Le tensioni fra Angela Merkel e il suo ministro dell’Interno, Horst Seehofer, rappresentante di spicco della Csu, il partito dei cristiano-sociali bavaresi, si sono risolte con l’accordo raggiunto ieri sera. E tuttavia — dice Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze — potrebbero far segnare una fase di riequilibrio e di riaggiustamento tra le due anime dei popolari tedeschi, a vantaggio della Csu, partito che esprime la propria forza elettorale soprattutto nelle regioni prospere e a forte industrializzazione, e a scapito della Cdu, indebolendo così la leadership interna della Merkel”. Ma, sempre secondo Forte, “una Merkel debole vuol dire un Ppe più debole e un’Europa più debole”. L’Italia potrebbe trarne vantaggio? “Un’Europa più debole non vuol dire maggiori possibilità di fare più deficit e più debito. Saremo, anzi, ancor più sottoposti al giudizio dei mercati”. E sull’immigrazione? “Siamo tornati dal vertice Ue solo con un pugno di mosche”.



Che scenari potrebbero aprirsi, professore?

Stiamo assistendo a una doppia crisi. La prima riguarda il partito popolare tedesco nel suo insieme, e per riflesso il Partito popolare europeo (Ppe). La seconda riguarda la Germania.

Che cosa c’è in gioco?

Per la Csu, il partito cristiano-sociale, il problema fondamentale oggi è l’immigrazione. Perché, a differenza delle aree del Nord della Germania, al Sud si tratta di un’immigrazione di basso livello culturale e a bassa qualificazione, un po’ come da noi in Italia. E questo ha creato una sempre più diffusa e avvertita sensazione negativa nell’opinione pubblica. I popolari bavaresi, che sono appunto ricchi e non hanno certo problemi con le industrie, visto che lì sono molto fiorenti, vogliono contare di più politicamente.



E quindi?

Il problema non è di facile soluzione, certo, ma potrebbero volere una sorta di diarchia, un po’ alla Salvini-Di Maio, togliendo potere alla Merkel e alla Cdu, riequilibrando così il potere d’influenza, per poi, insieme, tornare a trattare con la Spd una nuova alleanza, cedendo ovviamente qualcosa in cambio.

Insomma, Seehofer avrebbe comunque ottenuto di indebolire un po’ l’egemonia interna della Merkel. Ma una Merkel più debole cosa può significare per l’Europa?

Una Merkel debole significa, innanzitutto, una Germania più debole. La Merkel in questi anni ha rappresentato la capacità e la continuità di un Paese, non così compatto come si crede, che più che essere leader dell’Europa desidera godersi la propria ricchezza. La Merkel ha incarnato una leadership tedesca, in accordo con i francesi. Ma ora l’asse Merkel-Macron si è incrinato, perché la Merkel si trovava meglio con i gollisti, con cui era per lei più facile trovare intese. Macron le appare un po’ troppo prevaricante e i tedeschi per natura non sono propensi agli eccessivi cambiamenti, alle troppe varianti. Comunque, per tornare a Seehofer, gli screzi tra Cdu e Csu porteranno il governo tedesco a essere ancora più debole di quanto lo sia oggi. E con un’alleanza dei popolari più sfilacciata, anche lo stesso Ppe alle prossime elezioni del 2019 potrebbe perdere la sua egemonia all’interno del Parlamento di Strasburgo.



Con quali conseguenze?

Il sistema europeo centrato sulle sue burocrazie si indebolirà. Il sistema Europa, con l’indebolimento della Merkel, si troverà più esposto al giudizio dei mercati: alla debolezza dei governi farà da contraltare un maggior potere degli organi di politica monetaria. Senza dimenticare che sia Germania e Francia devono fare i conti con la crisi delle proprie banche: Deutsche Bank in testa, ma anche i francesi hanno i loro grattacapi. L’unica fortuna è che, non avendo banche negli Usa, sono riusciti a non finire sotto i riflettori della Fed e dei suoi stress test.

L’indebolimento della Merkel potrebbe avvantaggiare Macron e la Francia?

Non penso proprio. Anzi, l’indebolimento della Germania renderà più fragili i suoi progetti di riforma della Ue a guida franco-tedesca. Macron, alla fine, potrebbe essere l’unico a rimanere con il cerino acceso in mano.

E l’Italia cosa deve aspettarsi?

Tutto questo non vorrà certo dire poter fare più debito e più deficit.

Wolfgang Schäuble ha dichiarato che “la Ue è sull’orlo dell’abisso”. È davvero così?

Se per abisso Schäuble fa riferimento alla propria perdita di autorevolezza, penso proprio che sarà così. Il suo destino è sull’abisso, perché il progetto egemonico della Germania perderà forza. L’Europa è ancora in uno scenario di crescita economica e penso che avremo un cambio dell’euro più basso e più inflazione.

L’immigrazione è il problema più spinoso?

È il più spinoso per una certa eredità del passato. Oggi ci sono troppe ipocrisie e dimenticanze. Germania e Regno Unito, specie negli ultimi 10 anni per ragioni demografiche gravi, hanno adottato politiche di porte aperte agli immigrati, ma solo di qualità, preferendo i mediorientali e i musulmani ai neri, perché laureati o diplomati, e facendone incetta per far funzionare le proprie industrie. Ma questo prosciugamento è avvenuto in modo disordinato. Così, ora, gli immigrati sono un problema, perché per anni si è sottovalutato il tema della sicurezza. Basta guardare al Mediterraneo: di chi è questo mare? Sembra, spesso, che non sia di nessuno. E lo dimostra anche il fatto che la Ue non ha una sua forza di polizia a fini di pattugliamento dei confini marittimi. La Germania è stata ossessivamente attenta a debito e deficit, molto meno su sicurezza e controlli. Invece la Ue dovrebbe dotarsi, come i federali negli Usa, di forze di polizia per controllare i flussi anche di droga e di mafie.

Il Financial Times ha lanciato l’allarme sui populismi: l’Europa in mano ai populisti sarà trasformata in una “Repubblica di Weimar dei nostri tempi”. Davvero Salvini, Orban, Le Pen riusciranno a far saltare il progetto europeo?

È abitudine degli inglesi, e del Financial Times in particolare, lanciare strali contro l’Europa e contro l’euro, perché in questo momento in Gran Bretagna stanno affrontando più di una difficoltà. Ma i populisti tedeschi, italiani, austriaci o polacchi peccano tutt’al più di egoismo e di cinismo, vogliono cioè poter gestire in santa pace il proprio benessere, ma non pensano certo a buttar via i soldi. Se vanno al potere continueranno a volere gli immigrati, purché bravi, laboriosi e istruiti, ma non vorranno certo i loro risparmi eccessivamente tassati. E daranno vita ad alcuni fenomeni di nuovo mercantilismo, per esempio cercando di proteggere i propri Paesi dal dumping sociale dei Paesi in via di sviluppo o facendo valere le proprie prerogative nelle guerre commerciali, magari attraverso la lotta agli oligopoli, ma solo quelli altrui.

L’Italia, all’ultimo vertice Ue sull’immigrazione, ha ottenuto una vittoria? E può essere che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, abbia accettato la filosofia degli interventi su accoglienza e suddivisione dei migranti su “base volontaria” in cambio di maggiori concessioni sulla flessibilità dei conti pubblici?

A Bruxelles non abbiamo ottenuto nulla, la questione dell’intervento su “base volontaria” è solo l’escamotage voluto dalla Merkel per uscire dal guazzabuglio in cui si era venuta a trovare. Anche dire che “chi entra in Italia entra in Europa” può essere solo una frase retorica: senza una polizia europea si rischia, infatti, che il problema resti ancora solo nostro. La “base volontaria” significherà che gli altri faranno il minimo necessario, in misura piccola e finché farà loro comodo. Non penso, poi, che Conte abbia potuto barattare più flessibilità per più immigrazione: ciò farebbe solo infuriare Salvini. Dal vertice Ue siamo tornati con un pugno di mosche.

(Marco Biscella)