la situazione di stallo che oramai si protrae dallo scorso 4 marzo abbia fine. In particolare, a detta degli esponenti di Area Dem che fa capo, tra gli altri, a Franceschini e Fassino, c’è bisogno che la prossima assemblea del Pd prevista per luglio indica quel congresso troppe volte rinviata e che i pasdaran fedeli a Renzi vorrebbero addirittura rimandare al 2019. Tuttavia, se il fronte del “congresso subito” prima del voto di ieri era ancora minoritario, adesso qualcosa si muove e non solo gli esponenti delle cosiddette minoranze si stanno mostrando molto più possibilisti sul tema. (agg. di R. G. Flore)
NARDELLA, “NON DIANO LA COLPA A RENZI”
È arrivato il tempo delle analisi nel Partito democratico dopo l’ennesimo tracollo elettorale. Dopo il botta e risposta sui social network, Carlo Calenda ha assicurato di non volere la testa di Maurizio Martina: «Io non chiedo le dimissioni di nessuno. Bisogna ricostruire e c’è bisogno di tutti. Va formata subito una segreteria costituente, prodotto un nuovo manifesto di idee/proposte e lanciato un processo di mobilitazione e adesione a un movimento politico e civico che vada oltre il Pd». Martina invece aveva risposto dicendosi d’accordo sulla necessità di un ripensamento complessivo: «Abbiamo tanto da cambiare nei linguaggi e nelle idee». Ma niente superamento del Pd. I renziani invece si sono preoccupati di prendere le difese dell’ex segretario Matteo Renzi: «Almeno questa volta mi aspetto che non diano la colpa a Renzi per quello che è successo ieri» ha scritto Dario Nardella, sindaco di Firenze, su Twitter. Poi l’affondo: «Il gruppo dirigente nazionale ha fallito di nuovo: ne deve trarre le conseguenze immediatamente, perché così non possono andare avanti». (agg. di Silvana Palazzo)
DÉBACLE BALLOTTAGGI, PD DIVISO PURE SU SCELTA PAROLE
La disfatta ai ballottaggi riapre lo scontro nel Partito Democratico e ad accendere la miccia ci ha pensato il sempre loquace, quantomeno sui social network, ex Ministro Carlo Calenda che su Twitter ha rilanciato nuovamente l’idea di un superamento della vecchia forza politica a favore di un non meglio precisato Fronte Repubblicano: tuttavia, come era inevitabile, il risultato delle ultime Comunali 2018 è diventato l’occasione non tanto per quel dibattito interno rinviato dallo scorso 4 marzo ma per una sorta di guerra (politica, bene intesi) tra bande che si rinfacciano le colpe della débacle: se personalità non certo vicinissime all’ex segretario Matteo Renzi, quali i governatori Enrico Rossi e Nicola Zingaretti, parlano di fine di un ciclo e della sinistra come la si intendeva, i fedelissimi del senatore di Firenze e gli appartenenti al Giglio Magico fanno notare che il Pd perde anche senza Renzi. La cosa curiosa è che, nelle ultime ore, più che un confronto sui temi ha preso vita un botta e risposta a base di dichiarazioni e tweet nei quali tutti dicono più o meno la stessa cosa, ma usando differenti sfumature di toni e un lessico tutto loro: riuscendo comunque a essere in disaccordo. Ad esempio, se Calenda parla di “fronte”, il reggente dem Martina, molto criticato nelle ultime ore, usa la parola “ripensamento” in relazione al partito, ma guai a usare invece “superamento”. Gianni Cuperlo, dal canto suo, parla di “discontinuità” laddove l’ex Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, accenna a una “fase costituente” e, guarda caso, invoca il ricorso proprio a un nuovo vocabolario per superare l’empasse. Che la soluzione, prima ancora che politica, sia terminologica? (agg. di R. G. Flore)
ZINGARETTI, “UN CICLO SI E’ CHIUSO”
Le parole di Carlo Calenda hanno fatto nascere un aspro dibattito in casa Partito Democratico. La richiesta dell’apertura a un Fronte Repubblicano ha trovato la replica stizzita del segretario reggente Maurizio Martina, seguita anche da altre voci del Centrosinistra. Un capitolo si è chiuso secondo Nicola Zingaretti, governatore del Lazio: “Dopo le allarmanti difficoltà che abbiamo attraversato e confermate da un grande numero di ballottaggi persi nelle città italiane, non bastano semplici aggiustamenti. Tantomeno bastano povere analisi di circostanza. Un ciclo storico si è chiuso”. Prosegue Zingaretti, indicato da molti come il possibile nuovo segretario dem: “Vanno ridefiniti un pensiero strategico, la nostra collocazione politica, le forme del partito e il suo rapporto con gli umori più profondi della società italiana, l’organizzazione della partecipazione e della rappresentanza nella democrazia. In questi anni non ci sono sfuggiti i dettagli ma il quadro di insieme”. Infine, sulle pagine dell’Huffington Post un richiamo all’unità e all’apertura: “C’è un lavoro collettivo da realizzare. Deve partire subito e coinvolgere non solo il Pd. È il momento del coraggio, della verità e della responsabilità.”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
ROSSI: “LA SINISTRA SI E’ SCIOLTA”
Carlo Calenda è stato chiaro: “Superare il Pd, subito Fronte Repubblicano”. Il segretario reggente Maurizio Martina ha frenato sulla proposta dell’ex ministro dello sviluppo economico, che invece trova d’accordo il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi “Sostanzialmente una disfatta. Nella regioni una volta ‘rosse’, in modo particolare. Laddove il Pd era più forte più la sinistra perde e LeU non svolge nessun ruolo di recupero. È necessario un nuovo inizio, basato sull’unita, sulla ricomposizione e sulla responsabilità”. Continua Rossi in un lungo post su Facebook: “La sinistra deve riunificarsi mettendo insieme uomini e donne di sinistra, la loro cultura e la loro passione. Sarà necessario un lungo cammino in cui la sinistra, armata di umiltà, dovrà ascoltare e mettersi a disposizione dei lavoratori, dei giovani e dei ceti popolari. Per questo, io credo che bisogna andare oltre, oltre il PD e oltre LeU, per costruire un partito nuovo della sinistra e del lavoro che si ispiri agli ideali del socialismo e ai principi della dottrina sociale cristiana”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
CALENDA: “SUBITO FRONTE REPUBBLICANO”
Lo aveva detto dopo i risultati del 4 marzo e lo ribadisce dopo l’ancora più cocente, da un certo punto di vista, sconfitta dei Ballottaggi alle Elezioni Comunali del 24 giugno: Carlo Calenda chiede di andare oltre il Partito Democratico, ormai logoro, vecchio e soprattutto senza idee. Il tweet dell’ex ministro del Mise (fidato di Renzi anche se spesso in discussione su tutto, ndr) è di quelli durissimi: «Navigazione a vista sta portando il centro sinistra all’irrilevanza proprio quando l’Italia ne avrebbe più bisogno. Ripensare tutto: linguaggio, idee, persone, organizzazione. Allargare e coinvolgere su una nuovo manifesto. Andare oltre @pdnetwork. Subito!». E l’hashtag lanciato è lo stesso del 5 marzo mattina, bisogna fondare un “Fronte Repubblicano” secondo uno dei ministri più apprezzati del precedente governo, da molti considerati il possibile nuovo leader del Centrosinistra. A dir la verità, in molti a sinistra lo ritengono o “troppo vicino a Renzi” o con troppa poca “esperienza di sinistra” (resta infatti un manager di aziende e uno dallo spirito molto più prammatico che “nostalgico”) e per questo la sua richiesta di svolta non è stata “valutata” nelle settimane dopo la sconfitta alle Politiche Nazionali. Ora però, con il Centrosinistra che perde dopo Terni anche Siena, Massa, Pisa, Avellino, Ivrea e Imola – e tra un anno ci sono le temute Europee, quelle in cui nel 2014 Renzi conquistò il punto massimo del Pd prima della caduta – Calenda ritorna alla carica e immagina di poter costruire, magari proprio con Renzi, un nuovo “fronte” moderato da contrapporre a Salvini e Di Maio.
MARTINA “FRENA” L’EX MINISTRO
Chi però non si dice già d’accordo, come detto tra l’altro anche dopo il 4 marzo, è lo stesso che ancora oggi dovrebbe decidere nel Pd, ovvero il segretario reggente. Maurizio Martina, che di certo non esce benissimo dal doppio turno delle Amministrative, è intervenuto stamane a “Circo Massimo” su Radio Capital e ha smentito la possibilità di una nuova creatura “oltre il Pd”: «Non sono d’accordo con il superamento del Pd. “Credo invece in un campo progressista di centrosinistra, con il Pd al centro. Certo dobbiamo chiamare tutti a raccolta, ridefinire il campo. Il centrosinistra prevale, dove c’è ancora un Partito democratico in salute, capace di fare comunità», spiega Martina ricacciando indietro (per ora) la proposta di Calenda. Bisogna cambiare qualcosa, e in questo senso le leadership da rinnovare (anche la sua quindi?) sono il primo punto: «Ci dobbiamo attrezzare con risposte nuove a temi profondi, come il rapporto fra integrazione e sicurezza che è stato dominante. Salvini ha intercettato delle parole d’ordine che vengono percepite come rilevanti anche da un elettorato di centrosinistra. C’è un bisogno enorme di protezione da parte dell’elettorato». Prossimo step il congresso di luglio dove però il Pd si ritrova a dover discutere non più “solo” della debacle del 4 marzo ma anche di quella del 10-24 giugno 2018.