Caro direttore,
il frastornante dibattito sulle elezioni e sul nuovo governo ha probabilmente lasciato piuttosto perplessi i normali cittadini, qualunque fosse la loro scelta politica, ad eccezione ovviamente dei “duri e puri” dei vari schieramenti. E non tanto per le pressioni esterne, scontate anche per un normale cittadino, che hanno semmai sorpreso per i toni offensivi usati da diversi personaggi stranieri. Nonostante lo scarso orgoglio nazionale che ci viene attribuito, credo che molti si siano sentiti profondamente offesi e si sarebbero forse aspettati reazioni più forti da parte nostra, compreso il presidente della Repubblica in quanto massimo rappresentante della nazione.
Maggiori perplessità sono derivate da come è stata gestita la questione al nostro interno, per esempio di fronte alla selva di veti incrociati tra le varie forze politiche, quasi che tutte pensassero di trarre vantaggio da un nuovo ricorso alle urne. Un atteggiamento comprensibile forse per i vincitori, M5s e Lega, ma piuttosto difficile da capire per Pd e FI, che le elezioni le hanno perse. Per lo meno, questi ultimi sembravano disponibili ad accettare un governo di transizione per varare una nuova legge elettorale. Ulteriore fonte di perplessità per il semplice cittadino, visto che la legge attuale era stata votata proprio dai perdenti, Pd e FI, insieme a Lega, mentre M5s aveva votato contro.
Evidentemente Renzi e Berlusconi erano convinti che questa legge li avrebbe condotti a una folgorante vittoria e sono rimasti sconvolti dal fatto che gli elettori abbiano, incomprensibilmente, votato in altro modo. Non potendo cambiare gli elettori, non rimaneva che cambiare la legge, anche se al cittadino comune rimane non chiaro come M5s e Lega, maggioritari in Parlamento, potessero accettare di cambiare una legge con cui avevano vinto le elezioni.
Inoltre, anche se la questione è stata posta in ombra, il precedente Parlamento è stato votato nel 2013 con il cosiddetto Porcellum, dichiarato poi incostituzionale. Il Parlamento è rimasto in carica in base al principio di continuità, ma sarebbe forse stato più rispettoso dei princìpi democratici indire, appena possibile, nuove elezioni utilizzando la legge emersa dalle osservazioni della Consulta, definita appunto Consultellum. Invece, il Parlamento ha votato il nuovo presidente della Repubblica e, nel 2015, Mattarella ha promulgato una nuova legge elettorale, detta Italicum, dichiarata anch’essa incostituzionale nel gennaio 2017.
Si arriva così, nel novembre 2017 e a pochi mesi dalle elezioni, alla promulgazione di una terza legge elettorale, il Rosatellum. A questo proposito, in un’intervista al Fatto Quotidiano dell’ottobre 2017, il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky definiva scorretto promulgare una legge elettorale alla vigilia della chiamata alle urne. In questo modo si impediva la verifica della sua costituzionalità prima delle elezioni, con il rischio di dar luogo a una situazione simile a quella del 2013. Zagrebelsky aggiungeva che la legge elettorale dovrebbe essere la legge degli elettori ed è invece diventata “la legge dei partiti. Serve a regolare i conti tra loro, ad accaparrarsi posti. Il risultato delle elezioni interessa meno perché i giochi si vogliono fare prima, con la legge elettorale”. Una conferma per il semplice cittadino dello scarso interesse dei politici per gli elettori e per la stessa, a parole tanto decantata, Costituzione.
Le perplessità aumentano di fronte alla proposta dell’ex ministro Carlo Calenda di formare un Fronte repubblicano con “la costituzione di comitati civici e lanciare una campagna di mobilitazione popolare tra tutti i cittadini”. L’obiettivo del Fronte, alla cui guida si indica Gentiloni, dovrebbe essere la difesa delle istituzioni repubblicane dalla deriva “di una democrazia populista sul modello di Putin”.
La proposta è stata approfondita sul Sussidiario da Luciano Violante, che ha così definito il Fronte: “Un raggruppamento che si oppone al tentativo di schierare il popolo contro la Costituzione”. E continua: “Ci sono due forze politiche, M5s e Lega, che stanno cercando di usare il consenso e l’umore del paese contro la Costituzione. Il vero tema non è Salvini e Di Maio contro Mattarella, ma Salvini e Di Maio contro la Costituzione”.
A questo punto sembra inevitabile il sorgere di una serie di domande. In che cosa M5s e Lega sono andati contro la Costituzione? E se sono così pericolosi per la Costituzione e le nostre istituzioni, come mai il presidente della Repubblica, garante di entrambe, ha dato loro l’incarico di formare il governo? Accanto a Salvini e Di Maio, contro la Costituzione si deve aggiungere anche Mattarella? E quale giudizio esprimere su quel 50 per cento di elettori che hanno votato M5s e Lega? Il solito “popolo bue” che non è in grado di votare in modo “intelligente”? Si vuol forse proporre l’eliminazione del suffragio universale? O è forse giunta l’ora di passare a una Repubblica presidenziale?
Il dibattito è aperto, ma intanto, non è il caso di lasciar lavorare il legittimo governo, per poi giudicarlo sui fatti?