Se uno dice una cosa buona, bisogna riconoscerlo: bravo. Se ne dice due e più: bravissimo. Questo vale in generale. Di qualunque cultura, religione, etnia sia. Persino se è un leghista, appena fatto segno da un perentorio “Vade retro Satana” da Famiglia cristiana. Non invento io questo criterio ecumenico. Mi sembra sia un antico insegnamento di San Paolo: vagliate tutto e trattenete il valore. E qui ce n’è.
Mi sto riferendo a una serie di affermazioni di Matteo Salvini, consegnate ieri a un quotidiano online cattolico.
1) “Mi è stato segnalato che sul sito del ministero dell’Interno, sui moduli per la carta d’identità elettronica c’erano ‘genitore 1’ e ‘genitore 2’. Ho fatto subito modificare il sito ripristinando la definizione ‘madre’ e ‘padre’. È un piccolo segnale ma farò tutto quello che è possibile e che è previsto dalla Costituzione. Difenderemo la famiglia naturale fondata sull’unione tra un uomo e una donna”.
2) “L’obiettivo che mi pongo da qui fino a fine governo è introdurre il concetto di quoziente familiare, in modo da premiare la natalità e la scommessa sul futuro”.
Ha sostenuto anche di essere per il diritto alla vita sempre, per la libertà di educazione. Ma queste parole le tralasciamo. Bastano le affermazioni di cui sopra.
Per un politico e ministro, per di più vicepremier, il bravo e il bravissimo hanno però una clausola di salvaguardia, dopo di che sarebbero declassate a pie intenzioni o a propaganda. La volontà politica reale di realizzarle. E la capacità di farlo. Qui vale il concetto di onestà del politico in senso crociano: onesto è chi riesce a realizzare i suoi ideali. Onestà non è essere moralmente a posto con il non rubare. Onestà è essere capace di far star meglio la gente.
Intanto però Matteo Salvini ha pronunciato concetti che appartengono totalmente a quella strana e dimenticata componente della convivenza umana che si chiama ragione. Che ci sia un padre e una madre è un dato di realtà. Le parole biblicamente fanno essere le cose. Quelle dello Stato pesano enormemente. Certo: si può essere padri e madri, e comunicare questa verità ai figli e agli altri anche controvento, persino in contrasto con le leggi. Accettando la persecuzione. Però Tertulliano che la cercava divenne eretico, pur essendo un grande. Non bisogna caricare i poveri e i deboli di pesi insopportabili, se si possono evitare, non tutti sono formidabili asceti.
Conosco persone che vivono in sé una tentazione: quella di ridurre la fede a una religione civile. Perciò a una morale. Per cui la testimonianza si esaurirebbe nel far sì che leggi e strutture siano prossime o addirittura coincidenti con la concezione cristiana dell’uomo. Famiglia, diritto alla vita, primato dei poveri e dei migranti, eccetera. Oggi in realtà spesso vediamo combattersi tra loro due o tre moralismi diversi. Nel supermarket dei valori e dei principi ciascuno riempie il carrello dei preferiti. Ma anche sceglierli tutti è insufficiente. Il giovane ricco, per dirla in un linguaggio contemporaneo, non uccideva, non rubava, onorava il padre e la madre, non praticava adulterio: tutti e dieci. Non bastava. Manca una sola cosa: accettare che la forza che muove la storia e dà la felicità (per parafrasare male il titolo del prossimo Meeting) sia un Altro, che riempie la mia vita, e mi fa essere soggetto nuovo. Non sono regole, leggi, dottrine, neppure una politica perfetta dove non sia necessario essere buoni. Il Salvatore – come ha detto di recente il Papa – c’è, e non siamo noi.
Conosco altri che ritengono che vanno bene tutte le leggi, anzi forse è meglio se sono cattive, così emerge di più la dimensione personale e comunitaria della misericordia. Per cui occuparsi dei cosiddetti nuovi diritti, entrare nella dinamica delle leggi, distoglierebbe dalla purezza del messaggio. Non funziona così la carnalità del cristianesimo. Mi colpisce quanto al riguardo insegna il cardinale Scola: “Se io per esempio sono convinto che la famiglia sia l’unione stabile, fedele e aperta alla vita di un uomo e di una donna, e non immetto questa mia convinzione – anzitutto con la testimonianza – nell’agone pubblico, tolgo qualcosa alla società. Il bene comune non lo si raggiunge per sottrazione, ma solo con il paziente, instancabile apporto di tutti e di ciascuno”. Un po’ di volgare carnalità, fa bene. E’ stato Romano Guardini a sostenere che il cattolicesimo è la religione più materialista che esiste. Qualche volta misericordia significa litigare, ha detto una volta Francesco.
Dunque applausi al quoziente familiare! Nel mio piccolo, quando sono stato deputato, proposi un circostanziato ordine del giorno nella legge di bilancio (la più importante di tutte) dove proposi un sistema di tassazione trasferendo in linguaggio normativo una bellissima intervista uscita proprio su ilsussidiario.net del professor Luigi Campiglio. Il Corriere della Sera lo riconobbe. Un articolo di Roberto Bagnoli raccontò quel che accadde alla Camera venerdì 16 dicembre 2011, a governo Monti appena insediato. È passata la manovra, e questo lo sanno tutti. Ma sono state accettate dal governo Monti un paio di altre cose. Citazione: “Passa (tra gli ordini del giorno) quello del Pdl per introdurre il quoziente familiare in ogni forma di tassazione diretta sul modello francese”. Monti apprezzò, approvò. Non se ne fece un bel nulla.
Se Salvini vuole può attingerlo dagli atti della Camera, se no glielo spedisco.
Intanto una osservazione, che mi permetto di rivolgere a Salvini, gliel’ho già fatta. La sua durezza di linguaggio nei confronti dei disgraziati migranti non corrisponde a vista (la coscienza non si giudica, non la conosciamo, guai a chi lo fa, anche se è vescovo) con quell’amore che si sperimenta in famiglia e che la nostra tradizione cristiana ci invita ad allargare a tutti. Difendere le nostre famiglie, essere contro l’interruzione volontaria della gravidanza, ha in sé una logica che impone di guardare e trattare con rispetto anche chi non ha chiesto il permesso di venire tra noi, e magari abbiamo il dovere di respingere, per evitare il classico pull-effect, l’effetto spinta, che genera tanti nuovi dolori e tanta morte.
Intanto però: viva i moduli con su scritto padre e madre; e viva le tasse che aiutino le famiglie ad accogliere nuovi bambini e a tirarli grandi senza maledire lo Stato.