Da una parte una lotta politica dai toni ora feroci ora irridenti, con ciò che resta della sinistra all’attacco di Salvini e del Governo, e toni dalla proporzionalità inversa alle forze in campo che vedono invece oggi l’opposizione piddina ridotta a numeri da totocalcio. Dall’altra un dramma umanitario senza fine, la migrazione perenne dal Sud del mondo verso il Nord, che però non si cura di certo spalancando le frontiere al business dei trafficanti di schiavi, come aveva benissimo capito anche l’ex ministro Marco Minniti, per questo tacciato di fascismo.



Ieri, dopo giorni di stillicidio polemico sulla supposta ondata di neo-razzismo che starebbe sommergendo il Paese, l’apoteosi. Per la prima volta una nave italiana ha riportato in Libia migranti soccorsi nel Mediterraneo. La Asso 28, nave di supporto a una piattaforma petrolifera, è stata coinvolta nelle operazioni di soccorso di un gommone con 108 persone a bordo. Soccorso perfettamente riuscito, senza né una vittima, né un ferito. 



Come avviene ormai da settimane, e come aveva auspicato e promosso il governo Gentiloni, la sala operativa di Roma ha dato indicazioni alla nave di coordinarsi con la Guardia costiera libica e, prese a bordo le persone, la Asso 28 ha seguito queste indicazioni e ha sbarcato i migranti nel porto di Tripoli. 

Tutto è bene quel che finisce bene, verrebbe da dire, e verrebbe di chiuderla qui. Macché. La polemica sollevata da sinistra è stata unanime. E vista da destra, surreale. Difficile parlarne sceverando il tema dalle opposte ideologie, o almeno opinioni. Ma bisogna provarci, nel tentativo di ricordarsi sempre dei termini essenziali della questione al di là degli schieramenti. 



Dunque, l’interpretazione espressa da più parti e con particolare vigore da Nicola Fratoianni di Liberi e Uguali, richiama in effetti un recente criterio dettato dal Consiglio d’Europa secondo cui “nessuna nave europea può riportare migranti in Libia perché contrario ai nostri principi”. Tanto più che i porti libici non sono considerati “sicuri”. 

Ma se non sono sicuri, come considerare sicura e corretta la soluzione perseguita dal governo Gentiloni con Minniti di non far proprio imbarcare i migranti in Libia e farli restare sul suolo libico? Non è la stessa, stessissima cosa? In effetti, la legislazione internazionale che garantisce il diritto d’asilo non riconosce la Libia tra quei porti sicuri in cui, secondo la convenzione di Ginevra, devono essere sbarcati i migranti soccorsi. Ma se questo assunto fosse realmente da seguire, oltre a smentire radicalmente la linea “contenitiva” di Minniti, a oggi ripresa coerentemente da Salvini, asserirebbe l’impossibilità di arginare il fenomeno. Impedendo i respingimenti collettivi e subordinando i rimpatri alla verifica delle condizioni di diritto soggettivo di ciascuno, infatti, la normativa – interpretata correttamente – costringerebbe tutti i Paesi di primo approdo a tenersi i migranti sbarcati, identificarli, sottoporli a screening per distinguere i richiedenti asilo con buon diritto dai semplici migranti economici, e rimandare indietro solo questi ultimi, ma non in Libia perché “non è un porto sicuro”…

Qualcosa non quadra. Una cosa è l’accoglienza, che impone i salvataggi in mare e l’ospitalità, ma in misure e con modalità che tengano conto della crucialità del fattore lavoro per la sostenibilità dell’espatrio di ogni singolo migrante. Un’altra è l’integrazione, che costituisce il punto d’arrivo di un processo lungo e complesso, tanto più gestibile quanto più al riparo dai riflettori mediatici. Integrare significa innanzitutto trovare un lavoro per tutti, non un lavoretto: e quest’obiettivo appare lontano, perché la media della disoccupazione nazionale è ancora alta. Ma integrare significa anche, e ad esempio, istruire, insegnare la lingua del luogo. E dunque spendere, spendere molto denaro pubblico, in attesa che l’ondata migratoria si calmi, anziché rinfocolarsi.

L’accoglienza non è in discussione. L’integrazione, nelle sue modalità operative, sì. È evidente che sciogliere le briglie ad alcune istanze non è prudente, e questo sta forse accadendo a valere su pochi personaggi di provata fede che il sabato e la domenica incontrano volentieri i responsabili… E il “cattivismo” di Salvini potrebbe spingere qualcuno di intelligenza più fragile a un’inammissibile atteggiamento persecutorio contro gli immigrati…

Ma è pur vero che vent’anni di sgangherato regime inclusivo “senza se e senza ma” hanno avuto come unico effetto quello di far diventare anticipatici o, peggio, “sospetti” immigrati in larga parte seri e perbene, desiderosi solo di lavorare un po’ di più.