Il neo governo M5s-Lega sta lottizzando tutto. Lo dicono opposizioni e giornali e al governo non negano: allora sarà vero. Inoltre i sondaggi di opinione dicono che il governo ha un indice di gradimento che va oltre il 60 per cento.
Ma perché la lottizzazione, che nella scorsa legislatura dominata dal Pd di Matteo Renzi era un’offesa, oggi passa in cavalleria? Probabilmente, prima facie, perché c’era una sfiducia profonda in quel governo e perché le opposizioni erano agguerrite. Oggi l’opposizione appare in fuga e i nuovi evidentemente danno più fiducia.
Infatti Luigi Di Maio, sbarbato e chioma a spazzola, pare l’incrocio tra Masaniello e Mike Bongiorno vestito in Lebole, e ciò rassicura sia benpensanti che rivoluzionari. Il suo collega Roberto Fico pare tenga barba lunga e capelli incolti per nascondere l’animo del bravo guaglione, e questo fa lo stesso trucco. Matteo Salvini, nodo della cravatta slacciato sotto la giacca, sente l’emozione e la paura della gente (i profughi dall’estero, la sicurezza) e parla a queste paure con successo.
Quando i padrini di M5s Beppe Grillo e Davide Casaleggio dicono che la democrazia e il parlamento sono in crisi, ripetono in termini più lineari e comprensibili quello che diceva in sostanza Renzi con il referendum sulle riforme: questa Costituzione non funziona più. Ma allora aveva ragione Renzi, potranno dire i tifosi di quella parte. Sì e no.
Nel 1922, davanti ai timori di una rivoluzione socialista, il re e i poteri forti preferirono affidarsi a Mussolini anziché al vecchio Giolitti per riportare ordine. Gli storici col senno di poi dicono che fu uno sbaglio fatale; ma con il senso di allora Giolitti era fortissimo e avrebbe subito preso tutto il potere, Mussolini era debolissimo e poteva essere controllato. Infatti ci mise tre anni ed il delitto Matteotti per arrivare alla dittatura.
Quindi, al di là dei singoli personaggi, sul tavolo ci sono questioni vere. Gli italiani vogliono una rivoluzione ma con calma, in doppiopetto; vogliono maggiori decisioni dall’esecutivo ma con facce nuove; e hanno paure che altri trascurano e non affrontano. Se non ci fossero Di Maio, Fico o Salvini ce ne sarebbero altri, perché i problemi del paese vanno al di là delle loro persone.
Certo, questo stato di grazia non può durare in eterno. A breve c’è la finanziaria. Qui i 5 Stelle sono più a rischio. Hanno fatto promesse costose come il reddito di cittadinanza; se non le mantengono potrebbero rivoltarsi i loro elettori, se le mantengono si rivoltano Ue e mercati.
Il governo allora deve fare opera di equilibrismo per non cadere da una parte o dall’altra. Ma in caso di errore, M5s perde comunque e la Lega vince comunque. Gli elettori della Lega, veri o aspiranti imprenditori da villetta a schiera, sono ostili alle prebende a disoccupati o sotto-occupati e sognano una svalutazione che metta il turbo alle loro già floride esportazioni. Qui redditi di cittadinanza e mercati sono entrambi nemici, i cui assalti li rafforzerebbero. È il contrario per M5s, che senza distribuzioni di prebende e con mercati in subbuglio rischia di perdere l’elettorato. Ciò significa che Grillo e Casaleggio devono pensare bene e a fondo su cosa fare per non restare schiacciati.
Ciò non significa che il Pd raccoglierebbe qualcosa. È possibile invece che Lega e M5s si dividano in due il nuovo parlamento, eliminando tutti gli altri. Il Pd infatti nelle sue parti più forti pare lavorare di fatto per il governo giallo-verde.
Serie tv come Gomorra o Suburra mostrano le due maggiori metropoli italiane come posti dove lo Stato ha smesso di esistere. Non solo non ci sono poliziotti, giudici, non ci sono le tasse ma il pizzo, non ci sono le banche se non per riciclare soldi sporchi, non ci sono partiti se non per spartirsi appalti truccati. Lo Stato cioè è un formaggio marcio ed è pieno di vermi. Di fronte a questa rappresentazione gli spettatori non possono che rifugiarsi nella Lega, sperando nella propria legittima difesa, o in scugnizzi ripuliti che tengano a freno quelli più fetenti.
Lo scrittore Roberto Saviano, oggi paladino dell’opposizione sui giornali, nelle sue opere letterarie semplicemente ignora lo Stato, lo dà per distrutto, e quindi avvallando la distruzione dello Stato nei fatti porta voti a Lega e M5s, non al Pd che è la faccia compunta dello Stato. Così, quando Saviano accusa il governo, sembra mentire: o mente quando fa articoli di opinione, o mente quando fa sceneggiature per serial alla moda.
Non è solo tv o letteratura. Ci sono per esempio le storie della trattativa Stato-mafia che continuano ad affiorare e sprofondare, ma rimangono una specie di fiume carsico solforoso che avvelena ogni terreno che tocca. O quel che si dice in questo caso è vero, allora si facciano gli arresti e si chiuda, o non è vero, e allora non se ne parli più. Ma l’andare e venire della vicenda sembra uno strip-tease dello Stato permeato e totalmente corrotto dalla mafia.
Queste storie sono animate dal Pd o da suoi pezzi, come l’ex presidente del Senato Pietro Grasso, ma non portano consensi a Grasso, lui come altri considerati pezzi del vecchio apparato: li portano ai nuovi, o presunti tali, giallo-verdi.
Questa distruzione sistematica della credibilità dello Stato è andata avanti già da almeno una decina d’anni. Pd e FI sono stati evidentemente incapaci di affrontarla quindi, semplicemente, ora tocca ad altri. Se per distruggere c’è voluto tanto tempo, per ricostruire ce ne vorrà di più, e un’eventuale crisi finanziaria per un piano B o C del governo non riporterà probabilmente il Pd o il FI in auge, finirà per seppellirli. Forse Pd e FI dovrebbero cominciare a ripensarsi da questo.