Berlusconi ci riprova e lancia “l’altra Italia”, ennesimo tentativo di riscatto politico dei moderati sotto la sua leadership, e invita Salvini a stoppare il decreto Dignità e fermare le norme sui contratti che non piacciono alle imprese. Salvini dice no e risponde che “lavoriamo per aggiungere, arricchire, migliorare” il provvedimento. Ma ha stupito che ieri Berlusconi abbia esortato i suoi a tenersi pronti, perché — ha detto il leader di Forza Italia — “la bolla di consenso che oggi accompagna i partiti di Governo si sgonfierà velocemente”. Ne abbiamo parlato con Pepino Caldarola, uomo di sinistra non renziana ed ex direttore dell’Unità. Oggi Caldarola — e con lui, c’è da scommetterlo, buon parte della sinistra — assolve Berlusconi e dialogherebbe con tutti. Quasi tutti.
Che cos’è quello di Berlusconi, un tentativo di indurre l’ex alleato a sbagliare mossa?
E’ una previsione secondo me non del tutto infondata. M5s e Lega hanno sparato tutte le cartucce mediatiche che avevano a disposizione: i migranti per Salvini e i vitalizi per Di Maio. Salvini con la faccia feroce sugli immigrati ha risposto ai suoi elettori più arrabbiati. C’è però una parte più ampia dell’elettorato, sia leghista che a 5 Stelle, che ora chiederà “cose”, provvedimenti.
Arriva la fase più delicata?
Direi proprio di sì, in autunno. Il temporale sarà la discussione sulla legge di bilancio.
Tria però ha detto che flat tax e reddito di cittadinanza si faranno entrambi.
E’ da vedere. Tria sa benissimo però che il vero tema è come farli. Gli italiani stanno aspettando la sostanza e la loro pazienza non è infinita.
Veniamo alle nomine.
Un punto delicato e deludente. Il problema è che Di Maio e Salvini non dispongono di dirigenti da mettere sulle poltrone per attuare le politiche che hanno in mente. E quindi fanno spoil system ma restano prigionieri di lobby interne agli enti.
Ad esempio?
Hanno azzerato il vertice delle Ferrovie sulla base di una pressione interna di chi non ha mandato giù le nomine di Gentiloni. Nella Rai si è messo in moto un meccanismo di rinascita del vecchio. Quando i nomi che circolano sono quelli di Fabrizio Del Noce e di Giovanna Bianchi Clerici vuol dire che non c’è innovazione, ma solo una nomenclatura burocratica alla quale si chiede di osteggiare quella dei precedenti governi. E’ l’altalena delle lobby aziendali, che sperano di guadagnare dal cambio politico di turno. Va detto che tutto questo è successo anche con Renzi.
Al lato pratico che cosa significa?
Che M5s e Lega non comandano nulla. E che più degli altri governi sono prigionieri delle lobby che in un modo o nell’altro sono sempre state al potere.
La più potente?
In Rai, quella che fa riferimento alla nomenclatura nata negli ultimi anni del pentapartito: un nome su tutti, Del Noce. Chi si è affannato per conquistare le prime file, come Freccero, adesso è deluso. Federica Sciarelli è brava, ma è emersa nel contesto segnato dal partito dei giudici.
Che cosa la preoccupa di più del governo?
Le due forze che lo sostengono non sono autonome. Anche dal punto di vista internazionale.
Di M5s ci ha detto più volte. E la Lega?
C’è un vento di destra che soffia nel mondo e la Lega di Salvini ne fa parte. Non è un vento generico, si traduce in partiti reali con leader che sono al governo o possono arrivarci e che infine gode sicuramente dell’appoggio di Putin. Salvini è funzionale a questo disegno.
In che cosa si sostanzia secondo lei questo rapporto, di cui si discute da tempo?
Non è necessario pensare ad alcunché di illegale. E’ sufficiente un rapporto di affiliazione politica.
A che cosa mira secondo lei il capo del Cremlino?
Per la prima volta tenta con successo ciò che non è riuscito a Lenin, scompaginare e dominare l’occidente attraverso un’influenza sui gruppi dirigenti dei partiti europei.
Eppure, per arrestare il “vento di destra” sarebbe bastato ciò che Mattarella per tre mesi ha contrastato in ogni modo: il ritorno di Berlusconi al governo.
La verità spiacevole per molti uomini di sinistra, me compreso, è che la demonizzazione di Berlusconi ci ha dato una classe politica ancora peggiore. Vedere in lui la causa di tutti i mali del paese, avergli fatto una guerra per eliminarlo politicamente fino a cacciarlo dal Parlamento con una legge retroattiva (la legge Severino, ndr) è stato l’errore più grave.
E adesso?
Adesso, per dirla con Bersani, la mucca è entrata nel corridoio. Mi verrebbe da dire: “aridatece” Berlusconi. Io sono contento di avere avversato Berlusconi come uomo di sinistra, ma abbiamo gli abbiamo dato colpe al di là delle sue responsabilità politiche. Abbiamo perfino accettato l’idea che fosse il capo della mafia, quando una lettura attenta della sentenza di Palermo dimostra che non c’è una sola prova che sia esistita una trattativa, ma solo suggestioni.
Il Partito democratico?
A volte in natura accade che un corpo che sembra annichilito abbia una scatto di vita. Spero in una ribellione di giovani dirigenti che prima o poi dicano: basta.
Un assalto al palazzo?
Un attacco al quartier generale. La partita della sinistra può ripartire se gli elettori vedono che è in atto una rivoluzione contro il piccolo establishment che l’ha tradita.
Non ha la sensazione che la morte di Marchionne sia l’ennesima occasione perduta non solo per dire qualcosa di sinistra, ma per esserlo davvero?
Sì, ce l’ho. E mi sono arrabbiato moltissimo. Se ci fosse stato Di Vittorio avrebbe detto che era morto un suo grande avversario, ma ne avrebbe sottolineato la grandezza. Non avrebbe disquisito sulle cose più o meno di sinistra che ha fatto Marchionne. Questa è l’idea omologante tipica dell’Ulivo per cui ognuno può diventare un ramoscello della medesima pianta, perché in fondo siamo tutti uguali. No. Non possiamo essere tutta la società, noi dobbiamo rappresentare gli interessi di una parte. C’è chi rappresenta gli operai e chi la grande azienda multinazionale.
E con le altre parti, quelle che non sono come voi?
Si dialoga. Ma non con quella rappresentata dalla copertina di Famiglia Cristiana. Dove non c’è umanità non ci può essere dialogo.
(Federico Ferraù)