In questi giorni di tristezza per la tragedia di Genova, il tradizionale saluto del Presidente della Repubblica al Meeting per l’amicizia fra i popoli di Rimini assume un tono particolare. Perché a Rimini continua a esserci qualcosa che da alcuni anni sembra davvero essere venuto meno alla società italiana: un sentimento di confronto e di riflessione su se stessa e con se stessa – quel che ci viene dal suo passato e quel che ci prospetta il suo futuro nelle urgenze del presente – che, pur nella diversità anche profonda di giudizi e di valutazioni su ciò che è necessario fare nel paese e per il paese, resti fermo a un sentimento di coesione nazionale, di cui abbiamo più che mai bisogno nelle stringenti necessità di una crisi sociale, economica e di valori che coinvolge tutta l’Europa.
E però senza derive, chiusure identitarie e nazionali costruite più che sull’amicizia con la propria storia, sull’inimicizia più o meno suggerita con gli “altri”, a fare da capro espiatorio di difficoltà e irrisolutezze ad affrontare i nostri problemi, che sono in buona parte tutte domestiche. Proporre oggi una nuova stagione di contrapposizioni identitarie nazionali sarebbe oltretutto un falso storico-politico: in un mondo sempre più integrato, soprattutto per l’Europa, di cui facciamo parte, non ci porterebbe da nessuna parte. Su questo avremmo bisogno di un po’ di verità in più, diciamola così, più che di raccattare qualche voto in più.
Il dialogo, il desiderio di incontrare l’altro e di costruire insieme – nelle differenze – che il presidente Mattarella ricorda come ispirazione fondativa del Meeting è l’humus non solo di una società democratica e di una comunità solidale, ma della nostra stessa possibilità di dare davvero il futuro dovuto ai nostri figli. Le barriere del pregiudizio e della contrapposizione non allontano da noi nessun pericolo, né economico, né sociale, né valoriale, ma ci chiudono piuttosto nel pericolo: quello di non essere capaci di rendere davvero umano il mondo, e con il mondo il tessuto delle nostre relazioni vissute e il nostro paese.
È la gabbia in cui rischiamo di restare chiusi, “che riduce le nostre ambizioni e la fiducia nel domani e scoraggia i progetti per migliorare il mondo in cui viviamo”, come ci ricorda Mattarella. Ed è bello francamente risentire nel suo messaggio al Meeting un invito uscito da un po’ dal discorso pubblico e politico, l’invito a non lasciare indietro nessuno, a far sì che nessuno si senta escluso. È poco meno che ovvio – se solo ci si riflette un po’ su – che non è un impegno a prendersi né di destra né di sinistra, ma un impegno semplicemente umano, che dovrebbe essere di tutti noi.