Stavolta tocca dare ragione all’Usigrai, il sindacato dei giornalisti di Viale Mazzini: “Con Barachini alla Vigilanza siamo alla istituzionalizzazione del conflitto d’interessi”. Un ex giornalista Mediaset, Alberto Barachini appunto, il quale prende la guida della commissione bicamerale che ha competenza non solo sul gigante pubblico ma in realtà sull’intero sistema radiotelevisivo. E magari Barachini da Mediaset non ha neppure dato le dimissioni (era a TgCom24), ma semplicemente preso aspettativa. Del resto, prima di entrare al Senato era stato assegnato a gestire le apparizioni televisive del Cavaliere, compito svolto egregiamente in tutta la campagna elettorale.
A poco a poco le commissioni parlamentari di garanzia vanno componendosi. Ieri, oltre alla Vigilanza Rai, è stata assegnata la presidenza del Copasir, l’organismo di controllo dei servizi segreti, a Lorenzo Guerini, renziano di stretta osservanza. Ma è Barachini il nome chiave. L’accordo su di lui è giunto dopo che Forza Italia ha accettato il “sacrificio” di Maurizio Gasparri, che in materia non è proprio l’ultimo arrivato essendo stato anche ministro delle Comunicazioni nei governi del Cav, senza contare la vicinanza personale a Berlusconi che lo indusse a restare in Forza Italia quando il suo vecchio amico Gianfranco Fini fondò (e poi affondò) il Fli, Futuro e libertà. Gasparri, si è detto, apparteneva troppo al “partito romano”, alla vecchia guardia ammanicata con tutto e tutti, e anche i grillini, sempre secondo le veline di regime, hanno insistito per un cambio generazionale.
I 5 Stelle che danno via libera (nella votazione si sono astenuti) a un berlusconiano non doc ma docg millesimato è un fatto senza precedenti. È un segnale importante non che tutto è deciso nel patto con la Lega, ma che l’intesa è forte e avanza un passo alla volta. Insomma, il governo del cambiamento si sta adattando bene al potere, alle poltrone, alle spartizioni, al Cencelli sia pure incipriato dalla scelta online sulla piattaforma Rousseau dei nuovi consiglieri di amministrazione Rai. È solo questione di tempo prima che la spartizione sia completa.
Dall’altra parte, piazzando Barachini il Cavaliere prende atto di questa nuova situazione e vi si accomoda. Rinuncia all’opposizione dura e pura, che del resto non fa neppure il Pd, ma approfitta per incassare una presidenza chiave. Segnale questo che tra gli azzurri comincia a prevalere l’idea che l’accordo di governo è destinato a durare oltre la scadenza delle europee, che molti indicavano come capolinea dell’esecutivo Conte. Più che un’opposizione, Forza Italia sceglie una cogestione.
Se Cassa depositi e prestiti è rimasta ancora scoperta, non significa che sia in atto uno scontro all’arma bianca all’interno del governo per mettere in difficoltà il ministro dell’Economia, snodo cruciale di questa fase di nomine nelle società partecipate dal Tesoro. Significa che si discute sapendo che si troverà un accordo. Sono tante le poltrone in gioco che il Parlamento deve nominare: nel Csm, nella Corte costituzionale, appunto la Cdp e numerose altre caselle Rai. Ancora un po’ di pazienza e Lega e 5 Stelle si spartiranno tutto lo spartibile. E accettando in Vigilanza un profilo come quello di Barachini, i grillini maturano un credito che si preparano a riscuotere. Cambia il governo ma non le regole del potere.