Chiunque percorra o abbia percorso la rete autostradale intorno a Genova si sarà reso conto come essa sia del tutto inadeguata. Costruita negli anni 60, su progetti che risalgono addirittura ai decenni precedenti (il tratto appenninico delle corsia sud della A7 Genova-Milano risale al Ventennio) è prevalentemente costituita da gallerie e viadotti a due corsie, senza quella di emergenza, con moltissime curve a stretto e addirittura strettissimo raggio. Fa eccezione la A26 che da Voltri, nel ponente genovese porta in Piemonte, con criteri costruttivi molto più moderni.
Nei mesi scorsi è giunto a conclusione l’iter attuativo della Gronda di Ponente, una bretella autostradale (in giallo nella mappa più in basso) dal costo di 136 milioni di euro, che da Genova Ovest, incrociando la A12 che proviene dal Livorno-La Spezia, oltrepassa a Nord Bolzaneto e ruotando verso ponente bypassa a monte l’area del Polcevera e del ponte Morandi, crollato ieri, per poi incrociare la A26 e riconnettersi alla A10 per Ventimiglia a Vesima, località fuori della zona metropolitana. Un’opera necessaria e del tutto moderna, che permetterà di mettere in sicurezza buona parte della viabilità del capoluogo ligure.
La tragedia del crollo del ponte Morandi rilancia dunque e in modo molto netto la costruzione della Gronda genovese. Tuttavia non tutti ne sostengono la realizzazione. Il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che ieri in modo roboante ha già minacciato la costituzione di parte civile del proprio ministero, contro eventuali responsabili del disastro, si è sempre dichiarato contrario all’opera, che però, se realizzata in tempo avrebbe ridotto l’usura del ponte sul Polcevera.
Lo stesso ministro è uno dei maggiori fautori dentro M5s della linea contraria alle grandi opere sostenendo che bisogna invece migliorare e manutenere l’esistente. Ma nelle autostrade genovesi la logica del rattoppo non funziona in quanto tutta la rete è quasi completamente da rifare con criteri costruttivi più moderni. E lo sanno bene anche i cittadini dell’area metropolitana che da sempre hanno visto con favore la realizzazione dell’opera. Infatti, il 76% dei genovesi si è espressa a favore della Gronda sin dal 2012, perché sulla loro pelle conoscono i rischi di percorrere quotidianamente delle autostrade obsolete.
A Genova dunque le idee si scontrano con la realtà e gli oculati figli della Superba sono consapevoli che solo nuove e moderne opere permetteranno di mettere in sicurezza il trasporto delle persone e delle merci. Sotto la Lanterna cosa penseranno delle dichiarazioni di Di Maio del gennaio 2018, riprese da repubblica.it, quando il vicepremier affermava che M5s definanzierà anche la Gronda autostradale di Ponente? “Bisogna soprattutto investire sulla mobilità sostenibile – sottolineava Di Maio -, utilizziamo i soldi della Gronda per potenziare il trasporto pubblico, per potenziare la mobilità condivisa, soprattutto quella elettrica, per permettere il trasporto dei passeggeri su ferro”.
Bisogna anche ricordare che le responsabilità nel ritardo decennale nella realizzazione della Gronda sono bipartisan. Anche la Sinistra, che ha governato Genova sino allo scorso anno, era profondamente divisa e alcuni esponenti della stessa lista Doria dell’ex sindaco si erano opposti, mentre altri, votando per disciplina di partito, si erano dichiarati comunque contrari (Primocanale 15 gennaio 2015). Inoltre, anche i Verdi hanno fortemente contrasto la nuova autostrada e secondo Angelo Spanò, coordinatore cittadino, il “rapporto costi benefici è tutto da verificare”. Per cui i tempi sono diventati giurassici.
Ora la tragedia del crollo riporta tutti alla realtà e forse l’ammodernamento della rete autostradale di una città che ha il principale porto italiano può diventare attuale e permettere di superare gli scogli dell’ideologia.