Prosegue il dialogo tra Londra e Roma sull’ulva: ArcelorMittal ha informato i commissari straordinari di accettare le richieste di ulteriori impegni sul contratto di affitto e acquisto firmato nel giugno dell’anno scorso. Le modifiche non riguarderebbero il perimetro occupazione, che sarà oggetto di trattativa con i sindacati nei prossimi giorni, né l’introduzione di tecnologie alternative per la produzione di acciaio da ciclo integrale. Si è lavorato invece sulle tempistiche degli obiettivi ambientali. I sindacati però sono preoccupati per il protrarsi dell’incertezza. Per Marco Bentivogli, segretario della Fim Cisl, è «ora di interrompere lo scaricabarile, se ci sono vizi nella gara la si annulli, altrimenti riaprire immediatamente il negoziato sindacale fermo da due mesi e dire definitivamente che si vuole un Ilva ambientalizzata ma che mantenga la sua vocazione industriale-siderurgica». Inoltre, ha ricordato che le nuove proposte «erano emerse grazie al confronto sindacale interrotto a causa di un irrigidimento aziendale rispetto alle dichiarazioni che inizialmente aveva fatto il governo, riguardo ad una scarsa chiarezza sulle intenzioni emerse in parte della sua compagine, di volontà di chiusura dell’Ilva di Taranto». Infine, a causa della proroga dei commissari straordinari, «l’incertezza sta rallentando gli interventi ambientali, azzerando ogni manutenzione, che rende sempre più insicuro l’impianto per i lavoratori e perdendo quote di mercato e risorse finanziarie ingenti». (agg. di Silvana Palazzo)



BOCCIA “NON HANNO ALTERNATIVE”

Secondo Francesco Boccia, deputato Pd della “minoranza”, quanto avvenuto oggi con ArcelorMittal è abbastanza chiaro: «è evidente che non c’è alcuna alternativa a Mittal, l’azienda modificherà le condizioni della propria proposta sia dal punto di vista ambientale che da quello occupazionale. Perché a tutto c’è una logica e bastava seguirla per arrivare all’obiettivo finale. Per sgomberare il campo da qualsiasi ambiguità, basterebbe che il governo italiano comunicasse a Mittal che nel programma italiano sull’agenda europea 2030 rispetto all’uscita graduale dal carbone rientra anche lo stabilimento Ilva di Taranto». Boccia, assai critico con Renzi e Calenda sul fronte Ilva, spiega che la posizione del Pd dovrà cambiare, anzi si dice convinto che «con Martina ci sarà una maggior attenzione all’ambiente; in ogni caso questo tema, se non dovesse essere affrontato in questi mesi, sarà sicuramente uno dei temi principali del prossimo congresso». Al netto delle “beghe” politiche, in attesa delle valutazioni del M5s e di Di Maio, la multinazionale dell’acciaio spiega che sull’Ilva garantirà l’aumento degli impegni sugli occupati e con un’occhio importante sulla tutela ambientale. «La società confida che questi impegni aggiuntivi evidenzino al governo e agli altri stakeholder nazionali e locali interessati il suo pieno impegno per una gestione responsabile di Ilva». 



ARCELORMITTAL, “OK A NUOVI IMPEGNI”

Svolta sul caso-caos Ilva, con l’ArcelorMittal che tende una mano “grossa” al Governo e decide di accettare i nuovi impegni richiesti dai commissari: la multinazionale dell’acciaio, che si è già giudicata la gara “contestata” dell’Ilva di Taranto, ora accetta la proposta dei sindacati di scendere di nuovo in trattative per migliorare le condizioni e cercare di venire incontro alle richieste, varie, svolte. La società «accetta tutte le richieste sostanziali di ulteriori impegni riguardo il contratto di affitto e acquisto firmato nel giugno 2017. […] confidiamo che questi impegni aggiuntivi evidenzino al governo il suo pieno impegno per una gestione responsabile di Ilva», si legge nel comunicato ufficiale del colosso estero dell’acciaio. Arcelor aggiunge tutta il proprio supporto e fiducia nel finalizzare prima dell’estate, pare, l’accordo con i sindacati e il governo per completare finalmente l’operazione Ilva. Di Maio ‘frena’ gli animi, anche se si dice contento della svolta lanciata da Mittal: «In Giornata analizzeremo la controproposta, comunque vado avanti con gli accertamenti dopo le criticità sollevate dall’Anac. Sia chiaro che le due cose vanno insieme». 



OPPOSIZIONI VS DI MAIO

Le opposizioni, tutte, sono schierate contro il Ministro Di Maio sul caso Ilva dopo che in audizione alla Camera venerdì scorso ha lanciato accuse molto pesanti al Mise, il suo stesso Ministero, al suo predecessore Carlo Calenda, all’Anac e all’intero affare di cessione della multinazionale di Taranto. Oggi, in un’intervista al Secolo XIX il portavoce dei parlamentari di Forza Italia – Giorgio Mulè – attacca frontalmente i Cinque Stelle e indirettamente anche “gli amici” della Lega per aver stretto alleanza con un movimento del genere. «Sull’Ilva è un altro esempio di superficialità e improvvisazione, come sul Decreto Dignità: con quella parola quel provvedimento non c’entra nulla, è indegno, punto». La durissima reprimenda di Mulè ha di fatto “svegliato” anche il Ministro Salvini che sull’argomento è intervenuto oggi all’interno della lunga intervista al Corriere della Sera: secondo il vicepremier «Credo che nessuno possa pensare realmente che l’Ilva di Taranto possa chiudere, è una potenza industriale». Di contro, l’alleato di governo spezza comunque una lancia per il “compagno” di maggioranza Di Maio, «Condivido le parole di Di Maio che ci dovesse essere maggiore attenzione nella gara, ma l’obiettivo è che si continui a produrre».

L’IRA DI CALENDA

La giornata di ieri aveva invece avuto una lunga e dura reprimenda del “metodo Di Maio” in merito all’Ilva da parte di Carlo Calenda, che per due anni ha curato personalmente da Ministro del Sviluppo Economico tutte le evoluzioni e la stessa “gara” messa in dubbio da Anac e Luigi Di Maio. «Se va in Parlamento e minaccia inchieste interne poi devi essere conseguente ed annullare la gara, altrimenti stai solo facendo del varietà. Lo invito però ad un confronto posato e costruttivo in tv», spiega abbastanza stizzito il membro Pd: in merito alle critiche ricevute dall’Anac di Raffaele Cantone, Calenda replica sul rischio forte di “strumentalizzazione” del n.1 dell’Anticorruzione, «Il rilancio di AcciaItalia, l’unico pervenuto, è avvenuto a gara chiusa. Abbiamo chiesto un parere all’Avvocatura dello Stato che ha testualmente risposto che “l’apertura di una nuova fase selettiva difficilmente potrebbe essere svolta sotto forma di rilanci, atteso che la valutazione delle proposte non afferisce al solo prezzo”. In caso di annullamento della gara e ripartenza dall’inizio avremmo corso il rischio di una causa e avremmo dovuto finanziare nuovamente la società. Ci sarebbe voluto un altro anno al costo di 360 milioni di euro».