Il nuovo governo non ha ancora iniziato a lavorare e già sono cominciate le critiche, non però sulla sostanza delle politiche scelte o da scegliere ma diffondendo veleni, mezze verità, menzogne totali, e in ciò facendo come e peggio dei partiti oggi al potere nell’ultima campagna elettorale.
Ma ora che hanno vinto le elezioni e sono al governo, i populisti vanno criticati non su presunte volontà ma su precise scelte politiche. Altrimenti M5s e Lega governeranno per sempre e ciò, al di là di tutto, sarebbe un danno per la democrazia.
Il punto è che dagli sconfitti finora non sono venute critiche precise. Per Forza Italia è una questione personale e forse aziendale che attiene a Silvio Berlusconi ma di questo conviene parlare un’altra volta. Urge invece concentrarsi sul Pd.
Sul nuovo governo per ora il Pd, dall’alto del suo senso di superiorità, vomita supponenza, perché i nuovo arrivati non sanno stare al mondo, cioè al piccolo mondo che loro — quelli del Pd — hanno disegnato su se stessi.
In questo c’è la lodevole eccezione di Marco Minniti che in concreto ha chiesto al suo successore, il leader della Lega Matteo Salvini, di fare tesoro del lavoro fatto sui migranti. Qui Salvini corre un rischio vero, perché al di là dei facili proclami elettorali se l’Italia non è stata trasformata in una specie di Libia del Nord lo si deve a Minniti.
Ma eccezion fatta per Minniti, c’è il nulla.
C’è stato uno sciocco appello all’unità della repubblica contro i nuovi fascisti, come se Lega e M5s non avessero vinto le elezioni in una contesa aperta e democratica, ma avessero compiuto un colpo di stato armi alla mano.
L’idea di lanciare un partito della repubblica può venire solo a chi non si guarda intorno. Il Pd è ridotto intorno al 15 per cento dei consensi e forse diminuirà ancora. La sola idea di asserragliarsi intorno a percentuali del genere e da qui difendersi contro l’85 per cento dell’Italia è pura mancanza di intelligenza, cioè di comprensione della realtà. Del resto questa proposta è figlia dell’idea ancora più peregrina del “partito del presidente”, come se Sergio Mattarella dovesse essere ridotto a capo di metà dello stato italiano. Era un omicidio e un suicidio, come abbiamo già scritto più volte.
Il problema vero è che nessuno nel Pd si chiede: cosa abbiamo sbagliato? Perché uno sbaglio enorme c’è stato, visto che il Pd non aveva questi risultati qualche anno fa.
Le vecchie scuole marxiste, che ancora si usano in Cina, formano alla critica e all’autocritica. Occorre saper criticare dove la situazione non funziona, ma anche saper fare autocritica sul perché non si riesce ad afferrare il sentimento popolare.
La critica si vede ma l’autocritica, forse per la distanza, non si vede. Ma senza di essa, senza una profonda analisi di tutto quello che non ha funzionato, il Pd è morituro. E presto dal fortilizio asserragliato cercheranno di fuggire tutti.
Ciò lascia un profondo vuoto istituzionale nel paese, che sarà riempito da altri, a meno che il partito non smetta di correre in tondo gridando l’ultima pensata dell’aperitivo ai Parioli.