Caro direttore,
Antonio Polito, sul “column” del Corriere della Sera, è tornato ad attaccare Matteo Salvini. Stavolta la sua colpa non è quella di essere troppo simpatico ai sondaggisti e soprattutto agli elettori. Sarebbe invece quella di essere un vicepremier istituzionalmente fuori controllo: con la pretesa, da ministro dell’Interno, di dare direttive alla Guarda costiera o ai magistrati. Bene dunque ha fatto il presidente della Repubblica a bacchettarlo sul caso Diciotti, ponendo fine a un mese di “bonanza” sui migranti e ripristinando un’apparente “normalità”. Può riprendere a funzionare l’oliata catena politico-finanziaria che dal centro Africa conduce “ordinatamente” verso porti (solo) italiani centinaia di migliaia di migranti economici, attraverso legionari francesi, tribù libiche infiltrate dall’Isis, servizi di intelligence, criminalità organizzata, Ong disparate e — per finire — navi della Guardia costiera (solo) italiana. Gli ordini sono ordini, e l’ordine torna a regnare nel Canale di Sicilia, nello Stato italiano, nell’Unione Europea. “Business as usual” — gli affari vanno come devono — amano dire in un Paese che ha deciso di lasciare il Vecchio Continente.
L’ex senatore Pd oggi vicedirettore del Corriere — come la maggioranza dei suoi colleghi nell’uno e nell’altro campo — si mostra interessatissimo ai conflitti di competenza fra governi e sottogoverni romani: evita invece accuratamente di chiedersi come e da chi vengano elaborati nel merito gli ordini alla Guardia costiera italiana nel luglio 2018. Perché, in particolare, la Guardia costiera italiana si muova sul fronte dei migranti con direttive opposte a quelle che il vicepremier responsabile della pubblica sicurezza nazionale riterrebbe corrette dal suo punto di vista. La cosa viene liquidata come uno sgradevole incidente provocato da un impresentabile politico-elefante nella cristallina civiltà dei codicilli ministeriali. Un Salvini, peraltro, presto rimesso in riga dal Quirinale.
Certo, nella Francia che giudica “vomitevole” l’Italia nelle politiche di gestione dei migranti, non è mai emerso nessun conflitto di competenza e direttive fra navi-pattuglia in Corsica e “flics” a Ventimiglia e Bardonecchia. Tutti sono al lavoro applicando “regole d’ingaggio” omogenee provenienti in ultima istanza dalla massima autorità politica: che a Parigi è il presidente della Repubblica, in Italia il Consiglio dei ministri. Ma c’è di più: se in Francia una guida ritiene di raccogliere in chiave umanitaria un Sos di migranti sul confine alpino, viene messa sotto processo dai magistrati francesi. Anche questi ultimi sono perfettamente allineati a poliziotti e militari nel tenere rigorosamente chiuse le frontiere ai migranti. Solo uno “Stato di diritto” funzionante?
Polito stesso concorderebbe che la questione è politica, ma nell’articolo ha evitato — ancora una volta — di porla nei termini costituzionalmente corretti: perché del caso Diciotti non si è occupato il Consiglio dei ministri, in modo istituzionalmente trasparente? Perché un dossier che due settimane fa ha impegnato per un’intera notte a Bruxelles leader come Merkel, Macron e May è stato trattato a Roma con telefonate brevi fra il Quirinale e Palazzo Chigi? Una riunione del governo Conte non sarebbe stata la sede opportuna per chiarire forma e sostanza di una posizione che, di fatto, sta impostando un’intera stagione politica del Paese, soprattutto nella ridefinizione cruciale dei rapporti con l’Europa? Non sarebbero stati utili un’introduzione del premier Conte e un intervento del vicepremier Di Maio? Non sarebbe stata utile una relazione del ministro degli Esteri Moavero sulla recente missione in Libia e sugli sviluppi degli controversi accordi di Bruxelles? Salvini, dal canto suo, avrebbe potuto condividere con l’intero esecutivo i colloqui di Vienna con l’omologo tedesco Seehofer, che proprio sui migranti tuttora minaccia la tenuta della coalizione Merkel. Non da ultimo, gli italiani avrebbero potuto conoscere il punto di vista del comandante politico della Guardia costiera: il ministro pentastellato Trenta, fin da principio chiacchierata per una distanza non totale dal mondo dei budget della Difesa.
C’era il rischio di una rottura fra Lega ed M5s e di una crisi immediata del governo gialloverde? Probabilmente sì ed è quella cui — fra un editoriale e l’altro — continuano a occhieggiare i giornalisti che suppliscono l’opposizione che non c’è, fra una chimera di governo Pd-M5s e un diktat di Renzi. Ma tutti — politici e giornalisti di para-opposizione — stanno bene attenti anche a non tirare troppo la corda: perché in caso di elezioni anticipate la Lega può realizzare risultati inimmaginabili (lo ricordò crudamente D’Alema, ex collega di Polito all’Unità e nel Pci, in occasione del primo “incidente Savona”). E’ così che i continui plausi al Quirinale — tanto sperticati quanto presumibilmente sgraditi a Mattarella — rivelano una volta di più la debolezza spaesata del centro-sinistra nazionale.
I magistrati italiani — nel frattempo — sono reduci da un violento regolamento di conti interno alla corporazione. Nel rinnovo dei membri togati del Csm, Piercamillo Davigo non ha vinto come sperava con la novità anti-sistema di Autonomia e Indipendenza. Area — erede di Magistratura democratica — ha perso ma non è stata annientata. Le correnti centriste (Magistratura indipendente e UniCost) hanno allagato i loro “forni” e attendono ora la nomina dei membri laici da parte del Parlamento per negoziare maggioranze variabili utili a smistare per 4 anni carriere e poteri all’interno dell’ordine giudiziario nazionale. Chissà se nell’agenda del Csm ci sarà spazio e priorità per una questione di sicura competenza della magistratura: indagare di più e meglio sulle Ong corsare nel Canale di Sicilia e sui collegamenti con la criminalità organizzata italiana nei traffici di migranti.